Zucchero, la vita in un doc: “Le cose belle sono capitate mentre ero depresso, ora va meglio”
Al Festival del Cinema di Roma è stato presentato "ZUCCHERO – Sugar Fornaciari” il documentario di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano – nelle sale il 23-24-25 ottobre – dedicato a uno degli artisti italiani più influenti di sempre, nonché uno dei più noti al mondo, colui che può vantare collaborazioni con artisti del calibro di Pavarotti, Bono, Sting, Eric Clapton, Paul Young, Brian May, Ray Charles, Miles Davis, Joe Cocker, Jeff Beck solo per citarne alcuni. Un racconto che prende in prestito le voci di alcuni di questi grandi artisti e soprattutto scava nella vita e negli archivi privati di Adelmo Fornaciari, diventato Zucchero grazie – o a causa – di una maestra del bluesman.
Ha accettato di parteciparvi chiedendo che non fosse un documentario celebrativo: "Sono nato a Roncocesi sul Po nella Bassa Padana, un paese alla Peppone e Don Camillo, il nostro lo chiamavamo Don Tagliatella, un posto con la coop comunista davanti la chiesa dove andavo a suonare l'organo in cambio di fare il chierichetto la domenica. Quelle sono le mie radici, a lì torno e quando per la prima volta sono andato a New Orleans e in Louisiana ho avuto un'attrazione magnetica, quei paesaggi sembravano quelli della mia terra" racconta all'Ansa.
E lo sradicamente da quella terra e dall'amata nonna, quella della canzone Diamante, è stato uno dei maggiori traumi della sua vita, a cui fa derivare anche la depressione che per anni l'ha accompagnato. Il messaggero riporta: "Io passavo le giornate con lei. Fu atroce. Forse è per questo che sono stato attratto sempre dal blues, la musica della malinconia. Nel mio caso, si è trasformata anche in depressione". Ma questa esplose soprattutto dopo la separazione dall'ex moglie Angela Figliè e lo accompagnò in uno dei momenti artisticamente più importanti della sua carriera, compresa l'ospitata al concerto di Wembley in memoria di Freddy Mercury, invitato da Brian May.
Zucchero ha raccontato: "I primi tempi sono stati molto duri. Tornavo a casa sconfitto. Le ho provate tutte fino a quando non è arrivato ‘Donne' che poi si e' classificato penultimo al Festival di Sanremo ma stato un successo. C'è stato talento ma anche una componente di fortuna: in un momento della mia vita, quando ero depresso, sono capitate le cose più incredibili – ricorda ancora – mi chiamò Sting e scrissi ‘Miserere': le cose belle sono capitate quando stavo male. Quindi ero tribolato, ma ora va meglio".
Dalla depressione ne uscì grazie a un bigliettino delle figlie, alla costruzione di un ranch di Pontremoli e soprattutto con gli antidepressivi. Uno degli artisti che gli ha cambiato la vita è stato sicuramente Luciano Pavarotti: "È stato un gigante che però non ha mai rinunciato alla briscola con i vecchi amici parlando in dialetto, è sempre rimasto quello che era prima di diventare un grande" dice e raccontando le sue tantissime collaborazioni racconta: "Tutte le mie collaborazioni artistiche sono nate con persone che io sentivo vere, star che erano rimaste genuine e solo con loro sono riuscito a lavorare, poi sul palco c'è intrattenimento, ognuno fa l'attore ma quando scrivi, quando provi senti che solo con persone rimaste autentiche lo puoi fare, perlomeno per me".
Che la sua dimensione preferita sia quella live non è un mistero e infatti nel 2024 tornerà con una serie di concerti negli stadi. Zuccherò, infatti, sarà protagonista con "Overdose D'Amore World Tour" il 27 giugno allo Stadio Dall'Ara di Bologna, il 30 giugno allo Stadio Franco Scoglio di Messina e il 4 luglio allo Stadio San Siro di Milano che seguono il tour da un milione di spettatori in tutto il mondo e i due concerti alla RCF Arena (Campovolo) di Reggio Emilia di fronte a 60 mila spettatori.