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Chi è Icy Subzero: “Faccio musica perché ho sofferto, cerco ancora il mio posto nel mondo”

Icy Subzero, nome d’arte di Matteo D’Alessio, è uno dei protagonisti della nuova generazione del rap italiano, rientrato anche nel programma Radar di Spotify: qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Icy Subzero, nome d'arte di Mattia D'Alessio
Icy Subzero, nome d'arte di Mattia D'Alessio

Da poche ore è stato pubblicato il video del nuovo singolo di Icy Subzero Vida Loca, in collaborazione con l'autore bolognese Medy. Il 2023 ha rappresentato per Matteo D'Alessio, il vero nome del rapper romano, un punto di svolta in una carriera che in pochi anni gli ha permesso di raccogliere oltre 150 milioni di streaming su Spotify. In un contesto narrativo che si sposa più al mondo latin di Bad Bunny che alla scena francese e inglese che ha influenzato il mondo urban italiano negli ultimi anni, Icy Subzero ha conquistato anche i riflettori di Spotify con l'iniziativa Radar. Ma adesso, in un processo sempre più veloce come l'industria discografica odierna, la direzione è quella di un progetto ufficiale in cui racchiudere aspetti personali ancora inesplorati. Qui l'intervista a Icy Subzero.

Da poche ore è stato pubblicato il video di Vida Loca, la tua scommessa estiva con Medy, che riprende anche Toca Toca dei Fly Project. Come nasce?

Nasce la scorsa estate ed inizialmente era un provino in cui avevo fatto prima strofa e ritornello. Avevo pensato che sarebbe potuto diventare un mio singolo, ma poi abbiamo deciso di inserire Medy. Si è creata una bella sintonia, anche con i nostri team, e due giorni dopo avergli inviato la produzione, la strofa era fatta. Poi ci siamo visti da vicino, siamo usciti assieme e siamo andati anche in studio, dove abbiamo ritoccato tutto con alcuni special.

Continua il filone latin trap, non proprio la tazza di tè preferita della nuova generazione di rapper italiani.

A me piacciono cose diverse: adesso sta andando forte la roba francese e inglese, con un immaginario street al 100%. Io mi trovo su una corrente latina, con altri suoni e altri immaginari.

Preferisci aggiungere qualche tocco di colore?

È inevitabile, basta guardare anche i riferimenti nel video di Vida Loca a quel tipo di immaginario. Però, in realtà, quando ascolto questo genere, preferisco i brani melodici introspettivi, anche se può non sembrare dai singoli che ho fatto uscire.

Il prossimo passo qual è?

Non vedo l'ora di fare un progetto mio, con alcuni canzoni introspettive, che parlino di me. Dopo tanti singoli ho bisogno di ritrovare un filo comune, perché non ho ancora trovato la mia cornice.

Da dove nasce l'esigenza di fare musica?

Sono sicuro che sia legata una sofferenza personale nata quando ero piccolo. Non riesco ancora a parlarne, in questo momento, se devo raccontare il passato che mi ha fatto soffrire preferisco farlo attraverso le immagini. Mi sono anche accorto che io, come tutto il mio staff, siamo persone alla ricerca del proprio posto. Non abbiamo ancora trovato una collocazione e forse è anche questo che mi spinge a fare musica.

Potrebbe essere un punto di forza la versatilità?

Io posso stare sul marciapiede della peggior strada come nel miglior salotto borghese: è sicuramente un punto di forza, ma è qualcosa che devo imparare a gestire. Anche perché per adesso i numeri parlano, ma sono piccoli rispetto a ciò che posso fare.

Hai comunque riflettori, social e non, puntati addosso ormai da qualche anno.

Mi accorgo che c'è tanta gente che odia, ma non credo lo facciano perché hanno qualcosa contro di me. Sono ancora all'inizio e forse devo far scoprire a loro ancora lati diversi della mia versatilità musicale. Voglio avere influenza sul pubblico, anche perché ho investito tanto della mia vita personale nella musica.

In che senso?

Ho sempre faticato a trovare il mio posto, ho fatto tante cose sbagliate e sono caduto tante volte a causa di stereotipi che avevo da ragazzino. A un certo punto, mi è sembrato di essere stato guidato nell'approcciarmi alla musica: mi sono impuntato così tanto che mi sono accorto di esser rimasto l'unico tra quelli con cui avevo cominciato.

In che modo ti ha guidato la musica?

Ma basta pensare a come sono arrivati i singoli, a come hanno funzionato, ma anche all'Ep che non sarebbe dovuto uscire, o avrebbe dovuto avere un altro titolo e un'altra tracklist. Una serie di coincidenze fortunate, anche se non credo in tutto e per tutto al destino. Saranno stati ricompensati i miei sforzi per aver lavorato con costanza.

Una delle prime chiusure del cerchio nella tua breve carriera, oltre all'uscita dell'Ep Sottozero, non può che essere l'inserimento nel programma Radar di Spotify Italia.

Dopo aver visto, negli anni passati, rientrare in questo programma realtà come Ariete, Blanco, ma anche Rondodasosa è stato qualcosa di incredibile. Credo lo abbiano fatto anche perché sono una realtà un po' diversa nel mondo urban, come lo è Naska.

Arriva comunque dopo uno statement come la partecipazione al disco di Dylan (ex Pyrex della Dark Polo Gang), ma anche le collaborazioni con Tony Effe, Young Snapp e Lele Blade.

Quella con Dylan e con Tony è stato quasi un segno di amicizia, sono compagni. Poi devo ammettere che Sincer con Lele e Young Snapp spacca davvero tanto, loro sono davvero molto forti e quando ci ripenso, lo sento mio come pezzo.

Ritorniamo all'attualità: cosa ne pensi dello strumento dissing nello storytelling rap?

Ad oggi non credo lo farei, anche se capisco che cosa può significare per gli artisti e per il pubblico. Adesso c'è stato Salmo e Luché, qualche anno fa Fibra e Vacca: alto livello. È quel tipo di esercizio di scrittura a non attrarmi, però dall'altra parte non mi sono mai ritrovato nella situazione di dover rispondere a qualche insulto esplicito in un brano.

Dove ti vedi in futuro?

Prima, per quanto Roma sia la città più grande d'Italia, mi cominciava a stare molto stretta. Poi da quando ho cominciato a girare in tour, mi è mancata sempre di più. Per adesso mi vedo a Roma, il passo dopo è Miami e poi la Thailandia. Penso a quando vorrò far uscire il mio primo disco e credo di volermi rinchiudere per un paio di mesi in America Latina per attrarre tutte le influenze musicali.

Bad Bunny con Un verano sin ti è diventato l'album più ascoltato nella storia di Spotify.

A me affascina molto quel mondo lì, basti pensare anche a Mora, a Quevedo. Impazzisco per la melodia e per i brani introspettivi, anche se qui in Italia arriva solo un certo tipo di reggaeton. Mi ricordo quando uscì il disco, ero incollato al cellulare. Adesso, dopo averla sentita centinaia di miglia di volte in radio, ti comincia a scocciare perché è diventata di tutti.

Questo invece è un aspetto molto old school nel proteggere le proprie creature fino a lasciarle andare quando diventano mainstream. Un po' come il 2016 per il trap italiana e la Dark Polo Gang a Roma.

La DPG l'ho scoperta a 15 anni: è stato un fenomeno incredibile. Dall'altra parte dovremmo toglierci un po' questa nostalgia del passato, quasi da boomer.

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