Cara Carmen,
come sai di norma non mi curo dei compleanni, ma questo è un po' speciale e andava in qualche modo celebrato. Certo, per farti gli auguri ho scelto un mezzo strano, e a dirla tutta all'inizio non ero nemmeno sicuro che fosse una buona idea, ma poi ho pensato che, sì, era OK, anche perché i malfidati avrebbero magari ritenuto poco etico che l'autore della tua biografia ufficiale firmasse un “normale” articolo su di te. Abbandonando ogni indugio, allora, mi tuffo nell'amarcord e rievoco il nostro primo incontro, nella primavera del 1997. Allora avevi solo ventidue anni ma già un ricco bagaglio di esperienze, culminate da poche settimane nella partecipazione al Festival di Sanremo con “Confusa e felice”. Il dirompente mix di energia, melodia, personalità e giovanile esuberanza offerto sul palco dell'Ariston aveva lasciato il segno, così come avrebbe fatto di lì a poco l'album con lo stesso titolo, il tuo secondo: un deciso passo in avanti rispetto a “Due parole”, l'esordio del 1996 nel quale risultavi ispirata ma più convenzionale, più cantautrice che rocker. Perché rocker lo eri, nessun dubbio, come mi dimostrasti proprio quella mattina quando, nel bel mezzo dell'intervista, mi chiedesti di vedere i vinili che casualmente avevo con me e, con gli occhi che ti brillavano di gioia, ti mettesti ad annusarne l'interno delle copertine “perché le edizioni americane hanno un odore fantastico“.
Quanto davvero fossi rocker lo chiaristi nel 1998 con quello che in genere è considerato il tuo capolavoro, “Mediamente isterica”, e con il relativo, applauditissimo, tour. Il termine “esplosiva” non basta a descrivere com'eri in quel periodo: ogni ragazzo o ragazza che ti vedeva in azione non poteva non innamorarsi di te o essere colto/a dalla frenesia di provare a imbracciare una chitarra. O entrambe le cose. E se oggi l‘Italia è piena di agguerritissime fanciulle che sono state capaci di ritagliarsi uno spazio serio in un mondo per lo più dominato dai maschietti, i meriti sono in parte tuoi: non solo sei stata grande sotto il profilo artistico, ma sei stata anche un esempio di determinazione e – sì – coraggio. Rocker fino in fondo, come quando a fine 1997 ti invitai a portare la tua scaletta della vita a “Stereonotte”, la celebre trasmissione di Radiorai che al tempo conducevo, e ti presentasti con dischi di Jefferson Airplane, Byrds, Buffalo Springfield, Janis Joplin, Otis Redding, Aretha Franklin, B.B. King, Free, Jimi Hendrix, Hole, PJ Harvey, Pearl Jam, Smashing Pumpkins e Sonic Youth. E rock, benché nel complesso più edulcorato e sbarazzino, è stato anche il tuo quarto album (e maggior successo commerciale), “Stato di necessità” del 2000: quello de “L'ultimo bacio", che grazie al film di Gabriele Muccino è probabilmente l'unico tuo brano conosciuto da chiunque.
A quel punto eri ormai una star che poteva permettersi dischi cantati in inglese e francese e concerti all'estero. Sarebbe stato facilissimo adagiarti sul (pur eclettico) canone della “cantantessa” un po' rock e un po' pop, ma volendo rimanere – giustamente – sempre fedele a te stessa hai preferito battere le strade che più ti intrigavano, destreggiandoti con verve e classe fra sofisticata canzone d‘autore e umori folk della tua Sicilia e non solo, legando il tutto a nette prese di posizione contro taluni aspetti della nostra società. Il bellissimo live con l‘orchestra del 2001, “L'anfiteatro e la bambina impertinente”, è servito da spartiacque, mentre con “L'eccezione” (2002), “Eva contro Eva” (2006) ed “Elettra” (2009) hai immortalato ottimamente l'ondivaga lucidità del tuo “nuovo” percorso; un percorso nel quale non sono però mancati i revival, come quello del 2004 per il quale hai riesumato la sigla della tua prima band seria, i Moon Dog's Party, interpretando solo cover di classic rock, blues e soul, o quello del 2008, che ti ha visto ritornare aspra e selvaggia per riproporre “Mediamente isterica”. Ma ne hai combinate altre, molte altre, raccogliendo riconoscimenti di ogni genere – per citarne solo uno, sei stata la prima donna a ricevere la Targa Tenco nella categoria “album dell'anno”, per “Elettra” – e scolpendo definitivamente il tuo nome nella storia della musica italiana.
Da ormai quasi quattro anni, cioè da quando la Universal è riuscita a convincerti a pubblicare un “best of”, hai però optato per un profilo bassissimo, una sorta di buen retiro. Hai avuto la magnifica attenuante di essere diventata mamma e a onor del vero a volte hai fatto capolino dal tuo rifugio etneo, ma oggi 4 settembre 2014 “Elettra” ha addirittura cinquantanove mesi meno cinque giorni ed è ora di dargli un seguito. Non ci sarebbe maniera migliore di salutare il tuo acquisito status, per dirla con Nanni Moretti, di splendida quarantenne. Io ci conto, e con me ci conta un mucchio di altra gente. Nell'attesa, ancora auguri.