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Africa Unite: punto e a capo, con il nuovo album gratis

A quasi trentacinque anni dalla nascita, i portabandiera del reggae italiano (europeo?) hanno pubblicato il loro ennesimo lavoro di studio. L’hanno fatto in modo atipico, ma con la lucidità, la qualità e l’onestà intellettuale di sempre.
A cura di Federico Guglielmi
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C’è in giro un nuovo album degli Africa Unite, che in effetti non è esattamente “in giro”. Insomma, dipende dai punti di vista, da cosa si intende per album o disco in genere. Prima di approfondire la questione, però, è il caso di esternare sincera gioia per il ritorno in studio – cinque anni dopo “Rootz” – della band torinese, che gli esperti della materia reputano artefice del, più o meno, miglior reggae concepito fuori dalla Giamaica. Una delle solite iperboli? Beh, no. Lo dicono a chiare lettere una produzione quantitativamente e qualitativamente notevole, in ampia parte marchiata major e dunque tutt’altro che sommersa, e l’impegno costante e molto proficuo nel rileggere la musica in levare con un approccio rispettoso ma non rigoroso, evitando ricalchi “da cartolina” e mettendoci del proprio; valga come esempio, ma potrebbero essercene altri, la storica collaborazione con il quintetto di formazione classica Architorti (con due violini, viola, violoncello e contrabbasso), ora arricchitasi di un ulteriore capitolo. E che dire, rimanendo nel campo dell’innovazione e personalizzazione, della non facile scelta – dopo il primo, breve periodo all’insegna della lingua inglese – di scrivere e cantare in italiano, senza però mai tradire la visione del reggae come musica che è ribelle, spirituale e sentimentale assieme? In “Riflessioni”, un bel brano dell'ultimo lavoro, si parla nello specifico di questo aspetto, e il suo ascolto è dunque illuminante.

Conoscerlo, assieme agli altri dieci che compongono un album intitolato “Il punto di partenza”, è facilissimo e gratuito. Non in streaming, però. Collegandosi al loro sito ufficiale è infatti possibile scaricare l’intera scaletta, in formato MP3 o WAV, per eventualmente trasferirla su hard disk, chiavetta o CD-R e goderne dove si preferisce, senza sborsare un euro o centesimo né dover compilare alcunché. Negli ultimi anni il mondo musicale è cambiato radicalmente e gli Africa Unite hanno pensato di adattarvisi, regalando un disco autentico, professionale, inciso in modo impeccabile – ha prodotto lo stregone Madaski, che condivide la titolarità del progetto con il frontman Bunna – e baciato dall’ispirazione; oltre che da una “voglia” che ai ragazzi – ancora tali nello spirito, e l’anagrafe si fotta – non è mai mancata da quel 1981 in cui decisero di dedicarsi anima e corpo a una missione che aveva ottime probabilità di fallire. Missione che invece prosegue e lo fa alla grande, con buona pace di quanti considerassero l’offerta gratuita de “Il punto di partenza” come una resa e non come un’opportunità per continuare a diffondere su vasta scala il messaggio. Agli Africa Unite, naturalmente, preme mantenere il (folto) pubblico che hanno sempre avuto, e se elargire musica attraverso la Rete può servire ad attirare spettatori ai concerti, che per di più sono il veicolo più adatto a esaltare le loro caratteristiche, perché non farlo? Tanto, a questi livelli, i guadagni derivanti dalle vendite dei dischi sono ormai così risibili da poterci rinunciare senza rimpianti.

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Tutto buono e giusto, ma le minoranze andavano tutelate; nel caso specifico, quelli – non così pochi, in definitiva – che associano l’idea di “disco” a un oggetto piccolo o grande ma di forma rotonda. Per costoro, è stato approntato un CD con confezione digipak, che nelle due date inaugurali del tour tenute nella prima decade di maggio era compreso nel prezzo del biglietto e nelle successive – da giugno ce ne saranno tante, su e giù per la Penisola – costerà dieci euro. Magari più avanti si potrà acquistarlo presso il sito, ma a breve, al banchetto nonché nei negozi (distribuzione Goodfellas), sarà disponibile l’edizione in sacro vinile, che in qualche modo riporta all’inizio dell’avventura. Il “punto di partenza”, appunto. Confidando che quello di chiusura sia lontanissimo.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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