Torna Colapesce e dà fuoco ai “Maledetti italiani”: dalla D’Urso a Benigni
Dire che lo aspettavamo con ansia dal 2012 non è per nulla esagerato. Con "Un meraviglioso declino" – Targa Tenco come miglior album d'esordio -, infatti, Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo (già Albanopower), aveva conquistato una bella fetta di pubblico con un album che pescava a piene mani nella tradizione cantutorale italiana, curando fino al minimo dettaglio i testi che parlavano, senza banalità, di amore ("Restiamo in casa", "Oasi", quello per il fratello in "Bogotà), mezzo spesso usato, però, per affrontare temi altri, come quando in "Zona Rossa" è la disillusione a nascondersi dietro il ritratto di una ragazza, la precarietà di "Quando tutto diventò blu" o i figli di papà ne "I barbari".
E sono proprio "I barbari" e "Zona rossa" le canzoni che forse maggiormente segnano un fil rouge con quello che è il primo singolo del suo nuovo album che uscirà nel 2015 e di cui non si hanno notizie, se non le voci che vogliono la collaborazione di Mario Conte, storico sodale di Meg e autore nel 2014 di "Overtone". Si chiama "Maledetti italiani" e nei giorni scorsi ne era stato svelato l'artwork che si rifà a una storica foto di Toto Cutugno – diventato meme sul web grazie a una pagina Facebook che la posta ogni giorno – il cui volto è cancellato da un quadrato bianco su cui è scritto il titolo. La canzone non si discosta musicalmente dal Colapesce che conosciamo, ma il messaggio e molto più diretto e sarà difficile cantarlo senza legarlo al video uscito contemporaneamente.
"La mafia è diventata pop, la musica fa vittime" canta Urciullo con sullo sfondo un bambino che staglia, traccia e fa a pezzi le immagini che rappresentano personaggi che in un modo o in un altro hanno segnato la Storia d'Italia. Una sorta di "Nuntereggae più" dal sapore malinconico – e già ce lo immaginiamo Colapesce invitato a discutere assieme a Barbara D'Urso con Maurizio Costanzo come moderatore. "I ‘Maledetti italiani' siamo noi, tutti, senza eccezione: avviluppati in un'identità nazionale che è tanto più forte quanto più è fragile il nostro sentirci comunità" recita il comunicato stampa che presenta il pezzo e il video che spiega come il pezzo sia un manifesto e un atto d'accusa al Paese e a chi, alla fine, ha contribuito a farlo diventare quello che è oggi, nessuno escluso, neanche Colapesce che pure finirà in fiamme. È Montanelli e, in particolare, la sua frase "Per l'Italia non vedo un futuro. Per gli italiani ne vedo uno brillante" a dare il la al video che vede protagonista Francesco Fallica, un bambino, “maledetto italiano di nuova generazione”, a cui è affidato il compito di fare piazza pulita di tutti i simboli che hanno costruito l'Italia, quelli positivi e quelli negativi: Berlinguer (con una falce in fronte) e Barbara D'Urso, Benigni e Camilleri, Garibaldi, Pertini, Alda Merini, Massimo Boldi, Briatore, Dolce e Gabbana, Alda Merini, Luigi Tenco, Muti, Giulio Cesare e lo stesso Colapesce, in un atto distruttivo che non salva nessuno. Colapesce pare dirci che non c'è salvezza, se non un fuoco rigenerativo dalle cui ceneri possano nascere altri italiani (lo stesso Fallica?): "Ma che bel bambino, insegnategli ad essere onesti che i furbi combinano solo casini".
Il linguaggio è sempre semplice, che non significa, fortunatamente banale e riprende quello che si diceva per "Un Meraviglioso declino"; una semplicità che si rispecchia in frasi come "Sono sempre l'ultimo a saper le cose. È scoppiata la crisi mondiale, io ero in cucina mangiavo una mela" (che mi ricorda un po' la caffettiera di "Restiamo in casa"). "È un paese che cambia, quello raccontato dal video e cantato da Colapesce, in modi inaspettati e suo malgrado: un paese che non ha più il volto che aveva cinquant'anni fa, talvolta nel bene, talvolta nel male" continua la nota che ci informa anche che il video è stato girato nello studio dell'artista Jacopo Leone dal collettivo catanese Ground's Oranges con la regia di Zavvo Nicolosi.