YouTube: stop alle label indie che non firmano i nuovi contratti. Parte lo scontro
È vero che YouTube è pronta a bloccare i video di tutte le etichette che non firmeranno il nuovo accordo per i contratti previsti per l'apertura del nuovo servizio in abbonamento che YouTube introdurrà a breve in aggiunta al sito come lo conosciamo? Pare proprio che sia così. Il problema, come ha detto Robert Kyncl, il capo dei contenuti e delle operazioni commerciali di YouTube, in un'ormai famosa intervista al Financial Times sono i nuovi termini contrattuali. Il giornalista Robert Crookson, autore dell'intervista, scrive che "la compagnia che fa capo a Google ‘a breve' comincerà a bloccare i video per assicurare che tutto il contenuto della nuova piattaforma sia regolata dai nuovi termini contrattuali", senza virgolettare le parole di Kyncl ma rendendo bene l'idea di quello che potrebbe essere lo scenario a breve termine. Il punto, infatti, è che per far partire i test finali e dare il via alle funzioni aggiuntive a pagamento che "vengono incontro alle richieste di un'esperienza diversa di fruizione della musica (come ad esempio l'assenza di pubblicità)", come fanno sapere da Google, c'è bisogno che normativamente tutto sia a posto e che tutti gli artisti e le label presenti sulla piattaforma abbiano dato il via libera ai nuovi accordi. Senza questo accordo, col rischio di ripercussioni legali, l'azienda è costretta ad agire in maniera unilaterale, bloccando tutti i canali che riguardano gli artisti e le label non in linea.
La dichiarazione di Google
Google ha dichiarato: "Il nostro obiettivo è continuare a fare di YouTube una fantastica esperienza musicale, sia come piattaforma globale per far interagire fan e artisti, sia come una fonte di guadagno per l'industria musicale. Stiamo aggiungendo delle funzioni basate sugli abbonamenti con questo in testa: portare ai nostri partner musicali nuovi guadagni dagli stream in aggiunta alle centinaia di milioni di dollari che YT già genera per loro ogni anno. Siamo contenti che centinaia di major e etichette indipendenti stiano già collaborando con noi", ma questo non è servito a placare gli animi e lo scontro, che dura ormai da un po', ha quasi raggiunto un punto di non ritorno.
L'accordo con le major
YouTube avrebbe comunque già firmato con le tre grandi label che rappresentano il 70/80% del mercato mondiale più altri attori come alcuni importanti aggregatori, dall'americana The Orchard/IODA, alla francese Believe, passando per Toolroom (Inghilterra), Kontor (Germania) e Made in Etaly (Italia), tra le altre. Con questa nuova mossa YouTube vuole confermare il suo ruolo di attore principe del mercato musicale mondiale, forte di un'esperienza e di una base utenti che nessuno può vantare. Proprio Denis Ladegaillerie, il direttore di Believe Digital ha dichiarato a Liberation: "Può essere che, come si faceva all'epoca dei Cd, le major abbiano negoziato un tasso maggiore [di remunerazione per stream], qualche punto al di sopra dei tassi accordati alle etichette più piccole, ma noi pensiamo che il tasso offerto da YouTube sui servizi di abbonamento siano simili" e continua spiegando che in base ad alcune ricerche svolte dall'azienda per capire quanto convenienti fossero i termini dell'accordo, anche in rapporto ai guadagni che i loro clienti avevano da altre piattaforme, hanno concluso che "i tassi erano equilibrati". Meno d'accordo Alison Wenham, CEO di WIN, che proprio ieri ha diramato un comunicato in cui ha dichiarato che "rifiutando di accordarsi con il settore indipendente YouTube sta facendo un grave errore. Abbiamo provato e continueremo ad aiutare YouTube a capire quanto la musica indipendente sia importante per ogni servizio di streaming. I Fan vogliono un servizio che offra il servizio più completo di musica, che è quello che compagnie come Spotify e Deezer fanno. Ci rendiamo conto che un piccolo numero di label indipendenti possano avere le proprie ragioni per accordarsi con YT (…) ma sono in minoranza. La gran parte delle etichette indipendenti del mondo sono deluse dalla mancanza di rispetto e di comprensione mostrato da YouTube. Ancora una volta sollecitiamo l'azienda a venire a parlare con noi".
