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Almamegretta, Raiz: “Abbiamo dovuto rimboccarci le maniche e ripartire dalla gavetta”

Tornano gli Almamegretta e lo fanno con il video del loro ultimo singolo ‘Not in My Name’ che la band presenta in esclusiva su Fanpage.it e Youmedia. Abbiamo chiesto a Raiz, il cantante della band, cosa dobbiamo aspettarci da questo brano e dall’album che ne seguirà.
A cura di Francesco Raiola
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"C’è sempre qualcuno che dice o peggio commette cose terribili e dice di farlo ‘anche per te', da chi taglia teste e violenta donne in nome di Dio a chi vorrebbe lasciare in mezzo al mare migliaia di poveracci perché non ‘inquinino' il suolo patrio…il pezzo allude a questo" ci dice Raiz parlando di ‘Not in My Name', il nuovo singolo degli Almamegretta, uscito a giugno e di cui Fanpage.it vi mostra in anteprima il video. Il pezzo farà parte – benché il cantante non sappia ancora se in questa forma o rimodellata – del prossimo album della band che uscirà il prossimo anno e seguirà il fortunato ‘Controra' che li portò sul palco del Festival di Sanremo (‘un grande baraccone lontano però mille miglia dalla nostra realtà fatta di concerti pieni di gente in carne ed ossa').

L'album "racconterà storie di tutti i giorni, ritratti di strada di Napoli e del mondo, vissuto personale. Credo che il napoletano e il dub torneranno in primo piano per tutto il disco" continua il cantante, che assieme alla band tutta ha fatto la Storia della musica italiana e ormai è metro di paragone per chiunque da Napoli ambisca a uscire dai confini regionali. Proprio a questo riguardo, nelle scorse settimane, in città si è scatenato un piccolo dibattito sulle nuove leve e immancabilmente è arrivato il paragone con la cosiddetta Triade formata da loro, appunto, dai 99 Posse e dai 24 Grana, che a metà degli anni '90 hanno segnato un punto importante per il ‘neapolitan sound' riportando la città nel gotha della musica italiana e internazionale. Mettendo da parte nostalgia e l'amato concetto di internazionalizzazione (più caro alla stampa che a lui, pare) Raiz ridimensiona quel concetto, puntando molto su quello che è avvenuto dopo di loro: "Dagli anni ’90 è successo molto e chi non lo vede ha problemi di vista oppure, essendo invecchiato, resta attaccato alle cose che ascoltava da giovane. È chiaro che noi come generazione abbiamo cambiato molte carte in tavola, abbiamo rotto un argine e spesso anche gli artisti molto giovani sembrano riferirsi al nostro sound, ma non è così", smitizzando quell'aura di ‘internazionalizzazione' che li ha portati a collaborare con band importanti come i Massive Attack.

Ci spieghi ‘Not in my name’ (anche il suo senso) e che ruolo gioca in quello che sarà il vostro prossimo album?

C’è sempre qualcuno che dice o peggio commette cose terribili e dice di farlo “anche per te", da chi taglia teste e violenta donne in nome di Dio a chi vorrebbe lasciare in mezzo al mare migliaia di poveracci perché non “inquinino” il suolo patrio…il pezzo allude a questo; è un singolo e non sappiamo al momento se sarà incluso in questa forma nell’album o in altra veste.

Puoi darci qualche anticipazione su quello che sarà? Immagino che ci sarà qualche collaborazione…

Contiamo sulla collaborazione del nostro primo produttore inglese Adrian Sherwood e sarà probabilmente un disco che fa riferimento al sound originale degli Alma con tutti gli update del caso.

Cosa cambia rispetto a Controra?

Dopo il tour dedicato al ventesimo compleanno di “Sanacore”, il disco che forse ci ha dato più soddisfazioni sentiamo il bisogno di fare un disco meno “strutturato” e quindi più libero nelle scelte. Racconterà storie di tutti i giorni, ritratti di strada di Napoli e del mondo, vissuto personale. Credo che il napoletano e il dub torneranno in primo piano per tutto il disco.

E invece per quanto riguarda il video?

Il video è molto semplice, quello forse a cui in maniera simbolica allude è la perdita di un senso dell’umano da recuperare.

Senti, cosa sono oggi gli Alma?

Un collettivo di battitori liberi che si ritrovano da vecchi amici a lavorare per il marchio che insieme hanno fondato.

Ultimamente sono usciti un paio di pezzi sulla scena (o chiamiamola come vogliamo) napoletana attuale, condite da discussioni sui social, in cui il rimpianto è sempre quello della metà anni ’90: della Triade, per intenderci. Che ne pensi di quello che succede oggi in città?

Dagli anni ’90 è successo molto e chi non lo vede ha problemi di vista oppure, essendo invecchiato, resta attaccato alle cose che ascoltava da giovane. È chiaro che noi come generazione abbiamo cambiato molte carte in tavola, abbiamo rotto un argine e spesso anche gli artisti molto giovani sembrano riferirsi al nostro sound, ma non è così. Tutti riconoscono e tributano il nostro operato ma molto altro è venuto fuori, dall’hiphop guidato dall’ondata Co' Sang, al talento di produttori come ad esempio D-Ross o alla club music di ottima fattura.

Quello che si imputa oggi è la mancanza di ricerca, la poca curiosità, l’accontentarsi di piccole conquiste, mentre voi ambivate all’internazionalità.

E oggi che significa ambire all’internazionalità? Continuare a guardarvi attorno? Dove è rivolto il vostro sguardo? All’internazionalità ambivamo ma solo in piccolissima parte è stata raggiunta e questo per la mancanza di visione e la completa incompetenza degli A&R delle etichette discografiche italiane, in specie le majors, con le quali abbiamo lavorato noi. Pur avendo l’appoggio e la collaborazione dei nomi più grossi della scena UK dei ‘90 (personalmente sono su dischi Massive Attack e Leftfield!) niente è successo e quando il nostro fenomeno si è inevitabilmente sgonfiato abbiamo dovuto rimboccarci le maniche e ripartire dalla gavetta. Il vantaggio dei giovani di oggi è quello della consapevolezza di dover fare tutto da soli, dalla produzione ai video alla gestione della promozione. Piano piano i conti cominceranno a tornare, anche all’estero, senza discografici intorno buoni solo a succhiarti il sangue e “mollarti” al primo calo fisiologico. Oggi noi, dopo aver regalato la nostra esperienza ai nostri “figli” impariamo da loro a muoverci da soli: guardiamo molto alla nostra città – grande capitale del mediterraneo – coscienti anche più di prima del fatto che non si può essere global senza essere local.

A distanza di due anni cosa ha dato Sanremo agli Alma?

Una settimana di divertimento in un grande baraccone lontano però mille miglia dalla nostra realtà fatta di concerti pieni di gente in carne ed ossa…e non di cifre di sharing auditel.

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