Capienze, rimandata la decisione, FIMI: “Il pregiudizio nei confronti della musica è inaccettabile”
Il Governo ha annunciato che neanche questa settimana si deciderà sull'aumento delle capienze per il luoghi della Cultura, nonostante l'annuncio di una scelta entro il 30 settembre e la posizione del Comitato Tecnico Scientifico, che aveva dato il via libera per un'apertura al 100% per i luoghi all'aperto e dell'80% per quelli al chiuso e al 50% per i palazzetti. Una decisione che, in attesa della conferma e delle scelte del Governo, aveva portato a uno scontro aperto tra la Politica e il mondo dei live e gli artisti che avevano chiesto a gran voce di unificarsi all'Europa e abolire il distanziamento, sempre con l'obbligo del green pass. Abbiamo chiesto a Enzo Mazza, CEO di FIMI qual è la sua posizione e quella della federazione su questo ulteriore slittamento.
Come bisogna leggere quest’ennesimo ritardo del Governo nel prendere decisioni sulle capienze?
È una situazione realmente paradossale: da mesi si era ipotizzato che di fronte alle vaccinazioni e all’introduzione del green pass la naturale conseguenza fosse la riapertura. Il ministro Franceschini era stato sempre molto disponibile ed è quindi sorprendente che altre aree del governo siano così rigide con il settore. Sembra che ci si trovi a questo punto di fronte a un vero e proprio pregiudizio nei confronti di questo mondo: a Londra e Parigi nello scorso fine settimana c’erano migliaia di persone al concerto evento di Global Citizen, qui non sappiamo nemmeno cosa si potrà fare fra due mesi. È inaccettabile.
Qual è la posizione ufficiale della FIMI?
Il settore è unito su questo tema e noi sosteniamo le istanze dei promoter, degli artisti, di Siae e dei lavoratori. L’industria del live è una componente fondamentale dell’ecosistema musica e la tutta la discografia è assolutamente solidale con questa battaglia per la riapertura.
Pensi che questo ritardo possa servire per riflettere sulla possibilità di portare al 100% le capienze anche al chiuso?
Me lo auguro: come è noto da tutte le indicazioni fornite dalle imprese del live, è insostenibile economicamente una riapertura limitata, addirittura al 50% per i palazzetti, che sono la location principali per i tour invernali.
Se così non fosse, Cosmo ha detto a Fanpage.it che gli artisti sono pronti a scendere in piazza. È un’alternativa?
La mobilitazione degli artisti personalmente l’avevo auspicata già a maggio quando emerse che sarebbero state autorizzate capienze rilevanti per gli stadi in occasione dell’Europeo di calcio in presenza invece di forti limitazioni per i concerti.
Quella del 2022 sarà un’estate ingolfata di live, se si potranno fare. Quali ricadute ha avuto questo anno e mezzo di pandemia sul settore?
I dati messi a disposizione da Siae sono impressionanti (e parliamo solo di quelli ufficialmente comunicati nel 2021 con riferimento al 2020). Ma la situazione non è certamente migliorata quest’anno: le perdite per il settore dei concerti hanno visto una contrazione dell'83,19% degli ingressi, a cui corrisponde un crollo dell'89,32% della spesa al botteghino. Si tratta di perdite che riflettono non solo economicamente su tutta la filiera del diritto d’autore e delle imprese ma anche con effetti importanti sulle professionalità del settore, che sono di fatto ferme da quasi due anni. Si stanno perdendo skill e professionisti che a causa della crisi devono muoversi su altri settori. Un danno enorme di cui se ne pagheranno le conseguenze per anni.