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Siren Festival, Pietro Fuccio: ‘Abbiamo ancora voglia di scommettere sugli artisti’

Il Siren Festival arriva alla terza edizione e porta a Vasto nomi come Editors, Notwist, Adam Green e Gold Panda più gli italianissimi Cani, Calcutta, Motta e Cosmo. Ecco cosa ci dice Pietro Fuccio, uno dei fondatori della rassegna, sulle novità di quest’anno.
A cura di Francesco Raiola
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E sono tre. Il Siren festival piano piano continua nella sua opera di portare un po' di nomi del panorama indipendente mondiale e italiano a Vasto, in Abruzzo, unendo la musica, appunto, e il mare per uno degli appuntamenti fissi dell'estate. Organizzato da Pietro Fuccio (DNA Concerti) e l'americano Louis Avrami, quest'anno il Siren porterà in provincia di Chieti gruppi come gli Editors, i Notwist (che rifaranno per intero il loro capolavoro Neon Golden), Adam Green, I Cani, Thurston Moore, Gold Panda e Calcutta, tra gli altri, con un free stage di italiani che in altre città farebbe festival a sé e su cui si esibiranno artisti come Motta, Cosmo, Yakamoto Kotzuga, Joan Thiele e altri. Abbiamo scambiato due chiacchiere con Fuccio per capire come sta crescendo il festival, parlare di alcune scelte artistiche e di come il Siren si intreccia col tessuto cittadino.

Ciao Pietro, siamo arrivati al terzo anno, insomma, cominciamo a fare sul serio. Quest’anno, tra l'altro, puntate su un nome grande e noto come quello degli Editors, forse con un pubblico più vasto di quello di James Blake e con nomi italiani che con il tour hanno dato molte soddisfazioni e su cui avevate scommesso anche come agenzia.

Spero che diventeremo un appuntamento fisso, ci proviamo, visto che il problema di molti festival italiani è che un anno ci sono e l'anno dopo non ci sono più. Devo dire che l'idea di fare Cani, Calcutta e altri Dna c'era da prima, poi abbiamo avuto la fortuna, come agenzia e come festival, che sono tutti esplosi e han fatto il botto con dischi clamorosi, la gente se n'è accorta e quindi ci si ritrova delle carte molto buone da giocare.

Una scommessa che parte dalla tua idea di puntare su cose che in prospettiva possano avere forza… e il Siren alla fine ne è un esempio.

Assolutamente sì, se l'altro anno abbiamo parlato del leit motiv, nato un po' per caso, che era la commistione tra elettronica e rock – un giorno sullo stesso palco c'erano Jon Hopkins e Verdena che poteva sembrare blasfemo come accostamento -, quest'anno siamo molto contenti di aver mischiato quella che a tutti gli effetti viene considerata una scena italiana nuova con i grandi nomi stranieri e mi sembra che le reazioni siano state meno di shock negativo di quanto ci si potesse aspettare. Abbiamo fiducia nel fatto che la gente si accorgerà che la condivisione dello stesso palco da parte di Notwist e Cani, ad esempio, ci può stare. L'altra cosa che mi piace dire, come conseguenza di quello che dicevi, è chiaramente che il lavoro del Siren e di DNA concerti sono legati indissolubilmente quindi ovviamente ci fa piacere se come agenzia abbiamo puntato per anni su artisti che piano piano sono cresciuti, anche il festival possa avvantaggiarsene e proseguire quest percorso.

A proposito di Notwist: avete una bella primizia, la band tedesca, infatti, rifarà Neon Golden. Una formula che pare non passare di moda in questi ultimi anni (tipo Brian Wilson al Primavera)?

Ti voglio dire la verità, è diventato un cliché anche tremendo, nel senso che è una cosa che è stata utilizzata talmente tanto che ogni volta che sento dire una cosa del genere mi dico ‘Dai!': era cominciata con una cosa che aveva la sua logica, ormai è una cosa che si è raschiato il fondo. Però ci siamo cascati anche noi in questa tentazione perché in realtà quando dici Notwist la gente continua a pensare a Neon Golden e poi non l'avevano mai fatto,  quindi abbiamo pensato: ‘Giochiamoci questa carta'.

In più loro hanno anche un bel seguito nel nostro Paese, o sbaglio?

