Cosa c’è di nuovo nella pornografia della violenza del rap italiano?
Agguati, aggressioni, rapimenti e spari a salve: si potrebbe affermare che la musica rap in Italia e la violenza perpetrata da alcuni dei suoi protagonisti potrebbero nascere e legarsi indissolubilmente. E invece no, perché non c'è niente nelle aggressioni di Simba La Rue e Baby Gang che nasca o si trasferisca dai personaggi musicali che rappresentano, se non un racconto violento e difficile, che forse mai come prima si era visto nel rap italiano. L'arresto di Baby Gang e Simba La Rue per i fatti avvenuti tra il 2 e il 3 luglio in via di Tocqueville, davanti a una delle discoteche della movida milanese e a pochi passi da corso Como, è solo l'ultimo degli eventi che hanno caratterizzato l'anno del rap italiano. L'aspetto violento di Simba La Rue era già risaltato alle cronache nazionali per un rapimento, trasmesso via social, del giovane rapper Baby Touché, che aveva anche scandalizzato la bolla d'opinione degli artisti rap, per il modo in cui erano apparse vivide determinate immagini.
Perché questa brusca accelerazione? Perché la new age del rap italiano si è infilata in una narrazione auto-penalizzante, che incastra a livello giuridico molti dei protagonisti della scena, che giocano sul filo del rasoio, in equilibrio tra il racconto della vita violenta e la fuga da eventuali esposti giudiziari? Non c'è una precisa motivazione, ma lo sguardo europeo e statunitense che il rap italiano ha trasportato nella propria visione, soprattutto negli ultimi anni con l'esplosione del genere drill, potrebbe inquadrarne il contesto. L'aumento della violenza negli Stati Uniti e nel Regno Unito, legato al mondo della musica rap, con i suoi codici e le sue fazioni, è stato trasportato e automaticamente adottato non solo da alcuni player della scena, ma soprattutto dal pubblico.
Solo negli ultimi due anni sono morti quasi 20 rapper negli Stati Uniti: tra i più famosi non possono mancare Pop Smoke, King Von, Young Dolph e il più recente PnB Rock. La maggior parte di questi artisti sono stati uccisi con colpi d'arma da fuoco in strada o come nel caso di Pop Smoke e Trouble, in un tentativo di rapina nel loro domicilio. Ma se allarghiamo il campo a quanti sono rimasti feriti in sparatorie, legati a rivalità tra bande, il numero potrebbe salire sopra le migliaia: uno spettacolo a cielo aperto che ha segnato anche nella cultura popolare la rivalità tra Crips e Blood, esportati in Italia attraverso i colori tipici, ovvero il blu e il rosso. La violenza tra i protagonisti musicali del genere rap negli Stati Uniti ha portato addirittura i più grandi a darsi delle regole, quasi urlate sui social da Nicky Minaj nel giorno dell’omicidio di Pnb Rock: "Non mostrate mai sui social, voi o chi avete affianco, i luoghi in cui state in quel momento". Una preghiera che fotografa il momento di disperazione per la scena USA, diventato bersaglio di questa violenza.
In Italia la derivazione “maranza” nel rap italiano ha prima convinto alcuni rapper a veleggiare su questa rivalità, con riferimenti e colori nei video, Rondodasosa e Shiva su tutti, per poi venire risucchiata in un vortice di violenza, che ha colpito anche l'aspetto "esibizione live" degli artisti. Un processo che ricorda anche quello avvenuto negli anni scorsi con la drill Uk, una dimensione europea che ha influenzato nel suono gli Stati Uniti ma anche il panorama italiano. Più volte soprattutto tra il 2016 e il 2018, la violenza ha circolato tra le strade della capitale del Regno Unito: basti ricordare la morte di Sidique Kamara, conosciuto come Incognito della gang Moscow 17, da anni in una diretta rivalità con Zone 2 di Peckham, al sud di Londra. Il suo omicidio venne raccontato nel brano "No censor" proprio del gruppo rivale. Ma non finisce qui: nel 2015 c'era stato l'omicidio di Jermaine Goupall. Il 15enne è stato accoltellato dal rapper M-Trap, insieme a tre elementi della sua crew, con l'attacco preannunciato nel singolo uscito su YouTube solo qualche giorno prima. O come la morte della stella del genere Unkown T.
In classifica, nel frattempo, artisti come Tion Wayne, ma non solo, riescono a raggiungere la vetta anche attraverso questo tipo di narrazione, un legame con la scena italiana, che più volte ha visto eccellere nei numeri artisti che raccontavano una violenza perpetrata ai danni degli altri. Rispetto al passato, la violenza è uscita dalla musica e si è distesa nelle strade, un tentativo di certificazione di ciò che viene raccontato nei brani. Un processo che ha continuato a legare l'aspetto criminale dell'artista alla sua musica, un cortocircuito che sta rallentando anche troppo l'integrazione del genere urban nei media mainstream e nell'educazione musicale in generale. E se un processo deve sicuramente nascere per condannare gli attacchi violenti degli artisti, non si dovrebbe entrare nella dicotomia persona/personaggio musicale, prendendo i brani dei cantanti come riferimento nelle aule giudiziarie: un po' come accade nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Solo qualche mese fa, due stelle come Future e Gunna, sono stati arrestati e messi a giudizio per affiliazione a una gang, la YSL, anche per alcuni riferimenti nelle loro canzoni.