Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la letteratura e la cultura alternativa italiane conoscerà di sicuro i Wu Ming, collettivo bolognese prima di quattro, poi di cinque e quindi ancora di quattro membri che dal 2000 opera collegialmente e individualmente. E quanti seguono la musica italiana underground avranno certo presente la tendenza – Massimo Volume e Offlaga Disco Pax gli esponenti più noti – che prevede l’accostamento di testi declamati a un songwriting grossomodo vicino alla forma canzone. “Bioscop” del Wu Ming Contingent, pubblicato da Woodworm/Audioglobe in LP, CD e download lo scorso 18 aprile, è l’incontro fra questi due mondi tutt’altro che lontani, favorito dalle esperienze nell’ambito delle sette note di Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2) e Riccardo Pedrini (Wu Ming 5): un progetto avviato nel 2012 soprattutto per essere proposto sul palco con l’ausilio di immagini esplicative, che però ha un suo significato e un suo valore anche “cristallizzato” in un disco.
Nell’atipica band il microfono è affidato a Cattabriga, membro vent’anni fa di quei Frida Fenner che sonorizzarono un reading di Enrico Brizzi. Pedrini, un tempo con gli alfieri del punk/oi! nazionale Nabat, provvede alle chitarre. Yu Guerra e Cesare Ferioli, entrambi già negli X-Ray Men e poi tante cose di rilievo, si occupano rispettivamente del basso e della batteria, con l’ospite jazzista Guglielmo Pagnozzi a far volteggiare il suo caustico sax in tre brani e il produttore Andrea Marmorini a inserire il piano in un altro. Urgenza filo-punk e trame di scuola wave si sposano così in un sound compatto ed energico, dove la voce del frontman – dotata di un suo ruvido magnetismo – è costretta a “spingere”. Stilisticamente collocabile a mezza strada fra i vecchi Disciplinatha e gli emergenti Management del Dolore Post-Operatorio, il Wu Ming Contingent non difetta insomma di una sua urticante efficacia, smentendo l’idea – sulla carta, nient’affatto peregrina – del semplice divertissement e/o del passatempo da dopolavoro.
Credibilità e bontà della musica a parte, il cuore e l’anima di “Bioscop” sono comunque nelle parole, derivate dalla rubrica “Wu Ming Wood” apparsa sulla rivista “GQ” fra il 2010 e il 2012. Nei dieci testi, episodi della vita di personaggi (maschili) celebri fungono da base per trattare – fra le righe e non – temi più ampi, ovviamente connessi alla politica e alla società. La ricca e policroma galleria risulta assai stimolante: scorrono le storie di Ho Chi Minh, dell’attivista e giornalista Vittorio Arrigoni (featuring Steve Jobs), del misterioso John Frum, del discusso scrittore Peter Kolosimo, di Bradley Manning (il militare americano perseguitato per le sue scomode rivelazioni a Wikileaks), ma anche di sportivi fuori dalle righe come il pilota argentino Juan Manuel Fangio, il calciatore brasiliano Socrates, il velocista australiano Peter Norman. Uomini non omologati al pensiero comune, narrati con un linguaggio e un’esposizione fra rap e combat-rock, le cui vicende meritano di essere approfondite: impossibile che fra gli obiettivi del Wu Ming Contingent, al di là del desiderio di offrire un (colto) intrattenimento, non ci sia pure quello di stimolare in tal senso gli ascoltatori.