Ho fatto tantissime date loro e la prima volta che li abbiamo organizzati fu nel 2000, prima di Neon Golden, pensammo che erano dei fuoriclasse e facemmo una quarantina di spettatori ed ero tristissimo, anche imbarazzato, perché in Germania erano abbastanza conosciuti. Poi uscì Neon Golden, che in Italia esplose, e negli anni il seguito è migliorato, anche grazie ad album altrettanto validi, e così il loro profilo è cresciuto, hanno un seguito che non è mai calato, c'è sempre gente che ha voglia di vederli e ci fa piacere, perché avevano tutte le carte in regola per essere il classico gruppo che piaceva a 20 persone che hanno molto buon gusto e invece in contesti diversi abbiamo avuto riscontri crescenti.

E anche quest'anno preferite scommettere su nomi diversi che interagiscono e non per forza sul supernome tipo Radiohead…

Beh tu dici Radiohead che è molto al di là della nostra portata, ma in generale a me il supernome all'interno del Festival ha sempre fatto molta paura, devi avere le spalle veramente larghe per non essere mangiato. I festival devono fare molta attenzione, in base alle proprie forze, a non prendere un nome che sia tanto più grosso, perché nel momento in cui il Siren diventa il Festival in cui suonano gli Editors o la data degli Editors, finisce tutto e questo vale per festival di qualsiasi dimensione. Ci piace che gli Editors siano un nome che dà visibilità al festival ma senza portargli via niente di più di quello che gli debba portare.

Poi ci sarà l’esibizione di Josh T Pearson in una location particolare, la Chiesa San Giuseppe, che è ormai un appuntamento fisso.

Organizzare un festival a Vasto non è semplicissimo per vari motivi, però per contro ci sono alcune cose che puoi fare solo lì e nel momento in cui hai l'occasione di avere a disposizione una Chiesa ovvio che la sfrutti, anche perché di concerti in Chiesa se ne vedono ma restano comunque una rarità.

Quest'anno, poi, avete puntato ancora di più sul free stage dove saliranno nomi che hanno un bel seguito, come Motta e Cosmo.

È una cosa che abbiamo fatto dal primo anno perché ci piaceva poter entrare in una città che tra l'altro conoscevamo e conosciamo ancora poco e fare qualcosa che fosse aperto alla cittadinanza, ai turisti storici di Vasto. Essere lì e mettere un passaggio a livello monetario per entrare e basta ci sembrava un po' estremo, perché magari c'è gente che vuole sapere cosa è il festival e non è disposta a pagare 60 euro, cosa che mi sembra legittima. Quest'anno lo abbiamo implementato perché ci siamo detti ‘Va bene gli emergenti ma proviamo a prendere qualcosa che abbia già un seguito e fare una cosa quasi a sé stante, una parte legata e allo stesso tempo slegata dal Siren'.

Ne parlammo l’anno scorso e mi dicesti che forse era stato il problema maggiore rispetto al coinvolgimento della città, nella prima edizione… Ci sono stati passi avanti?

Direi di no, continuiamo ad avere le stesse difficoltà del primo anno, paradossalmente moltiplicate dal relativo successo del festival che un po' dà fastidio a non ci sta dentro, che, però, non c'è perché non c'è voluto stare. Noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio ed essere disponibili nei confronti di tutti, c'è gente che ci ha chiuso le porte in faccia per principio, altri che ci ha detto ‘Collaboriamo' poi ci ha dato delle fregature: credo che alcuni di questi si siano resi conto di aver sottovalutato un po' di cose e non mi va di fare il secondo passo nella direzione della persona verso cui ne avevo già fatto uno. Detto ciò, però, non voglio neanche generalizzare perché la città è ospitale nei confronti del festival altrimenti non l'avremmo fatto per due anni e non saremo sul punto di fare la terza. Spero, inoltre, che anche noi riusciremo a muoverci meglio e smussare un po' di angoli, siamo consapevoli che arriviamo da fuori, non siamo del posto, ci siamo io che sono catanese e vivo a Roma, l'altro che vene dagli Usa, ed è chiaro che l'impressione di muoverci come elefanti in una cristalleria ce l'abbiamo, quindi, come dire, dobbiamo imparare a muoverci un po' meglio.

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