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Baby K: “Il mio latin pop è una celebrazione delle donne che pagano ancora differenze di genere”

“Donna sulla Luna” è l’ultimo album di Baby K, ma è anche un messaggio che la canta te lancia alla musica italiana. Un incoraggiamento a vedere quante più donne possibili sulla Luna dell’industria musicale nazionale. Un un album latin pop che contiene tormentoni attuali come “Pa Ti” e “Mohicani” e passati come “Non mi basta più”.
A cura di Francesco Raiola
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"Donna sulla Luna" è l'ultimo album di Baby K, ma è anche un messaggio che la canta te lancia alla musica italiana. Un incoraggiamento a vedere quante più donne possibili sulla Luna dell'industria musicale nazionale. E sicuramente la cantante e cantautrice romana è una di quelle che da anni porta alta la bandiera dei numeri, in un mondo che, invece, vede sempre pochissime artiste nei primi posti delle classifiche di vendita. Lo spiega subito Baby K nell'intervista a Fanpage.it, in cui ripercorre anche le influenze musicali che lo caratterizzano. È un album latin pop come chiarisce subito Claudia Nahum – vero nome della cantante – che negli anni ha saputo vestire e svestire diversi generi e che questa volta unisce ritmi latini, reggaeton, cumbia, all'urban e al pop, in un mix che sa senza dubbio d'estate. E dell'estate Baby K è da tempo una delle protagoniste, da quel Roma-Bangkok che sbancò le classifiche e diventò un metro di paragone per chiunque negli anni successivi, e che quest'anno la vede protagonista sia con "Pa ti" con Omar Montes che con la collaborazione in ì"Mohicani" coi Boomdabash a cui si aggiungono anche hit passate come "Non mi basta più" e "Playa" e collaborazioni con Gigi D’Alessio, Chiara Ferragni, Tedua, Samurai Jay, Boro Boro, Giaime, Enzo Dong e Lele Blade.

Dove nasce Donna sulla Luna?

Donna sulla luna è una riflessione del punto in cui mi trovo adesso, sia da un punto di vista personale che di musica e carriera. Sicuramente molti dei traguardi che ho raggiunto si conoscono, ma quando arrivi ad aver ottenuto determinate cose tendi a guardarti indietro e a fare caso ad alcune cose che hai fatto, da dove sei partita, che cosa hai incontrato nel viaggio, cosa ti ha portato fin lì. La cosa più importante è sempre stata partire, camminare e macinare, però più che un'autocelebrazione volevo riportare il focus, come mi è solito fare, sulle donne: vorrei che fosse una celebrazione di quello che riescono a ottenere le donne – che sotto alcuni punti di vista soffrono lacune per quanto riguarda la parità di genere – quando con un lavoro costante, sodo, a testa bassa macinano fino al punto di crearsi delle proprie opportunità, per poi ritrovarsi dove non si sarebbero mai aspettate di trovarsi. A volte una persona punta alle stelle ma si ritrova ancora meglio, sulla luna. È un incoraggiamento alle donne di crearsi un proprio percorso che si differenzi da quello degli altri, mettendoci tanto lavoro e intuizione.

Hai scritto quasi tutte le canzoni tu, ti chiedo che cambiamento c'è per il cantautorato – solitamente ad appannaggio degli uomini – e che ruolo avete avuto tu e la tua generazione.

Penso che ci sia un cambiamento a partire dal momento in cui se ne parla. Penso anche, però, che le donne in musica non prendano ancora abbastanza le redini in mano, non si buttano abbastanza. Le incoraggerei a distinguersi ancora di più, sia da un punto di vista artistico che creativo. Chi proviene dal rap ha questo approccio molto "Faccio da me", perché si parte dal nulla, dall'autoproduzione, per questo i rapper dicono di avere una marcia in più, si buttano e vanno avanti, si creano un proprio team, mentre le donne tendono a stare più sulle loro. Non girano con proprie crew, gli autori sono spesso maschi, quindi scrivono dal loro punto di vista, si immedesimano in una donna, ma certe cose per essere autentiche devono essere scritte dalle donne. È bene che se ne parli sempre di più perché le donne sono trascurate, e per me non è un caso che le donne vendano meno degli uomini, quindi si vede che il pubblico si sente più a proprio agio con gli uomini. Quando si parla dell'aspetto creativo e socio culturale vediamo come sia un po' tutto collegato, però è vero pure che ci sono poche donne che scrivono, per questo mi sono costruita uno stile riconoscibile.

