Totò Savio, anima degli Squallor e autore di grandi classici, da Maledetta Primavera a Cuore Matto
La storia della musica è fatta di grandi nomi e icone che hanno lasciato il segno, ma è fatta anche di figure meno note al grande pubblico che, pur non evocando nell'immediato una reazione eclatante alla pronuncia del loro nome, hanno partecipato attivamente a tessere quella storia e scrivere pagine importanti di questa arte.
I successi scritti da Totò Savio
Preambolo necessario per tracciare un breve profilo di un esempio lampante della tipologia di personaggio appena descritta: Totò Savio. Diminutivo di Gaetano Savio, a sua volta pseudonimo di Antonio Rosario (e già questo è significativo), Savio ha composto alcuni dei più grandi successi della storia della musica italiana, da Cuore Matto cantata da Little Tony a Maledetta Primavera, che Loretta Goggi portò a Sanremo, ma anche altri titoli memorabili come Vent'anni, Erba di casa mia e Se bruciasse la città che hanno portato Massimo Ranieri alla ribalta nazionale.
Difficile ridurre la storia professionale di Totò Savio a poche righe, considerando una vita passata nella musica, sul palco e dietro, nel ruolo di musicista, autore e produttore. Dagli inizi come chitarrista nel complesso di Marino Marini all'addio al gruppo per formarne uno suo, i The Shamrocks, Totò Savio scrive il suo primo successo a metà degli anni Sessanta, regalando a Little Tony quella Cuore Matto che lo renderà noto a tutto il pubblico italiano. In quello stesso decennio scrive per Caterina Valente, appunto Massimo Ranieri e i Camaleonti, vincendo anche Un Disco per l'Estate con Lady Barbara, incisa da Renato dei Profeti.
Il Giardino dei Semplici, Califano e Zarrillo
Dal 1975 al 1978 con Giancarlo Bigazzi, insieme al quale avrà un lungo sodalizio artistico produce il complesso pop-rock napoletano de Il Giardino dei Semplici, di cui insieme scrivono alcuni dei brani più famosi. Nel corso degli anni collaborerà a lungo con altri interpreti e autori noti della musica italiana, come Franco Califano e Michele Zarrillo, che Totò Savio battezza musicalmente scrivendo molti brani del suo album di esordio tra cui Una Rosa Blu, inizialmente non accolta con entusiasmo, ma poi diventata un grande classico della musica italiana.
Gli Squallor
Ma l'anima eclettica di Totò Savio si dimostra anche per la vena umoristica, che lo porta negli anni successivi a fondare, insieme a Daniele Pace, Giancarlo Bigazzi, Alfredo Cerruti ed Elio Gariboldi, la band degli Squallor, che con i loro successi politicamente scorretti e volgari, diventano un punto di riferimento della musica cosiddetta "demenziale", finendo per essere fonte di ispirazione di molte realtà musicale nate nei decenni successivi.
Gli ultimi anni e la malattia
Squallor con i quali continua a collaborare come musicista anche negli ultimi, difficili anni di vita, quando un tumore alla gola diagnosticato a inizi anni Novanta gli impedisce a tutti gli effetti di poter ancora cantare. La parte finale della sua vita Savio li trascorre tra malattie e ospedali, a causa di una cirrosi epatica che complica ancora di più le sue condizioni di salute, che lo porteranno a morire nel 2004.