Anche Brian Molko dei Placebo contro lo streaming online: “Cifre irrisorie”
Nella diatriba che mette contro Spotify (e le piattaforme di streaming in generale) e gli artisti, non ultimi Thom Yorke e Nigel Godrich – rispettivamente cantante e produttore dei Radiohead – entra anche Brian Molko, cantante dei Placebo, uno dei maggiori gruppi al mondo a non avere i propri album in streaming. Nei giorni scorsi s'è discusso molto della decisione dei due di togliere da Spotify i propri album solisti (quelli dei Radiohead, invece, rimangono) e quelli degli Atoms for Peace (in cui i due suonano assieme), come gesto di denuncia contro le poche revenue e la poca attenzione data ai giovani. Un'accusa da cui Spotify si era difesa spiegando che avevano "già pagato 500 milioni di dollari a i proprietari dei diritti fino ad ora e dalla fine del 2013 questo numero raggiungerà il milione".
Interpellato da Music Week Molko ha detto: "Non vedo problemi nel mettere il proprio singolo in streaming, tanto passa già per radio e la gente può prenderla (hijack, ndr) da là. Ma non capisco il senso del negoziare buoni diritti digitali da parte della propria etichetta per mettere tutta la propria musica in streaming" e continua "La somma che si potrebbe ottenere mi sembra irrisoria al momento (…) Non credo che [Spotify] abbia nulla a che vedere con la lotta alla pirateria o col fornire un servizio che è buono per l'industria e per le nuove band. Sono solo interessati a fare soldi alle spese di altri".
Poche ore fa, a difesa di Spotify, si era speso, però, il manager dei Radiohead (sic) Brian Message che alla BBC aveva dichiarato che lui e altri manager erano entusiasti "dello sviluppo di nuove tecnologie come Spotify", che i "servizi di streaming sono ottimi mezzi per unire gli artisti e i fan" e che alla fine quelle piattaforme sono ottimi modi per migliorare il modo di monetizzare il lavoro per gli artisti che rappresentano.