Renzo Rubino: “Suono con la banda del Paese contro l’obbligo del sold out'”
Renzo Rubino ha pubblicato il nuovo singolo La Madonna della Ninna nanna, una canzone che dà il via al suo nuovo progetto bandistico, che caratterizzerà il prossimo album. Autore di un pop raffinato, ma senza mai perdere d'occhio le melodie e la possibilità di arrivare a quante più persone possibili, il cantautore pugliese, nel frattempo, ha anche fondato uno dei festival che in pochi anni è diventato un punto fisso delle estati musicali italiane: Porto Rubino. E quest'anno tornerà anche con Porto il Natale, ovvero una serie di house concert che farà a casa di chi vorrà averlo, in attesa di uscire con il nuovo album nel 2024, dove suonerà con una vera e propria banda di paese, come ha fatto vedere in anteprima nei mesi scorsi, con una serie di cocnerti nati per prova e diventati un vero e proprio tour nelle piazze.
Come nasce e che direzione dà quello che stai facendo?
La Madonna della Ninna nanna è la prima canzone che lancerà un progetto più ampio di cui mi sto occupando da qualche mese. È un progetto bandistico, in cui ho rivoluzionato tutto, suono con la banda del Paese, scrivo musica per banda perché, ancora di più, avevo voglia di sincerità in musica e i bandisti sono particolari per questo: sono dei musicisti non sempre professionisti, tanti hanno altri lavori, vivono il processo musicale come un hobby, un divertimento e io volevo ficcarmi in questa cosa qui, vivere la musica con divertimento. Ho scritto canzoni per banda divertendomi, e la Madonna della Ninna Nanna è una canzone sulla libertà di esprimersi o di essere accettati per quello che si è, c'è questa invocazione a una Madonna che non esiste in cui si chiede: aiutami a farmi accettare per quello che sono, ed è una sorta di danza molto ritmata, divertente, con ottoni, bassotuba.
Che ti indirizza definitivamente verso quel tipo di suono, quindi.
Sì, quando fai una cosa così è super caratterizzante, ma era un po' che volevo fare questo tipo di lavoro, perché la banda è una tradizione del paese, dei paesi, una cosa tradizionale italiana. Volevo fare un disco della tradizione a modo mio e da un po' ascoltavo questo tipo di canzoni, penso al mariachi, così mi sono detto che avrei voluto fare anche io una cosa del genere con i fiati, ma non dritti, storti.
Non mi vengono in mente molti progetti simili, penso alla Banda della Posta di Vinicio Capossela che, però, è ben diverso, come progetto…
Quello di Vinicio era un po' diversa, però lui è un artista che lavora da sempre e scava sempre nella tradizione e lì ha trovato la sua cifra.
Porto Rubino in questo è stato segnante, mi pare, sei tornato anche lì alle radici e alla Puglia.
Sì, anche se non voglio sempre fare il campanilista, stare sui luoghi comuni, però la mia terra mi dà da vivere, e bene: io vivo in Puglia, mi sveglio e vivo la bellezza di questo luogo, delle persone e delle facce che vedo tutti i giorni e mi fanno appartenere a qualcosa, so dov'è casa e devo tanto alla mia terra, per questo mi piace raccontarla e fare in modo che vengano fuori cose belle della mia terra nelle cose che faccio.
E la tua terra è anche nel video.
È un video in cui non ci sono professionisti, il protagonista del video è il mio avvocato, Ottavio. Avevo bisogno anche lì di sincerità, perché se sei autentico puoi fare qualsiasi cosa, e questa autenticità l'ho messa nel video, fatto a casa mia, a Martina Franca. Forse un giorno farò qualcosa di diverso, ma adesso questo è il mio mood.
Ti sei anche vestito da prete e hai dato la comunione.
Pensa quanto mi vogliono bene, Don Martino mi ha dato anche la possibilità di usare la sua chiesetta per fare le riprese. Mi ha anche fatto vestire da prete, spero di non essere stato eccessivamente blasfemo.
Che album sarà?
Sarà un lavoro passionale, in cui si vivranno dei picchi emotivi ma sempre con festa. Da noi la banda veniva utilizzata per le marce funebri ed era una richiesta della famiglia o del morto perché immaginavano una festa anche nel dover oltrepassare questa vita terrena. Nel mio disco succede esattamente questo, si attraversano le varie caratteristiche emotive come può essere l'amore – su cui è basato – però lo si fa divertendosi, con passione, festa, danze, struggimento.
E il live avrà la stessa energia, immagino.
