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Carl Brave x Franco 126 sempre in due: “Le nostre Polaroid rap, canzoni in cui rispecchiarti”

Si chiamano Carl Brave x Franco 126 e sono un duo romano che nel 2017 è esploso non più solo nel giro romano, ma conquistando ascolti e fan in tutta Italia, grazie al loro mix di rap e cantautorato. In un bar di San Calisto ci hanno raccontato le loro canzoni e quest’anno turbolento.
A cura di Francesco Raiola
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Alla fine dell'intervista-caffè a Trastevere, off records, mentre prendo qualcosa dalla borsa caccio fuori "Silenzi", la raccolta di poesie di Emily Dickinson. Franco 126 (il cui vero nome è Franco  Bertolini) mi chiede il titolo e gli spiego che è una raccolta da cui Vasco Brondi ha preso spunto per una delle canzoni dell'ultimo album de Le luci della centrale elettrica: "Quale?" mi chiede e se la fa passare. Siamo al tavolino del bar Calisto, a San Calisto, appunto, Trastevere, nel posto in cui Franco e Carlo, ovvero i membri di Carl Brave x Franco 126 passano, assieme alla crew della 126, parte delle loro giornate, uno dei luoghi che ispira le loro polaroid, termine che, come ormai sanno anche i muri, chiamano le istantanee musicali che hanno composto il loro primo album, "Polaroid" (Bomba Dischi), appunto.

Neanche il tempo di affezionarsi all'album (per chi non conosceva i pezzi già usciti su Youtube) che i due hanno messo a disposizione del pubblico nuove canzoni, in quella che è, ormai, un'attitudine di molti artisti giovani che non vedono nell'album quello che vedeva la generazione precedente, ovvero il luogo in cui racchiudere anni di scrittura e musica, ma il posto in cui raccogliere le tracce già seminate in giro per il web, in quello che è sempre più un "Best of" perpetuo.

Carlo e Franco sono una delle realtà più esplosive che questo 2017 lascerà a chi ama quel sound che mescola rap e cantautorato (per farla breve), che ama il racconto quotidiano, notturno quasi, che fa attenzione ai particolari, per coloro che amano l'andamento cantilenante e la melodia che si piazza in testa. Per i romani, che riconosceranno termini e luoghi, ma anche per chi non aveva idea di cosa fosse il Momart o cosa significassero termini come "lella" e "cioccare". La letteratura non li ha ispirati in modo diretto in passato, come avvenuto, ad esempio, per Brondi, eppure i loro bozzetti hanno ricordato a qualcuno Carver, ma Franco guarda bene dall'appropriarsene, anzi. Resta la propria indipendenza, ma anche la curiosità di capire che succede, perché alla fine Carver se l'è comprato: "Ho cominciato a leggerlo da poco, è una cosa recente", ma "non ci sono riferimenti letterari [nei nostri testi, ndr], anche se col senno di poi trovi sempre qualcosa". Intanto li cita anche Gianni Morandi tra gli artisti da tenere d'occhio: se non è trasversalità di pubblico questa!

È un periodo in cui sono fissato con le barriere: barriere nei generi musicali, per esempio, e voi siete uno degli esempi di concetto di barriere abbattute…

Sì, vero, anche se poi quando fai la musica neanche te le poni tanto queste questioni, lo fai e basta. Sicuramente il nostro è un connubio di vari generi in cui quello preponderante è il rap, perché veniamo da lì ed è quello che abbiamo sempre ascoltato, però ci sono anche altre influenze: il cantautorato, l'indie, la trap etc. Però non è una cosa voluta, nel senso che facciamo musica senza porci tante domande, non è che l'abbiamo deciso a tavolino, abbiamo fatto quello che ci sentivamo ed è uscita questa cosa qui.

Mi diverte molto l'uso che fate delle onomatopee (il suono del messaggino, lo starnuto) è una cosa a cui pensate o vengono naturali per metrica etc?

