Biagio Antonacci a processo per evasione fiscale, chiesti 18 mesi di reclusione
Continuano i problemi giudiziari di Biagio Antonacci, accusato di evasione fiscale per 3,5 milioni di euro dalla Procura di Milano. Il viceprocuratore onorario Luciana Greco ha chiesto oggi la condanna a un anno e sei mesi di carcere per il cantautore, al termine di una requisitoria nella quale ha spiegato come, attraverso le tre società al centro dell'indagine – Iris, Basta edizioni musicali e Forum Vision (questa con base a Londra) – avrebbe pagato "spese personali", come il "noleggio di un gommone" e il "quadriciclo elettrico per la sua casa di Bologna".
Sotto accusa sono le dichiarazioni fiscali di Antonacci tra il 2004 e il 2008, nelle quali avrebbe segnalato "elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo", interponendo nella gestione dei suoi diritti le tre società "strumentali alla trasformazione dei redditi da lavoro autonomo, soggetti ad aliquota progressiva più elevata, in redditi d'impresa, soggetti ad aliquota proporzionale più conveniente".
Iris (amministrata da Graziano Antonacci, fratello del cantante; tra i soci, anche il padre Paolo) e Forum Vision (amministrata da un fiduciario di Lugano), in particolare, sarebbero state costituite fondamentalmente per gestire i diritti legati ai suoi brani musicali (la Forum a livello internazionale), oltre a quelli per i suoi concerti e per lo sfruttamento d'immagine. In base ad accordi siglati nel 2000, le due società si sarebbero impegnate a cedere i diritti per tre successivi album alla casa discografica Universal (fino al 2007, quando Antonacci è passato a Sony). Secondo le indagini della Guardia di Finanza, per i suddetti dischi le società avrebbero incassato, a titolo di anticipi minimi garantiti, circa 15 miliardi di lire, su cui sarebbero state versate tasse per un importo inferiore a quello che avrebbe dovuto pagare il cantautore come ‘persona fisica'.
La difesa chiede l'assoluzione: "Non c'è reato"
L'avvocato Alessio Lanzi, legale di Antonacci, ha chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato. Secondo il difensore, le tre società riconducibili all'artista non erano utilizzate per un'interposizione fittizia, come sostenuto dall'accusa. "Questo è invece un caso chiarissimo di interposizione reale", argomenta il legale, secondo cui Iris, Basta edizioni musicali e Forum Vision, "erano società reali, che producevano reddito".
Riguardo l'acquisto di gommone e quadriciclo, secondo Lanzi avrebbe speso solo 1.500 euro con la carta di credito in questione nel 2007, una spesa poi regolarizzata a livello tributario. Se anche dovesse essere accertata una sua evasione, ha continuato Lanzi, ammonterebbe a poco più di 90 mila euro e non ai 3,5 milioni contestati dall'accusa. Dal momento che, secondo le leggi, la punibilità scatta dopo i 150 mila euro, Lanzi ha chiesto l'assoluzione perché "il fatto non costituisce più reato". Ora si attendono le le repliche dell'accusa, mentre la sentenza arriverà il 18 maggio.