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Come Dante Alighieri ha colpito Arto Lindsay: “Rimasi sconvolto dalla lettura di Carmelo Bene”

Arto Lindsay, musicista e figura fondamentale della No Wave, è in Italia, ospite della Milanesiana, per rileggere la Lectura Dantis di Carmelo Bene, ovvero l’evento che nel 1981 vide l’artista italiano leggere la Commedia dall’alto della Torre degli Asinelli per commemorare la strage di Bologna.
A cura di Francesco Raiola
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Arto Lindsay è uno dei personaggi cardine della musica contemporanea. E non stiamo esagerando. Il musicista americano, cresciuto tra Usa e Brasile (dove ha vissuto l'adolescenza e dove vive oggi) ha attraversato in maniera trasversale il mondo della musica e dell'arte contemporanea, figura cardine della No Wave, ha suonato con i DNA e con i Lounge Lizards, ha fondato gli Ambitious Lovers, ha prodotto artisti come Caetano Veloso, collaborando con Ryuichi Sakamoto, Laurie Anderson, Animal Collective, tra gli altri e negli anni 90 ha lavorato alla riscoperta della Bossanova, collaborando anche con Brian Eno, senza contare i lavori solisti, e le sue diramazioni in altre forme artistiche.

In questi giorni Lindsay è in Italia per rileggere la Lectura Dantis di Carmelo Bene, ovvero l'evento che nel 1981 vide l'artista italiano leggere la Commedia dall'alto della Torre degli Asinelli per commemorare la strage di Bologna. In tour in Italia, Arto Lindsay vi si ritrovò per caso e ne rimase colpito, al punto che quando gli è stato chiesto di pensare a uno spettacolo per l'anniversario dei 700 anni del Poeta è lì che la sua mente è tornata. Assieme ai droni sonori di Melvin Gibbs, il millenario canto carnatico di Roopa Mahadevan, la voce di Rachele Andrioli, e il violoncello di Redi Hasa, Lindsay ha messo su una rappresentazione in cui la loro musica si mescola alla voce di Bene. Arto Lindsay e la sua Lectura Dantis saranno tra i protagonisti, il prossimo 27 giugno, al Castello Sforzesco di Milano, della Milanesiana, il festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi.

Signor Lindsay, da dove proviene il suo amore per Dante?

Vorrei chiarire innanzitutto che io non posso dirmi un esperto, né un aficionado di Dante. La mia esperienza con lui è la stessa di quella di tante persone che ne fanno esperienza come parte della propria Cultura. Tuti conoscono Dante, hanno un'idea generale della Divina Commedia, in particolare dell'Inferno, tutti hanno visto le stesse illustrazioni, anche perché fu ispirazione per scrittori come T.S. Eliot – la sua "Terra desolata" ha molti riferimenti – o James Joyce, ma la mia conoscenza è più di seconda mano.

Come scoprì la Lectura Dantis di Carmelo Bene?

Ero a Bologna per caso quando Carmelo Bene lesse Dante in commemorazione della bomba nella stazione di Bologna. Ricordo che quando parlammo di fare una proposta per un festival italiano, per l'anniversario, ci è stato chiesto di pensare a una cosa bella, allora mi venne in mente quella lettura – quanto è stata dolorosa! -, poi ho scoperto che c'erano delle registrazioni e che potevamo avere i diritti per il concerto.

Resta il fatto che è curioso come un autore a volte difficile anche per noi abbia un fascino così grande all'estero: mi racconta in che modo ha creato questa Lectura Dantis?

