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Al Sanremo senza show e nomi forti non basta la musica discreta

Vince Arisa, un buon compromesso per accontentare giovani e meno giovani. Ma al Sanremo di quest’anno sono mancati i nomi e lo show. La musica, purtroppo, non sempre serve.
A cura di Francesco Raiola
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Chiunque avesse vinto tra i tre finalisti sarebbe stato un Premio che strizzava l'occhio a un pubblico giovane, così come lo è la scelta dei giornalisti di dare uno dei due Premi della critica ai Perturbazione. Ha avuto la meglio "Arisa" con "Controvento", cantante amata dai giovani, ma anche dai loro genitori. Ma il Sanremo di quest'anno l'occhio ai giovani l'ha strizzato a intermittenza, senza rischiare, pur senza rimanere in quella tradizione tanto criticata.

Diciamocelo chiaramente, quest'anno mancavano i nomi forti, quelli che portano pubblico, come si suol dire: non c'erano i Mengoni, né gli Elii né tantomeno i Modà che l'anno scorso si sono aggiudicati i tre gradini del podio, con due di questi che hanno dominato le classifiche annuali. Emma, Dalla e il redivivo Gigi D'Alessio nel 2012 sono nomi che, piacciano o meno, hanno un seguito mediatico importante. Quest'anno non c'è il nome trainante – con tutto il rispetto per i Ron e le Ruggiero, le Arisa e compagnia. Allo stesso modo il problema s'è riproposto con gli ospiti e/o super ospiti. Certo, c'era Ligabue che l'organizzazione ha fatto bissare in extremis, come in extremis è arrivato proprio Mengoni a omaggiare Endrigo. Wainwright è un bel nome, ma non proprio uno di quelli al centro dell'attenzione (à la Beyoncé, per fare un esempio), così come non lo è Damien Rice, il cui ultimo album è del 2006. Lo sono di più Nutini, anche se… e Stromae, il quale, comunque, è un nome abbastanza europeo. Non si discutono le loro enormi qualità (chi le metterebbe in dubbio), ma l'appeal che possono avere nel pubblico.

Durante la seconda serata, mentre sul palco da noi c'era Baglioni, ad esempio, sui social si scherzava proprio sul paragone coi Brit Awards che vedevamo alternarsi sul palco artisti come Beyoncé, Lorde e Disclosure, tra gli altri. La domanda è nata spontanea? Dov'erano i nomi di grido del panorama mondiale? Non ce n'erano in linea con questa edizione o forse a mancare erano i soldi? Se così fosse sarebbe interessante capire se valeva la pena penalizzare lo show e subire un'emorragia di ascolti. Sì, lo show, perché fingere che Sanremo sia o debba essere solo la gara canora è ormai anti storico. Non siamo più negli anni 50-60-70, quando la tv era quella e l'attenzione era tutta canalizzata là. Ben venga lo spettacolo a contorno delle esibizioni, ma che spettacolo sia. Insomma, con tutto l'affetto del mondo, veramente sentivamo ancora il bisogno, ad esempio, di ascoltare ancora una volta la storia di come le Kessler erano arrivate al ballo?

Non parliamo dei giovani, poi. Dopo averli recuperati in un orario decente per la serata in cui dovevano essere proclamati vincitori, gli organizzatori del Festival hanno deciso che quei ragazzi (chi più, chi meno giovane) potevano tornare a esibirsi abbondantemente dopo la mezzanotte quando le "Nuove proposte" hanno potuto ricominciare a suonare alcune delle migliori canzoni ascoltate sul palco dell'Ariston. In uno show in cui hanno dominato le Carrà, le Kessler, i Baglioni, gli Arbore e le Valeri (no, anche qua non si discute sul valore delle singole persone, ma di una visione complessiva) in cui gli ospiti musicali stranieri si sono esibiti poco prima dei "Giovani", in cui gli ascolti sono calati e non poco, si è deciso di dargli uno spazio che meritavano almeno per la loro sera. Gettare il bambino con l'acqua sporca, però, non è un errore da fare.

Quelli di Fazio sono stati dei Sanremo di buona musica, superiore alla media di tanti precedenti che, però, quest'anno ha peccato di qualcosa. E quel qualcosa ha dato una botta non indifferente agli ascolti.

A uno show non all'altezza delle aspettative, insomma, va dato il merito al Festival di aver cercato di mantenere un buon livello tra cantanti e autori. Un rischio anche questo, senza dubbio, che rientra però tra quelli che un festival musicale deve rischiare. Giovani interessanti, sia tra i Big che tra le "Nuove proposte": i Perturbazione, Sinigallia – il quale ha combinato il casino che tutti sappiamo -, Palma o Sir Bob Cornelius Bifo. Poi c'è Rubino, il quale si aggiudica Premi a ogni apparizione sanremese, Gualazzi – se togliamo il dato anagrafico -, il quale, infatti, aveva già partecipato nel 2011 e 2012. Ovviamente Arisa e Noemi, senza contare i ragazzi, soprattutto con i 4 finalisti (Rocco Hunt, Diodato, The Niro e Zibba a cui ci sentiamo di aggiungere Graziani)  che hanno dimostrato di poter reggere il palco senza problemi. Uno dei Sanremo più indipendenti di questi ultimi anni (tra gli autori dei brani abbiamo letto Cristina Donà, Diego Mancino e Simone Lenzi dei Virginiana Miller) non ha avuto il seguito che forse meritava.

Insomma, pare che questa sia la dimostrazione che senza i nomi di grido non è semplice mantenere l'attenzione – al netto della Champions League – nonostante la salvaguardia di una certa coerenza artistica. Domani vedremo quali saranno gli ascolti di quest'ultima serata in attesa di capire a chi toccherà l'incombenza di sostituire Fazio il prossimo anno.

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