Anche lì non è una cosa studiata, non credo siano neanche tantissimi, però, insomma, rende bene l'idea, fa parte del nostro processo di scrittura.

Sono passati un po' di mesi dall'uscita dell'album e ancora di più dall'esplosione del vostro nome: siete alti in classifica, si parla di voi, come sta andando?

È stato un anno turbolento, di cambiamenti, siamo contenti, ovviamente, anche se facciamo musica da dieci anni circa ed è un punto d'arrivo da cui, però, ricominciare a costruire. Sia io che Carlo abbiamo un sacco di dischi all'attivo, non siamo usciti ieri: tutto questo modo di scrivere, in fondo, è il punto di arrivo di un processo evolutivo che ci ha portato a questa roba qui, dal rap più classico alle cose mischiate con l'elettronica, le cose più personali…

Però niente egotrip, figa etc…

Non c'è egotrip, vero, abbiamo preferito evitare perché abbiamo voluto parlare di noi: l'egotrip è canonico del rap classico, insomma un po' non ci appartiene, un po' volevamo fare una cosa diversa.

C’è una generazione, come la vostra, ma soprattutto quella più giovane, e rap, che vive un mondo diverso da mio, fatto di Youtube, per esempio. Voi pubblicate in continuazione, una parte è stata raccolta in “Polaroid”, ma continuate a pubblicare, come se non fosse cambiato nulla. Fatemi capire come funziona, l’album è solo una raccolta di singoli? O semplicemente è un problema che non vi ponete?

Guarda più che del rap è una cosa di questa epoca, in cui la soglia d'attenzione s'è abbassata, i dischi non si vendono più, c'è lo streaming. Quanto ha senso fare un prodotto già completo? Noi abbiamo pensato che non fosse la strategia più giusta per il tipo di musica che facciamo, che è molto sulle istantanee del momento, oltre che per il contesto in cui viviamo: le canzoni sono di 3 minuti circa e questo perché la soglia d'attenzione s'è abbassata e per venire più incontro all'epoca in cui viviamo.

Vero, voi arlate di momenti, si rischia che un album scritto tempo fa, uscito un anno dopo sia già vecchia, poi bisogna aspettare il tour e vi ritrovate a cantare canzoni ormai vecchie…

Spesso capita che scrivi un pezzo e dopo un po' di tempo non ti piace più. Se lo scrivi in quel momento, invece, e lo fai uscire in una settimana o due lo apprezzi di più, se no te li perdi, rischi di stufarti.

In ciò che vi caratterizza c’è anche il cantato, un po’ strascinato, cantilenato.

La linea melodica è venuta naturale anche perché non sappiamo cantare, quando abbiamo cominciato eravamo poco pratici, ora un po' stiamo imparando qualcosa, quindi c'è questa cosa del cantilenato e non del cantato a squarciagola, ma ci siamo resi conto che è buono, perché è più cantabile dal pubblico.

Qual è la cosa, secondo te, che funziona di più del progetto?

Sicuramente il vocabolario, che è molto studiato, quindi il linguaggio funziona bene e, in generale, queste linee melodiche molto semplici, molto dritte, canticchiabili. Ma soprattutto che è una roba di cuore, raccontiamo cose vere o comunque verosimili, in cui ti puoi rispecchiare.

Come funziona la dinamica Carlo-Franco?

Solitamente ognuno scrive la propria parte, poi visto che abbiamo un background simile finisce sempre che facciamo testi che hanno una coerenza, anche se non c'è un tema. Il mood lo detta la base, magari per i ritornelli ci accordiamo, comunque c'è un confronto, ascoltiamo le strofe, ci diamo consigli. Alcuni pezzi nascono in studio, tipo ‘Noccioline' o il ritornello di ‘Alla tua', c'è un lavoro di questo tipo. Carlo scrive più di getto, forse, io ci metto più tempo, comunque tutti e due appuntiamo dei particolari sui cellulari e poi ci lavoriamo.

