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“Trattati alla stregua di criminali”: Soviet Soviet incarcerati e respinti alla dogana Usa

I Soviet Soviet, band italiana che avrebbe dovuto esibirsi negli Usa, è stata rimandata in Italia – dopo una notte passata in cella – a causa della mancanza di alcuni documenti e dopo essere stati “trattati alla stregua di criminali”.
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I Soviet Soviet
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Brutta esperienza per i Soviet Soviet, band rock italiana che avrebbe dovuto suonare, tra le altre cose, al festival SXSW, che ogni anno ospita alcune band nostrane, e che, invece, è stata rinviata in Italia a causa della mancanza dei documenti giusti. A comunicare l'incidente è stata la stessa band con un lungo messaggio, in inglese e in italiano su Facebook, ripreso e rilanciato anche su molte testate internazionali, con alcuni che hanno legato l'evento alle misure restrittive di Trump che, in realtà, c'entrerebbero poco. Pur non dovendo ricevere alcun compenso, infatti, alcuni eventi a cui avrebbero dovuto partecipare erano a pagamento e, di conseguenza, le autorità americane prevedono un permesso di lavoro che la band non aveva.

I Soviet Soviet – formati da Alessandro Costantini alla chitarra, Alessandro Ferri alla batteria ed Andrea Giometti al basso e voce -, che avrebbero dovuto esibirsi in un mini tour in terra americana, hanno spiegato di essere stati interrogati separatamente, dopo aver presentato l’Esta (un sistema con cui si esaminano "i viaggiatori intenzionati a recarsi negli Stati Uniti prima di concedere loro l’autorizzazione a entrare nel paese"), della lettera dell'etichetta americana e l'invito del festival, prima di essere cacciati dichiarandoli "immigrati clandestini":

Siamo atterrati a Seattle il pomeriggio dell’8 Marzo. Ci siamo presentati ai controlli possaporti muniti dell’Esta, della lettera della nostre etichetta americana (con la quale il proprietario della label dichiarava che avremmo avuto una serie di concerti solo a scopo promozionale e non percependo pagamento) e l’invito scritto del SxSw di Austin. Il primo ad essere controllato e ad aver superato i controlli, è stato Ale (batterista) che ha spiegato al poliziotto la motivazione del viaggio promozionale. Ale (Chitarrista) e Andrea, con la stessa versione dei fatti, sono stati bloccati e portati all’ufficio controlli. Di conseguenza siamo stati tutti richiamati e sottoposti a tre interrogatori divisi in tre piccole stanze dell’ufficio. Abbiamo fatto in modo che gli agenti parlassero direttamente anche con il proprietario dell’etichetta americana senza ottenere alcun successo. Dopo quasi 4 ore di domande ci hanno letto il verdetto. Avevano deciso di rimandarci in Italia e di negarci l’entrata negli Stati Uniti. Ci hanno dichiarato immigrati clandestini anche se la nostra intenzione non era quella di trovare lavoro sul suolo americano nè tantomeno quello di non tornare in Italia.

I tre sono stati, quindi, arrestati e hanno trascorso la notte in cella "alla stregua di criminali" scrivono, prima di poter ripartire il giorno dopo e ricevere gli oggetti personali sequestrati il giorno prima:

Abbiamo accettato la decisione ormai presa, ci hanno preso le impronte digitali e fatto le foto per il fascicolo. Ci hanno sequestrato il cellulare e non ci hanno dato la possibilità di avvisare parenti e familiari. Verso le 22.30 si sono presentati due ufficiali carcerari che ci hanno perquisito, ammanettato e portato in carcere tramite camionetta. Abbiamo passato la notte in cella scortati come alla stregua di tre criminali. Il giorno seguente, dopo aver sbrigato la procedura del carcere (foto, dichiarazione di buona salute e firme), altri due agenti ci sono venuti a prelevare. Perquisizione, manette e camionetta. Ci hanno portato all’ufficio controlli del giorno precendente dove abbiamo atteso il nostro volo di ritorno che era verso le 13.00 ora locale. Solo in prossimità della partenza ci sono stati ridati i cellulari e le borse e siamo stati scortati fino all’entrata dell’aereo. Siamo stati sollevati di esser ripartiti e di esserci allontanati da quella situazione violenta, stressante ed umiliante.

Il problema si sarebbe posto quando gli agenti della dogana si sono resi conto che alcuni dei concerti erano a pagamento (benché la band non avrebbe ricevuto alcun budget):

Siamo partiti con tutti i documenti del caso, i passaporti e le varie dichiarazioni con le quali chiarivamo che il nostro tour era solo per promozione e non per guadagno. Sapevamo che se avessimo percepito un compenso avremmo dovuto fare il visto lavorativo. Non era questo il caso e le fonti che avevamo consultato ci avevano tranquillizzato al riguardo. Non avevamo nessun fee concordato e il concerto alla radio KEXP non era di certo a pagamento. Il punto è che gli agenti controllori, facendo un rapido check dei concerti, si erano accorti che l’entrata a due di essi era a pagamento e questo fatto bastava per obbligarci a presentarci con i visti da lavoratori invece che con gli Esta. Abbiamo accettato questa decisione anche se abbiamo provato in tutti i modi a spiegargli che la situazione economica concordata era diversa ma non c’è stato modo di convincerli. Da quel momento siamo diventati tre immigrati clandestini e siamo stati trattati come criminali. Questo è quello che è accaduto mercoledi e giovedi scorso. Ringraziamo tutte le persone che ci hanno supportato e aiutato in questi momenti, da Alessio Antoci, Owen Murphy a John Richards. Ci scusiamo con tutti i fan, i gestori dei locali, la radio KEXP e il festival SxSw. Ci scusiamo per il tour che abbiamo dovuto annullare e speriamo di tornare al più presto. Soviet soviet.

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