Lo scontro sulle revenue e l'appello al Ministro dei Beni Culturali
Il punto di scontro, ovviamente, riguarda le revenue, ovvero i guadagni che la nuova piattaforma di YouTube assicurerebbe agli attori in gioco, che la WIN (Worldwide Independant Network), l'associazione che rappresenta molte etichette indipendenti mondiali – tra cui la Xl Recordings, la 4AD, la Rough Trade e la Domino che rappresentano artisti come Adele, i Radiohead, i The National, Jack White, Lana Del Rey e tanti altri – ritiene insufficienti, come sottolinea anche Giordano Sangiorgi, presidente dell'Audiocoop, la cooperativa che rappresenta alcune delle realtà italiane indipendenti più importanti e che sulla scia di quanto dichiara la casa madre americana definisce miserrime le proposte fatte da Google: "Questa è una presa di posizione che ritengo, oltre che economicamente, anche culturalmente grave, visto che rischia di cancellare le diversità per tendere verso un'omologazione al pop mainstream, come ha dichiarato anche il musicista di Billy Bragg" ha detto Sangiorgi, il quale ha spiegato che ha fatto presente la situazione al Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini il quale si è subito interessato all'argomento chiedendogli tutta la documentazione. È il Governo, continua il Presidente di Audiocoop, a dover fare un passo importante, come successo nel caso del ritiro dei contenuti Rai dalla piattaforma video. Intanto la diatriba è finita anche sulla scrivania del Commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia, portata dalla stessa WIN, da Fac (Featured Artists Coalition) e Impala, l'associazione europea che racchiude etichette e artisti indipendenti.
Negoziazione sì, negoziazione no
Google è forte, quindi, del 95% delle etichette che ha firmato l'accordo, come ha dichiarato, in attesa di capire come finiranno le negoziazioni con l'altro 5%. E questo delle negoziazioni è un altro punto caldo della discussione. Se da un lato le etichette indipendenti hanno da sempre dichiarato che l'azienda di Mountain Views ha agito in base a un "prendere o lasciare", Google invece continua a parlare di "negoziazione" e anzi, per quanto ha appreso Fanpage, queste continuerebbero anche in caso di un primo passo verso il blocco dei contenuti. Non sarebbe possibile fare altrimenti perché le nuove funzioni si sommerebbero alla piattaforma esistente e questo porta a cambiamenti che obbligano alla stipulazione di contratti diversi. Lo scenario si complica ancora di più se si tiene presente che molti artisti escono sotto label diverse a seconda dei paesi. Ci sarebbe il rischio, quindi, che in un paese un contenuto sarebbe legale e ascoltabile, mentre in un altro il blocco sarebbe attivo. Intanto Digital Music News riporta una lista – parziale – di una serie di artisti di cui sarebbero tolti i video, con le limitazioni di cui sopra.
E i contenuti degli utenti?
Insomma se da un lato la situazione del blocco dei canali ufficiali è chiara, dall'altro si pone il problema dei contenuti caricati dagli utenti. Se, infatti, YouTube renderebbe inaccessibili i contenuti caricati da artisti e label non firmatari, come si comporterebbe con quelli caricati dagli utenti? Si procederebbe come sempre: non è YouTube, infatti, a doversi caricare della responsabilità di rimozione, ma saranno le etichette stesse a dover fare richiesta. Insomma, si potrebbe arrivare al paradosso che non si trovino più i contenuti ufficiali, ma quelli ufficiosi sì, che però non sarebbero fonte di monetizzazione per gli artisti.
Nonostante le parole dure di Sangiorgi sul rischio del monopolio, che ricalcano quelle delle associazioni internazionali, il Direttore del MEI porge comunque la mano e invita i rappresentanti di YouTube e Google a un confronto pubblico: "Saremo ben lieti di invitarli a un incontro pubblico, casomai anche al Mei – che si terrà dal 26 al 28 settembre -, sperando, ovviamente, che non sia troppo tardi"