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Brunori a teatro: uno spettacolo contro la paura, per chi ancora ama emozionarsi (e ridere)

Con il suo spettacolo teatrale Dario Brunori fa un passo avanti nel suo percorso artistico, mantenendo intatta la sua capacità di emozionare con le canzoni e aggiungendo, però, quella veste da showman, in grado di far ridere e riflettere, che i suoi fan conoscono e amano.
A cura di Francesco Raiola
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Una delle cose più divertenti che mi è capitato di vedere in questi ultimi anni è stato un firmacopie di Dario Brunori. Un firmacopie? Esattamente, quell'ora e mezza passata a fianco al cantautore calabrese che ha dedicato ogni singolo album con un'impressione, una frase, qualcosa tratta istantaneamente dalla persona che aveva di fronte: una parola detta, accennata, una mossa, qualsiasi cosa era buona per personalizzare e scherzare con i fan. Ecco, per chi ha visto almeno una volta un suo concerto, questa cosa non meraviglierà, dal momento che sul palco il cantautore è uno showman con pochi eguali nell'ambiente ed è il motivo per cui, pur senza sapere cosa avrebbe fatto su Rai Tre (dove a breve comincerà un suo programma in seconda serata, "Brunori Sa"), in molti avevano trovato naturale questo passaggio.

Canzoni e monologhi sull’incertezza

Prima, però, almeno per quanto riguarda la messa in onda/scena, c'è stato il passaggio in teatro, dove il cantautore sta portando lo spettacolo "Canzoni e monologhi sull’incertezza" in cui mescola le sue canzoni ad alcuni monologhi, appunto. Non è un semplice concerto, quindi, ma qualcosa che va oltre, riuscito perché mette in evidenza, senza che si senta alcuna forzatura, proprio il lato ironico, giocoso, ma anche amaro di Dario (il nome proprio non è un segno di confidenza, ma l'unico modo in cui l'ho sentito chiamare dal suo pubblico) che giocherà pure sulle sue incertezze, sulle sue paure e sulle sue idiosincrasie, ma sul palco si muove con una scioltezza incredibile, potremmo dire "quasi come uno squalo" se non fosse per la sua selacofobia (la paura degli squali in qualunque contesto), argomento di uno dei monologhi, e nonostante un'influenza che lo ha colpito poco prima della tappa napoletana.

Ridere, emozionarsi e cantare

I monologhi sono sugli argomenti che in qualche modo ha trattato nelle sue canzoni, anzi, sono l'espansione delle sue canzoni, riflessioni che le hanno fatte nascere o che ne sono il risultato ampliato: l'asse Lamezia-Milano ("Il mio paradosso: mi divido ogni giorno nella speranza di rimanere integro"), la paura di ciò che è diverso da noi, il concetto, applicato alla quotidianità, della società liquida di Zygmunt Bauman. Ma ovviamente a collegare tutte queste riflessioni (c'è anche un imperdibile momento freddure) ci sono le sue canzoni, quelle di "A casa tutto bene", soprattutto (no, non fa "Guardia 82", ma nel complesso, tranquilli, non se ne sente la mancanza), con qualche inserto di brani degli altri album ("Come stai", "La vigilia di Natale", "Kurt Cobain" e "Arrivederci Tristezza"). Uno spettacolo in cui si incrociano intelletto, cuore e pancia (ma una pancia di fame, non di rabbia) e che in questi giorni difficili, di razzismi, fascismi, paure spesso indotte e non reali, esasperati dai toni di una campagna elettorale bruttissima, è un balsamo per i cuori. Per chi ancora ci pensa, al cuore.

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