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“Aiuti alla musica insufficienti, non ce la facciamo più, siamo disperati”

C’è poca tranquillità nella voce di Sergio Cerruti, Presidente dell’AFI (Associazione Fonografici Italiani) e Vicepresidente di Confindustria Cultura, mentre parla della situazione del settore musicale in questi mesi e soprattutto anche dopo gli ultimi decreti del Governo. Ci sono riforme da fare, soldi che non arrivano e una disattenzione al settore: “Non parlo di merito, ma di metodo”.
A cura di Francesco Raiola
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(foto di Lisa Maree Williams/Getty Images)
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C'è poca tranquillità nella voce di Sergio Cerruti, Presidente dell'AFI (Associazione Fonografici Italiani) e Vicepresidente di Confindustria Cultura, quando lo chiamiamo per capire qual è la situazione del settore musicale in questo momento. Colpito da mesi da regole stringenti per quanto riguarda i live e in difficoltà anche nel ramo discografico e fonografico, il settore è in ginocchio e praticamente si è fermato se lo paragoniamo all'anno scorso. L'intero settore ha perso tra il 93 e il 97% stando ai numeri di Assomusica e lo stesso Cerruti parla di misure non solo troppo deboli, ma anche di fondi che non sono ancora arrivati a destinazione: "Voglio che sia chiaro – sottolinea più volte – che il mio è un discorso di metodo, non di merito, non è un attacco alle persone e alle Istituzioni ma a al modo in cui sono state fatte le cose.

Cerruti, lei si è molto scaldato per quanto è avvenuto in questi mesi, che succede?

La disorganizzazione che c'è in questo momento è sintomatica della mancanza di controllo in un settore che anche se non è infrastrutturale dà da dare da mangiare a migliaia di persone. È bene specificare che la musica è lavoro, anche se so bene che l'infrastruttura del Paese è fatta di energia, sanità, etc, che ci sono dei settori prioritari di cui tutti hanno bisogno, però il diritto alla vita, al lavoro e la dignità sono per tutti. La mancanza di dignità uccide le persone, sembra che molti abbiano dimenticato che non essere considerati ti getta nello sconforto e questa è l'anticamera della depressione, ma anche della rabbia sociale. Al momento non ho sentito ancora nessuno andare in tv e chiedere scusa.

È anche vero che è una situazione complessa e inaspettata quella che ha colpito il mondo intero, no?

Lasciami, innanzitutto, specificare che il mio giudizio non è mai di merito, ma di metodo e che la giustizia sociale è un concetto bipartisan, quindi in questo momento non dovrebbe esserci divisione. Nei mesi scorsi ho espresso solidarietà istituzionale a tutte le cariche dello Stato e ho detto al Viceministro che non avrei mai voluto essere al suo posto: chi esercita un potere decisionale se ne prende di tutti i colori, perché come fa sbaglia, però anche la perseveranza con cui il nostro Ministero di riferimento annuncia misure che sono solo spot elettorali non mi sta bene.

In che senso?

Per quanto riguarda il settore musicale, che non è una dorsale fondamentale del Paese benché resta comunque un'industria che dà da mangiare a tante famiglie, abbiamo ricevuto una serie di aiuti totalmente insufficienti. Ti parlo del Decreto di agosto che è nulla se, per esempio, le confrontiamo con cifre stanziate da altri Paesi – penso alla Francia o all'Inghilterra – perché l'annuncio di un miliardo e qualcosa mette insieme cose completamente diverse tra loro, dagli stabilimenti balneari alle fondazioni sinfoniche. La Francia ha stanziato e l'Inghilterra hanno stanziato miliardi e hanno messo i soldi direttamente sui conti dei teatri, non hanno annunciato in tv qualcosa che non accade.

Mi faccia un esempio pratico.

Perfetto: il decreto di agosto è stato lanciato dal MIBACT nell'ultima settimana di agosto, in classico stile italiano, in una finestra temporale di 14 giorni e prevedeva un fondo di 10 milioni di euro, con 5 milioni agli editori e 5 ai produttori, praticamente un insulto. Hanno fatto un decreto – in due lettere, A e B, dedicate a editori e produttori – che è inattuabile a causa di errori di stesura, noi abbiamo segnalato tutto al Ministero che dal canto suo ci ha dato rassicurazioni sui soldi, spiegandoci che sarebbero dovuti arrivare entro il 9 ottobre. Che giorno è oggi? I soldi non solo non sono arrivati, ma le pratiche sono tutte ferme al Ministero. Questo Paese morirà di inefficienza e vecchiaia.