Abbiamo reagito musicalmente a questo reading, a volte facciamo  della musica per supportare Carmelo Bene, a volte semplicemente lo ascoltiamo parlare e poi suoniamo, in un certo senso investighiamo le nostre stesse voci perché lui era molto interessato alle voci. Pian piano ho preso sempre più confidenza con Carmelo Bene e mi sono interessato sempre più in lui e voglio conoscere sempre di più. Ho visto i suoi film, ne ho visti molti frammenti durante le prove ed è così selvaggio e ce ne sono un paio su Youtube che ho visto, tipo Salomè era molto del suo tempo, uno stile anni 60, con tutte le donne nude, gli uomini che non lo sono mai, tutto quel tipico atteggiamento di gioia dei 60 che è un po' terribile, ma penso che sia diverso ora. Ad ogni modo Carmelo Bene è veramente interessante, oggi c'è questo drammaturgo Cristoph Schlingensief che ha qualcosa in comune con lui e poi c'era Glauber Rocha, un regista brasiliano degli anni 60, e tutti loro sono caratterizzati un po' da questo stile isterico, con le persone che corrono urlando, spogliandosi, spingendosi l'uno con l'altro. Noi non faremo questo, ma è ciò a cui pensavamo quando abbiamo pensato a questa rappresentazione.

Per Carmelo Bene Dante fu la risposta a un attentato come quello di Bologna, ho letto che per lei aveva a che fare con l'anno pandemico…

Non era veramente mia intenzione, penso veramente che Dante sia importante sempre.

Ah ok, ma non volevo portarla per forza sul tema, era una cosa che avevo letto…

Se c'è una cosa di cui Dante non ha parlato è quanto velocemente dimentichiamo questi periodi terribili della storia: non è stato fino al Covid che tutti improvvisamente hanno iniziato a parlare dell'influenza spagnola che ha ucciso tante persone se non molte di più, ci dimentichiamo così facilmente. Forse c'è qualche correlazione tra memoria e geografia, cioè non so, sto solo ipotizzando.

In che senso?

In Italia c'è una tale cura degli edifici storici, la storia è culturalmente importante ma è anche un grande business, mentre in Brasile a stento ricordiamo quello che è successo la scorsa settimana, e proprio perché ci giudichiamo guardando all'Europa che è percepita proprio come una situazione tragica: il museo d'arte moderna è bruciato, il deposito con i migliori artisti contemporanei brasiliani è bruciato, il museo antropologico che aveva anche la più grande collezione di farfalle e insetti del mondo è bruciato, ed è folle. Quindi non so perché siamo finiti a parlare di questo argomento della memoria ma in qualche modo collegati a Dante.

In un’intervista recente al Foglio Mario Martone ha detto che una delle cose belle degli anni 70 è che “Tutte le realtà artistiche di quasi tutto il mondo dialogavano tra loro, collaboravano. Quando andavi a New York vedevi Laurie Anderson, Arto Lindsay, Peter Gordon, danzatori, attori: lavoravano tutti insieme”. È un senso di comunità che ricorda anche lei? Lo ha ritrovato anche in futuro?

Trovo che ci sia un grande senso di comunità oggi, voglio dire che è un momento differente, a quei tempi il mondo dell'arte o il campo della musica sperimentale erano molto più piccoli e ovviamente conoscevi gente, e anche i media di quel periodo erano nuovi, queste cose erano nuove e tutti erano attratti dalla stessa tecnologia, usavano questa tecnologia come strumenti musicali e le persone stavano imparando l'una dall'altra e, sì, che era una comunità particolare, ma penso che ora ci siano altre comunità.

Lei è considerato, giustamente, uno sperimentatore, un innovatore. Cosa significa sperimentare oggi?

Beh, dovresti chiederlo alle persone che stanno appena iniziando. Voglio dire, una cosa che sta accadendo in questo momento è l'artista dei media e i musicisti sono davvero interessati a ciò che viene dalla scienza, non sto parlando di inserire la teoria quantistica nei loro testi ma chiedersi come potrebbero fare musica, per esempio, che suona in modo diverso, in una situazione diversa. Penso che la scienza ispiri un fascino particolare, c'è qualcosa che sta accadendo, non solo seguendo qualcosa, ma la scienza sta istigando alcune ricerche, qualche idea.

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