Donna sulla luna raccoglie alcune delle tue anime musicali, come è stato adattare tutte queste passioni?

Da un punto di vista musicale credo sia un album molto coerente, latin pop in tutte le sue sfumature, passando dal reggaeton alla salsa fino alla cumbia, a cui si aggiungono anche elementi dancehall. È coerente, poi come sempre amo i temi netti delle canzoni, quindi ogni canzone ha un tema suo, ognuna di esse ti immerge in un mondo tutto suo, per questo è stato bello fare questi feat, perché ognuno ha portato un valore aggiunto, ogni collaborazione è stata un valore aggiunto alla canzone e non è scontato perché uno può tentare e non sempre riuscire. Sono grata perché ogni artista mi ha mostrato tanta stima e tanto affetto, ed è bello pensare che io sono l'anello di congiunzione tra Gigi D'Alessio e Tedua.

Sei fuori con due singoli estivi, mi racconti la collaborazione con i Boomdabash in Mohicani?

Nel 2019, mentre eravamo in un backstage, ci incontrammo, ci guardammo e ci dicemmo: "Ok, ma quand'è che collaboriamo?". Insomma, ce l'eravamo un po' promesso, e adesso è arrivato il momento. Veniamo tutti da un background musicale molto simile, io sono cresciuta in Inghilterra dove le influenze giamaicane sono importantissime, basti pensare allo slang londinese che è mescolato proprio al giamaicano. Il mio disco include la dancehall e così ci siamo detti: "Facciamo un pezzo stilosissimo", volevamo un brano diverso dalle altre uscite e credo che ce l'abbiamo fatta, perché a livello di sonorità non è latin, non è simile agli altri brani e penso che sia uscita fuori una cosa molto bella, siamo carichissimi e ci siamo molto divertiti.

Senti, come mai la musica latin, nonostante il successo, in certi ambienti debba confrontarsi con così tanti pregiudizi?

Comprendo molto bene che il latin non faccia tanto parte del patrimonio e dell'identità della musica italiana, però è anche vero che sono chiavi di lettura: io, per esempio, trovo che le melodie latine sino molto simili al neomelodico, non a caso quando uscì "Non mi basta più" molte persone mi dissero che gli sembrava un ritornello quasi neomelodico. Ovviamente l'ho preso come un enorme complimento perché per me quel genere ha delle aperture incredibili di melodia, di ritornelloni con la "r" maiuscola. Credo, insomma, che a livello melodico, soprattutto, abbiano molte cose in comune. È pure vero che l'italiano deve sempre un po' mettere paletti anche dove non ce n'è bisogno. La musica vive di tendenze, è cultura, quindi spesso sa fotografare un momento socioculturale, anche a livello di stili e tendenza. Dicevano lo stesso del rap quando prendevano in giro i rapper, dicendo che erano quattro scemi coi pantaloni larghi, però poi uno ha dovuto confrontarsi, poi, con la realtà dei fatti e con un rap che era quasi sempre primo in classifica. È come se negli anni 60 avessi detto: "Eh, ‘sto rockandroll, tutto uguale", una cosa senza senso, insomma.

Forse, però, è anche colpa dell'invasione estiva, no?

Capisco che forse d'estate c'è una saturazione, comprendo che ci sia poca scelta, però c'è chi ha scelto questo genere per rappresentarlo tutto l'anno, sempre, come identità artistica e chi invece vuole replicare una formula che è andata bene da Roma-Bangkok. È una cosa che capisco…

Ti lusinga anche un po', no?

Sì, sì, certo, chi è il primo a scagliare la pietra si becca sia quelli che dicevano "Ah, dove vai con questo genere?" che quelli che salgono sul carro del vincitore. Ma voler criticare un genere che è culto nel mondo e scala le classifiche è strano. Alla fine l'italiano arriva per ultimo, è sempre diffidente però speriamo che ci arrivino così come sono arrivati al rap e alla trap.

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