Sergio Cerruti
Sergio Cerruti

Voi avete fatto richiesta anche come associazione?

Certo, al Ministero sono arrivate 405 richieste della lettera A, di cui AFI ne aveva 33, con 7 respinte e 25 in attesa. E dovevano essere erogate a inizio ottobre. La lettera B, invece, conta 108 richieste di cui 4 AFI, con 2 in attesa di pagamento e 2 respinte. Ma perdonatemi, la somma di tutta l'industria degli editori e dei produttori sarebbero di 513 domande? Insomma, o siamo un'industria che non esiste o questo bando non l'ha visto nessuno. Forse questi 10 milioni dovevano andare a 10 persone? Torniamo a un problema che è strutturale, perché il MIBACT è un ministero che non è nato per gestire le esigenze degli imprenditori della cultura – e in quanto Vicepresidente di Confindustria Cultura so di che parlo – ma per la gestione del patrimonio.

Ma alla fine siete riusciti a parlare con Ministero esponendogli per bene tutti i problemi e le proposte?

Guarda, io non voglio fare polemica ma fare un'analisi tecnica: il 29 agosto ho segnalato l'inapplicabilità del decreto, hanno confuso mele con pere e tutti noi abbiamo dovuto fare lo slalom nell'assegnazione di questi codici ATECO. Ma come si possono assegnare fondi sulla base dei codici ATECO? Una serie di aziende sono state escluse perché la condizione primaria, che faceva da driver di tutta l'operazione era proprio questo codice…

Di cui, se non sbaglio, da mesi si chiede una riforma…

Certo e poi ci sono anche più codici: un'azienda che ha aperto 15 anni fa aveva assegnato un codice, ma se vedi le radici, ci sono più attività che possono essere richiamate da più codici e la discriminante è che se uno si è sbagliato, perché 15 anni fa c'era un'usanza e oggi un'altra, tu rimani escluso da un provvedimento dello Stato che non è in grado di capire quali possano essere i parametri per erogare dei soldi. Scrissi il 29 agosto segnalando la lista dei codici ATECO che erano rimasti esclusi, sono stato ricevuto dalla direzione del Mibact e mi hanno rassicurato che le domande sarebbero state comunque visionate e in avrebbero tenuto presente il problema, ma non ho mai avuto risposta.

E Franceschini?

Franceschini ha fatto un sacco di cose per il settore, non ultime le riforme strutturali sul recepimento della direttiva del copyright, ha fatto per le tariffe di copia privata, insomma per cose che comunque attendevamo da tempo ma che non c'entrano niente con la situazione pandemica del momento. Non è che potete spacciarci la legge sul copyright con un sistema di aiuti alle aziende. E sentire che va da Fazio a dire che ha dato un miliardo alla cultura, quando i dieci milioni di agosto non sono arrivati… Ma come si pagano le bollette?

Da oggi ai prossimi mesi quali passi bisognerà fare, quindi?

Penso che faremo la prima cosa normale a Natale 2021 e la prima vera nel 2022. Guarda, ti dico anche che sono arrivato a dire ai miei di fallire, perché questo sistema bisogna distruggerlo per poter rinascere. Al Viceministro ho detto che bisogna lanciare il Chapter 19 che  si rifà al Chapter 11 americano (norma della legge fallimentare statunitense, ndr), va riformata la fallimentare, gli imprenditori devono essere in posizione di portare i libri contabili in tribunale, di non far percepire il fallimento come la morte dell'imprenditore. Purtroppo siamo in un Paese in cui nessuno paga se sbaglia, bisogna fare degli esoneri: se Mourinho sbaglia lo si può cacciare pur restando un grande allenatore. Il decreto è degno di uno slalom di Alberto Tomba, pieno di paletti, quindi basta andare in televisione a promettere soldi che non arrivano, non ce la facciamo più, siamo disperati.

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