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Tornano i Lacuna Coil: “Se Maria De Filippi facesse uno show sul metal, la mentalità cambierebbe”

A più di vent’anni dall’esordio, i Lacuna Coil, band che ruota intorno alle voci di Cristina Scabbia e Andrea Ferro, al basso e alla produzione del loro deus ex machina Marco Coti Zelati, torna con “Black Anima”, nono lavoro del gruppo metal italiano più famoso al mondo: “Quest’album è una cattedrale con dentro un’astronave”.
A cura di Redazione Music
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“Cosa ne rimane della mia Anima Nera?” è il mantra sussurrato da Cristina Scabbia nell’apertura del nuovo disco dei Lacuna Coil, nono lavoro del gruppo metal italiano più famoso al mondo. Si potrebbe rispondere che è rimasto tutto della foga dei primi giorni, quando un demo su cassetta fu spedito alla Century Media Records e la saga dei Lacuna Coil, allora chiamati Ethereal, ebbe inizio. A più di vent’anni dall’esordio, il gruppo che ruota intorno alle voci di Cristina Scabbia e Andrea Ferro, al basso e alla produzione del loro deus ex machina Marco Coti Zelati, torna con “Black Anima”, descritto, attraverso le parole di un loro ex collaboratore, come “una cattedrale con dentro un’astronave”, come a dire l’incrocio tra solidità e sguardo al futuro. Incontriamo Andrea Ferro e Cristina Scabbia nella redazione di Fanpage.it a Milano.

Da cosa siete partiti per scrivere questo disco?

(C) Andrea stava leggendo un libro, “The physics of angels” di Matthew Fox e Rupert Sheldrake [conversazione fra un teologo e un biologo sulla figura dell’angelo]. Abbiamo iniziato a concentrarci sul songwriting a fine gennaio, volevamo partire un po’ prima, ma gli impegni non ce l’hanno permesso e Marco ha avuto un piccolo blocco creativo. Ci siamo incontrati tutti per visualizzare quello che volevamo fare, portando diversi spunti, come foto, ritagli di giornali. Siamo partiti da quel libro e abbiamo pensato alla figura degli angeli. Abbiamo riflettuto sul fatto che molte persone hanno bisogno di appoggiarsi a una figura protettrice.

Anche voi avete le vostre figure protettrici?

(A) Penso ai nonni, ma più che altro è un modo per sentire le energie delle persone che non ci sono più ancora con noi. Abbiamo creato delle carte di tarocchi [disponibili in una versione speciale del disco, ndr], c’è una carta per ogni canzone, per parlare con questi spiriti.

Come suona il disco?

(C) Un ex collaboratore, della Century Media Records, che aveva ascoltato i demo delle canzoni, ha definito “Black Anima” come “una cattedrale con dentro un’astronave”. Mi è piaciuta questa definizione, il nostro stile è molto definito e al tempo stesso la musica va avanti. Se prendiamo “Layers of time”, la prima canzone uscita, ha tutte le caratteristiche dei Lacuna Coil, atmosfera più aggressiva unita a una musicalità epica e melodica, un perfetto compromesso per far capire e introdurre “Black Anima”. Altre canzone avranno bisogno di più ascolti, è il bello di questo disco, le canzoni sono diverse l’una dall’altra, alla fine di viaggio si tirerà un bel sospiro di sollievo, ci sono momenti un cui si piange.

(A) Il disco è stato concepito un po’ alla vecchia, con un intro, un outro alla fine, volevamo trascinare l’ascoltatore dentro.

Come si inserisce il vostro lavoro di voci e testi sulle canzoni?

(C) Lavoriamo separatamente, ognuno di noi sviluppa delle linee vocali e poi ci ritroviamo. Da lì le canzoni cambiano molto perché c’è un grosso lavoro insieme.

(A) C’è uno scambio continuo tra noi tre. Preferiamo ascoltare il suono delle parole, alle volte avevamo dei testi molto belli ma li abbiamo lasciati da parte perché non riuscivamo a inserirli musicalmente nella canzone. Vogliamo avere anche un bel suono delle parole.

Intanto sono passati più di vent’anni dall’esordio…

(C) Ci siamo resi conto che sono passati più di vent’anni quando ci siamo fermati per questo show speciale a Londra, lì abbiamo preso consapevolezza, non c’eravamo mai concentrati su questa cosa. La sequenza di album, tour, album, tour ci impediva di guardare all’indietro e il festeggiamento è stato chiudere un libro che raccoglie tutto questo e iniziare un nuovo libro. È stata la prima volta che abbiamo guardato indietro, anche a tutte le canzoni che avevamo scritto, per selezionare quelle per il concerto. È stato un tuffo nel passato, rivedere le foto scattate vent’anni fa, le foto sviluppate, in un’epoca senza Instragram, senza i social.

E come si dura per più di vent’anni? È più difficile fare musica oggi?

(C) A livello di musica non credo sia più dura. Noi sappiamo chi siamo, sappiamo i nostri limiti di confine e in termini di musica. Ovviamente con le nuove tecnologie possiamo farci conoscere da più persone, però è tutto molto più veloce, le persone sono abituate a un cambio velocissimo.

(A) Non è cambiata la qualità delle band. Ne escono di più, ma quelle valide sono sempre dieci. La qualità ha bisogno di tempo ed esperienza.

(C) Abbiamo avuto la fortuna di crescere, e le idee chiare. Abbiamo registrato un demo su cassetta, ma fatto in maniera professionale, presentato con la nostra immagine e siamo stati il primo gruppo che la Century Media Records ha firmato fuori dai suo giro di amici.

(A) E siamo stati la cosa giusta al momento giusto: siamo arrivati oscuri e gotici in un momento in cui andava molto lo speed metal e forse c’era voglia di cambiare.

In questi anni, in Italia, il panorama degli ascolti è cambiato in maniera radicale. Il rap e l’hip hop sono passati da sottocultura a mainstream. Magari può succedere anche al metal…

(C) Quando avevo 18-19 anni, al liceo, avevo conosciuto la cultura rap grazie a mio fratello più grande. Mi ricordo che venivo presa in giro dai miei compagni quando parlavo dei miei ascolti, oggi sono tutti fan, anche perché i media hanno presentato in un certo modo quella cultura, che l’ha fatta accettare a tutti. Se venisse fuori una Maria De Filippi che fa uno show dedicato al metal, secondo me la mentalità delle persone cambierebbe. L’ho visto l’hanno scorso a The voice of Italy: il fatto di portare un po’ di metal ha avvicinato ai nostri concerti un pubblico che non sarebbe mai venuto prima, signore che si fanno le foto e con le mani fanno il gesto delle corna. Forse è una cultura da proporre nel modo giusto.

(A) I social hanno dato questa amplificazione al rap, le stories provocatorie hanno portato molta attenzione ai giovani. All’inizio anche con un po’ del fenomeno da baraccone di alcuni personaggi, poi da lì si sono sviluppate anche cose di qualità.

Dopo The Voice of Italy magari qualcuno aveva paura che prendeste una deriva più radio friendly e pop.

(C) Stiamo andando al contrario rispetto ai trend, mi avevano proposto un disco solista per spingere, dopo The voice, mi sono rifiutata, perché quello che voglio dire lo dico con i Lacuna Coil. Siamo più imbastarditi con questo disco, non sento nessun bisogno di fare qualcosa fuori. Abbiamo ancora un sacco di idee, di piani, di progetti, scrivere una colonna sonora per un film o un videogioco, fare qualcosa di specifico, non una canzone singola.

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