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Bruce Springsteen e i mali silenziosi del Boss d’America

Un reportage di 17 pagine, firmato “David Remnick”, che svela tratti biografici nascosti del rocker del New Jersey, confidati allo psicoterapeuta che da 30 anni lo segue, dopo che nel 1982 il mal di vivere colpì il Boss.
A cura di Marianna D Onghia
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sopravvissuto a suicidio e depressione

Il Boss ha 62 anni ed è un sopravvissuto, We are alive-Bruce Springsteen at sixtytwo è il reportage pubblicato sul The New Yorker di ben 17 pagine del premio Pulitzer e direttore David Remnick. Il biografo di Barack Obama, armato di carta e penna, ha seguito il Boss nel suo ultimo tour, scoprendo particolari inediti della sua vita-carriera e interrogando le persone più vicine all'artista del New Jersey. Il risultato è un ritratto di Bruce Springsteen dai suoi esordi con i Castiles quando si suonava per i pazienti dell'ospedale psichiatrico e uno di loro disse "questi sono meglio dei Beatles" all'ultimo album Wrecking Ball, secondo lavoro discografico straniero più venduto in Italia negli ultimi sei mesi. Il tutto passando dall'anno 1982, quando il Boss decide di affidarsi ad uno psicoterapeuta che dia voce alle urla represse dell'anima, che gridano "Papà" e famiglia.

"I miei problemi silenziosi" – Bruce Springsteen, il Boss del rock astemio e senza problemi di droga, raggiunge l'apice del successo negli anni '80,"Si ritrovò al top in un colpo solo, dal nulla, con persone accanto che gli baciavano il sedere tutto il giorno. È in momenti come quelli che ci si domanda cosa si vuole veramente" racconta l'amico e biografo Dave Marsh, che rintraccia nel brusco cambiamento di vita del rocker la nascita di quel male oscuro nascosto dalla sua chitarra e dalla sua inconfodibile risata. Bruce, invece, in quegli anni, due o tre volte a settimana, passava accanto alla casa dei suoi genitori, vicino la Scuola Cattolica di Santa Rosa da Lima da lui frequentata perchè i suoi problemi erano lì, nelle "sofferenze dei genitori che ti dilaniano e cerchi di trasformare in linguaggio e scopo":

Mio padre era una persona che parlava poco. Era davvero dura riuscire ad avere una conversazione con lui. Le sofferenze dei miei genitori, ecco il soggetto della mia vita. Questi dolori mi dilaniano ancora e lo faranno sempre. La mia esistenza ha preso un percorso diverso, ma io ho avuto una vita anomala. Alla fine quelle piaghe restano con te.

Il male di vivere aveva colto anche il padre e Bruce, ai tempi del disco Nebraska, nel 1982, era lì a combattere quella corrente d'odio verso sè stesso che aveva travolto anche il genitore. Pensò al suicidio, sì, ma poi preferì l'annullamento di sè che ogni artista opera sul palco per non farsi travolgere dal successo, dall'onda emotiva, dal bipolarismo tra palco e realtà. E' annullandosi, però, che si scopre la parte più intima di sè, racconta il Boss che decise di farsi seguire da uno psicoterapeuta anche per i problemi relazionali con il padre, "Ehi, meritavo più attenzioni di quelle che mi hai dato! Hai sbagliato tutto", parole del rocker che passava dalla casa dei genitori, due tre volte a settimana. Lo psicoterapeuta lesse in quella routine la voglia di sistemare qualcosa, ma accompagnò l'analisi alla frase "Be, è impossibile".

Il Boss vince i suoi mali interiori sul palco, li domina raccontando la vita agli altri e non la sua, "Questa è la tua vita? Per me sono stronzate, nessuno vuole che tu parli della tua vita. Tu devi dare logica, ragione, empatia, passione a un mondo freddo, frammentato e confuso. È il tuo dono, devi spiegare la vita agli altri, non raccontare la tua" gli dice il suo amico e chitarrista Steve Van Zadt all'ascolto di Ain't got you (1987). E giù a scrivere canzoni, a parlare dell'America e delle sue lotte, del suo sogno, dei suoi eroi, di quelli "nati per correre" come lui, vagabondo del New Jersey unico e inimitabile, perchè come disse Barack Obama "Ho scelto di fare il presidente solo perchè non potevo essere Bruce Springsteen". Il Boss che, andando a trovare i genitori trasferitisi in California, con in testa la frase "Visto, ve l'avevo detto?" e un portafoglio stragonfio esclamò "Scegliete la casa più bella dei dintorni: pago io".

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