In un'intervista leggevo che il giornalista si chiedeva se nella vostra libreria ci fosse Carver. C'è?

Ho cominciato a leggere Carver da poco, è una cosa recente e mi piace molto, ma non c'è un'ispirazione, anche perché ho cominciato mo, diciamo che ci lega l'attenzione ai particolari e alla quotidianità. Non ci sono riferimenti letterari, poi col senno di poi trovi sempre qualcosa.

Quando vi siete resi conto che stava cambiando qualcosa?

Guarda, dal primo pezzo abbiamo visto che rispetto alle cose che facevamo prima c'era più feedback. Vabbè, semplicemente perché il pezzo era più bello e quindi abbiamo continuato su quella linea, abbiamo fatto "Sempre in due" dopo "Solo guai", che è diventato virale anche grazie alla doppia chiave di lettura: puoi leggerlo come un pezzo che parla dell'amicizia, ma anche di amore. Pian piano hanno cominciato a contattarci persone fuori dal nostro giro, poi su Musical.ly molti usavano "Sempre in due" per musicare i video. Noi, come 126 abbiamo sempre avuto un riscontro di quartiere o comunque con una fascia d'età più avanzata, poi all'improvviso ci siamo resi conto che avevamo un feedback positivo anche dai pischelli più piccoli.

Per cui esiste quel mondo ‘inconcepibile' (per alcuni), che sono Youtube, i social etc…

Quest'epoca è quella dei Millennial, noi ne siamo un po' fuori. Sappiamo quanto i social siano importanti, ma non ci siamo cresciuti a differenza delle nuove generazioni che manco guardano più la tv, che è un mezzo in disuso perché loro seguono i propri canali…

Però avete saputo intercettarlo, no?

Sì questo sì, sicuramente i social sono importanti se fai musica, sono un mezzo importante per raggiungere le persone.

Poi è arrivata Bomba. Cosa vi ha dato in più?

Loro ci hanno dato un certo tipo di profilo, quello indie, che ci ha fatto gioco e aiutato per live e credo che a meno che uno non sia in grado di fare un discorso di autoproduzione molto serio, l'etichetta serve perché puoi avere un bel progetto, ma se non sai lavorare bene non vai da nessuna parte. Per lavorare bene intendo che c'è una parte live importante, c'è un ufficio stampa serio ed è importante che i musicisti facciano la musica, poi a come spingere il prodotto ci devono pensare altre persone, non puoi pensare di fare tutto.

(A un certo punto Franco vede qualcuno alle mie spalle, lo saluta, ci presenta)

Lui è Ugo Borghetti, napoletano come te, e parte della crew, abbiamo fatto delle canzoni assieme. Guarda lavorare con la crew è super stimolante, in primis siamo amici, poi abbiamo tutti tutti quanti una personalità artistica differente. Non so se tu conosci tutti i membri, ci stanno Ketama, Pretty Solero, Ugo Borghetti, Asp, poi abbiamo Drone e Nino Brown, Gianni Bismark, con tutte realtà che fanno musica diversa.

Senti ho visto foto di live estivi pieni di gente, anche là avrete visto il cambiamento immagino. Come vi muovete sul palco?

Mo magari non siamo proprio il top della performance, facciamo un live differente dal disco, se replichi la stessa formula è un po' noioso e non si capisce l'energia dietro al progetto: ci interessa far divertire la gente, farla ballare e cantare.

Le date del tour invernale

26/01/2018
Napoli – Casa della Musica "Federico I" – c/o Teatro Palapartenope

01/02/2018
Milano – Alcatraz

02/02/2018
Torino – Teatro Concordia Venaria Reale

09/02/2018
Roma  – ATLANTICO LIVE!

16/02/2018
Bologna – Estragon Club

17/02/2018
Marghera (VE)  – Centro Sociale Rivolta

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