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Thom Yorke leva la propria musica da Spotify: “Lo streaming non aiuta le giovani band”

Continua la guerra tra artisti e piattaforme di streaming. Questa volta tocca a Thom Yorke, leader dei Radiohead e Nigel Godrich, produttore del gruppo e membro assieme a Yorke degli Atoms for Peace di scagliarsi contro Spotify, accusata di non portare molti soldi alle giovani band.
A cura di Francesco Raiola
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La guerra tra servizi di streaming online e artisti si riempie di un altro, importante, capitolo. Dopo le tantissime critiche piovute addosso a queste piattaforme, accusate di dare poche revenue agli artisti, scendono in campo due nomi molto pesanti della musica mondiale, ovvero Thom Yorke e Nigel Godrich, rispettivamente cantante e produttore dei Radiohead, nonché componenti degli Atoms for Peace. Ieri, infatti, Godrich soprattutto, ma anche Yorke, hanno spiegato con vari status su twitter il perché delle loro decisione di vietare alle piattaforme streaming di passare tutti gli album solisti di Yorke, degli Atom for Peace e del progetto di Godrich Ultraísta.

Godrich comincia la sua "inutile ribellione" con questo status:

E continua: "I numeri non tornano neanche per Spotify. Ma non è solo per questo. Riguarda, piuttosto, il modo di stabilire il modello più remunerativo" twitta Godrich che aggiunge "Intanto le piccole case discografiche  e i nuovi artisti non riescono a sopravvivere. Non è giusto". Ma sono tantissimi gli status del produttore dei Radiohead che spiegano il perché di questa decisione. Il problema principale, infatti, per il produttore sono i nuovi artisti, perché l"lo streaming fa bene ai cataloghi. Ma non può funzionare come metodo per supportare i nuovi artisti. Spotify e gli altri devono capire questo fatto e cambiare il modello per le nuove uscite…

Accuse pesanti su cui Yorke mette il carico ribadendo: "Non sbagliate, i nuovi artisti che trovate su Spotify non saranno pagati mentre gli azionisti a breve ci sguazzeranno. Semplice". Ma non tutti sono d'accordo con la visione dei due e qualche fan si lamenta, criticando il fatto che la loro scelta sia dannosa per loro; a loro Yorke risponde che si sbagliano, visto che la loro è una lotta a favore dei musicisti: "Per me – scrive il cantante – Rainbows è stato una dichiarazione di verità. La gente dà ancora valore alla musica nuova… è tutto ciò che vorremmo facesse Spotify. Non fate di noi il bersaglio".

Nella discussione si introduce un altro gruppo ben conosciuto nel mondo alternativo, ovvero i Four Tet che in risposta a un tweet di Godrich scrivono: "Noi abbiamo tolto tutto ciò che riguardava la nostra label. Non vogliamo essere parte di questo schifo".

Il dibattito tra artisti e piattaforme streaming va avanti da tempo. Fece abbastanza scalpore la lettera che David Lowery fondatore dei Cracker e dei Camper Van Beethoven scrisse contro Pandora per lamentarsi dei propri guadagni dopo il raggiungimento di un milione di stream di una delle sue canzoni: "“Guadagno meno di quanto guadagnerei dalla vendita di una t-shirt” scrisse il musicista che dichiarò di aver guadagnato in totale neanche 50 dollari. Sempre contro Pandora si scagliarono i Pink Floyd (che intanto hanno reso disponibile il loro catalogo su Spotify), con un articolo per nulla conciliante.

La risposta di Spotify non s'è fatta attendere. L'azienda svedese si difende in un comunicato stampa spiegando che "l'obiettivo è di far crescere un servizio che la gente possa amare, per il quale alla fine possa anche pagare, e che possa assicurare il supporto finanziario per finanziare l'industria musicale al punto da poter aiutare i nuovi talenti e la nuova musica. Vogliamo aiutare gli artisti a connettersi coi propri fan, trovare nuovi ascoltatori, accrescere la loro base fan e guadagnarsi da vivere con la musica che amano (…). Abbiamo già pagato 500 milioni di dollari a i proprietari dei diritti fino ad ora e dalla fine del 2013 questo numero raggiungerà il milione. Molti di questi soldi sono stati investiti per promuovere nuovi talenti e produrre nuova musica".

Insomma la battaglia tra streaming e artisti, tutto giocato sulle revenue e gli investimenti sui giovani è ancora tutta da giocarsi. Non resta che vedere quanto la mossa di un pezzo da 90 come Thom Yorke possa pesare

Questo, intanto, il comunicato completo di Spotify:

Spotify’s goal is to grow a service which people love, ultimately want to pay for, and which will provide the financial support to the music industry necessary to invest in new talent and music. We want to help artists connect with their fans, find new audiences, grow their fan base and make a living from the music we all love.

“Right now we’re still in the early stages of a long-term project that’s already having a hugely positive effect on artists and new music. We’ve already paid US$500m to rightsholders so far and by the end of 2013 this number will reach US$1bn. Much of this money is being invested in nurturing new talent and producing great new music.

“We’re 100 per cent committed to making Spotify the most artist-friendly music service possible, and are constantly talking to artists and managers about how Spotify can help build their careers.”

Update: Nigel Godrich continua coi suoi tweet e risponde al comunicato stampa di Spotify. Per seguire tutte le risposte… questo è il suo profilo twitter:

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