Sergio Cerruti: “Con Vessicchio abbiamo battuto la Rai sui diritti e aperto una strada rivoluzionaria”
Qual è lo stato della musica italiana, oggi? Abbiamo chiesto a Sergio Cerruti, presidente dellʼAssociazione Fonografici Italiani, che è stato anche uno degli artefici della vittoria del maestro Beppe Vessicchio nella causa contro la Rai sui diritti connessi, ovvero quelli relativi alle registrazioni discografiche delle musiche composte da lui e utilizzate nel programma "La Prova del Cuoco". Con Cerruti abbiamo parlato dello Stato dell'industria, della Rai, del peso della musica italiana all'estero.
Lei ha visto le evoluzioni maggiori della musica, qual è la salute dell’industria discografica italiana? Quali i pregi e quali i difetti?
Ho avuto il privilegio di vivere la musica da tutti i punti di vista, da quelli più artistici a quelli più tecnici e manageriali e sono felice di essere ancora qui a godermi lo spettacolo con numeri di un mercato a valore lanciato fino al 2030 con incrementi costante a doppia cifra. Un riscatto che dalla crisi del 2000 ha anche aperto le porte a innumerevoli nuove figure professionali dando valore diretto, indiretto e indotto ai territori e all’economia del Paese. La musica italiana è sana come un pesce. La sua strutturazione organizzativa invece un po’ meno, troppo frammentati i soggetti regolatori e quelli di rappresentanza con l’evidente risultato che il legislatore fa ancora più fatica a capire cosa fare e come.
Qual è il ruolo dell’AFI, oggi?
Direi garante di quella storia e di quei valori che sono le fondamenta del settore industriale musicale italiano degli ultimi 75 anni – che festeggiamo nel 2023 – e che sintetizzerei così: per Primi da sempre. La causa Vessicchio per la sua delicatezza e difficoltà ha confermato questo ruolo di AFI mentre altri facevano strategie diverse legate a opportunità che poco hanno a che fare con i diritti e la musica al di là dei proclami e delle sfilate dei numeri.
Cerruti, nelle ultime settimane Vessicchio ha vinto una causa con la Rai e anche lei ha avuto una parte in questa disputa, ce la spiega?
Ho iniziato a fine 2019 un approfondimento per conto di 2 associati AFI in merito a fattispecie similari a quelle della causa del Maestro Vessicchio, una di queste riguardava proprio ʼLa prova del cuocoʼ, ma per anni diversi. Approfondimento dal quale è emerso uno scenario sconcertante fatto di omissioni più o meno consapevoli e di un vero e proprio sistema di “gestione” dei diritti interni alla Rai che aveva creato a sua volta una sorta di “mercato”. Tra le evidenze documentali emerse c’erano anche quelle riguardanti Vessicchio e non ho potuto fare altro che unirmi a lui in una battaglia di cui avevo riconosciuto e ricostruito i contorni attivandomi anche per coinvolgere tutti i miei colleghi delle altre collecting che in gran parte hanno risposto all’appello. In qualche intervista il Maestro mi ha definito indomito: un aggettivo così carico di significato che mi ha creato quasi imbarazzo e contestualmente inorgoglito specialmente dopo i lunghi sacrifici fatti per nuotare contro corrente in una vicenda come quella della Rai che ha dei contorni tutt’altro che semplici. Nei giorni scorsi è apparsa una ricostruzione lucida ed equilibrata da parte di una personalità, quella del Maestro Vessicchio, che negli anni ha dimostrato la sua professionalità artistica e umana nel gestire una situazione così controversa e delicata anche dal punto di vista lavorativo, dal momento che la Rai è la stessa azienda che ha contribuito a costruire il suo successo. Il Maestro è riuscito a fare da apripista a questa rivoluzionaria missione, facendosi rappresentante di quei tanti come lui che per anni hanno temuto di ricevere lo stesso trattamento se avessero richiesto quanto loro dovuto.
Perché questa sentenza secondo lei è importante?
Perché per una volta – e non sono tante – le cose sono andate come dovevano andare sancendo che il diritto non è né dimensionale né comprimibile. La Rai non ha ragione a prescindere solo perché è grande e si può permettere di appostare in bilancio 68 milioni di euro di spese legali. Le norme sull’argomento erano e sono chiare a prescindere dall’interpretazione che gli si vuole dare. La strategia di viale Mazzini è soffocare chiunque tenti una minima reazione consacrando il colpevole senza processo all’oblio come per Vessicchio e per tanti altri. Andrebbe costituzionalmente garantito anche solo attraverso il contratto di servizio l’immunità di chi cerca di far emerge o denunci fatti inibendo l’azienda da qualsiasi azione che preceda le decisioni dei tribunali.
Quali sono altre battaglie che secondo lei servono per far fare un passo avanti alla musica in questi anni?
La musica da qualche anno è in una fase di grande mutamento sia dal punto di vista economico che della reputazione sociale, un po’ come dire che stiamo passando anche noi dall’essere cuoco alla qualifica di chef. Sempre ai fornelli, ma con una consapevolezza generale diversa sulle potenzialità dell’industria da cui derivano anche tutte le criticità strutturali, cominciando dalle divisioni interne per arrivare ad alcune norme scritte decine di anni fa che cominciano a scricchiolare sotto il peso del presente, ma soprattutto del futuro.
Si è molto parlato di stadi, biglietti, sold out e liste d’attesa, cosa ne pensa di quello che sta succedendo?
Come dicevo la musica sta evolvendo velocemente mettendo a segno risultati economici molto significativi che lasciano ahimé spazio alla natura speculativa dell’uomo e ai fenomeni distorsivi che ne conseguono. Tradotto: non sono né stupito né allarmato, fa notizia rimanere fuori dal concerto dei Coldplay o fare la lotteria per quello di Taylor Swift, ma equivale al caro scontrino e ai prezzi della benzina in autostrada, ora siamo nel dibattito economico nazionale e prima no, quindi direi bene!
Poi, come per tutte le cose, rimando alla gestione dei processi la risoluzione dei singoli problemi, magari con tutti gli attori coinvolti, magari in un una direzione generale musica – che non c’è -, magari con le autorità vigilanti che prevengono e non sanzionano… magari insomma.
Planet Funk, Claudio Coccoluto, lei ha collaborato con personaggi che hanno scritto pagine importanti della musica italiana. Che ricordi ha?
Il 17 agosto sarebbe stato il compleanno di Claudio, con cui ho condiviso l’inizio della mia carriera e purtroppo pianto la sua scomparsa dopo più di vent’anni di lavoro insieme. Identità multiple, artisti poliedrici geniali e sregolati con cui ho avuto e ho l’onore di condividere musica, passione ed idee. Con i Planet Funk ho appena concluso un nuovo album di inediti in uscita a gennaio 2024 dal titolo ʼFamily Reunionʼ una produzione ambiziosa che racchiude tutta la qualità del made in Italy internazionale.
Tra l’altro sono artisti che hanno avuto un impatto importante all’estero. Crede che ci siano i margini per ampliare l’immagine italiana in un mercato più ampio?
Certo. L’eccellenza del made in Italy all’estero non è in discussione e non è tanto legata alla qualità di cui per fortuna possiamo sempre fregiarci. Bisognerebbe pensare alla capacità di gestire la nostra internazionalizzazione secondo i dettami dei marcati di riferimento e non secondo l’autoreferenzialità nostrana. Tradotto: possiamo e dobbiamo crescere e con la mentalità giusta si può, ci spetta.