Il live è pazzesco, questo te lo posso assicurare. Mettere insieme la banda per fare un tour è complicato: loro hanno delle priorità, non gliene frega nulla di chi sono o non sono io, se c'è la festa della Santa X e hanno dato la parola di esserci, non vengono da me. Spesso quando dico che c'è un concerto mi rispondono che non possono venire perché, casomai, hanno una processione, quindi mi tocca trovare i sostituti, è una banda viva.
Tra l'altro il tour è già cominciato, no?
L'estate scorsa avevo deciso di fare poche date di prova, senza tirar fuori un programma vero e proprio, e alla fine abbiamo fatto una ventina di concerti, senza aver programmato un tour, e abbiamo suonato ovunque, dalle sagre alle feste di paese, che sono la dimensione giusta. E ancora adesso ce lo chiedono nonostante il disco non sia ancora fuori, ma il senso è andare ovunque.
Sei uno che a creato Porto Rubino e ne ha fatto un appuntamento fisso e atteso. In più ci hai aggiunto Porto il Natale, ovvero i vecchi house concert…
È una cosa già fatta prima di me, ma ho voluto estremizzare il concetto di concetto in salotto perché è un tour vero e proprio che si fa nel periodo natalizio, si inizia intorno al 20 dicembre e finisce il 6 gennaio, ma l'anno scorso è finito dopo il 20. Do la possibilità a chiunque di avermi a casa propria per un concerto natalizio.
Senza banda?
Senza banda, anche se quest'anno l'abbiamo organizzato in modo che ci sarà qualche bandista, qualche ospite, suonerò a casa di qualche artista, anche lì si sta trasformando, quindi sarà un vero e proprio tour a casa di chi vorrà ascoltarmi. Sento la necessità di essere vicino a chi ascolta le mie canzoni, di vederli, conoscerli, ci tengo molto.
Anche Porto Rubino nasce da un'esigenza simile, mi pare: penso alle persone sulla spiaggia…
Io non volevo fare un festival, non volevo che Porto Rubino lo diventasse, il festival nacque quando si parlava di porti chiusi. Il porto è un posto sicuro, per questo mi dissi: voglio vedere se la gente che vive il porto è chiusa o aperta, perché quello è un posto vivo, con bambini, pescatori, cantieri, è un luogo multirazziale. Ho preso la mia barca e sono andato, ho cominciato a infilarmi nei porticcioli e col tempo questa cosa è diventata un festival. Oggi le persone seguono Porto Rubino e anche gli artisti che hanno voglia di esserci, perché è un'esperienza anche per loro. Ed è bellissimo per chi assiste: non chiedo agli artisti di fare le proprie hit del momento, non devono fare promozione, ma soprattutto quelli che vengono a trovarci sono diversi tra loro, quindi non è manco un festival di genere, e nella stessa serata puoi avere Alan Sorrenti e Madame o Mahmood e Vinicio Capossela.
E alcuni jammano…
Esatto, come ha fatto Benjamin Clementine con Giuliano Sangiorgi e Diodato che fecero Caruso di Lucio Dalla. Porto Rubino è bello anche per questo e voglio che rimanga così, uno spazio libero, per gli artisti e per chi lo guarda.
E crescendo così tanto riesci a mantenere questa genuinità?
Fino a oggi ci siamo riusciti, merito anche degli artisti che sono venuti a trovarci. Io mi sento un po' il garante di questa cosa, e cerco di evitare tutta una serie di artisti che hanno pretese rispetto al festival.
A proposito di luoghi in cui si fanno musica e promozione: com'è cambiato Sanremo in questi anni, tu che l'hai vissuto più volte?
Io ho fatto il Sanremo del 2013, il primo, tra i Giovani, ed è stato stupendo, non lo voleva fare nessuno, tutti lo scansavano, invece guarda oggi cosa è diventato: uno spazio, l'unico vero spazio, di promozione musicale, in cui potersi esibire. Ormai, giustamente, lo vogliono fare tutti, Sanremo ha fatto benissimo alla discografia italiana, però il festival non può fare tutto e gli artisti che fanno musica in Italia non sono 22 ogni anno, ma molti di più.
Mancano spazi, insomma…
Mancano gli spazi televisivi per promuovere un altro tipo di musica.
C'è chi ci ha provato, penso a Manuel Agnelli, Dario Brunori…
Sì, ci hanno provato e sono state delle belle trasmissioni, il problema è che ci stanno insegnando il valore del sold out, il valore del successo, dello spaccare, ma non è così, ce ne sono di altri, esiste anche il valore della canzone. Perché bisogna comunicare sempre il sold out? Non è necessario, è importante anche il valore delle 300 persone che sono andate avere il concerto di una artista che non fa quella musica estremamente commerciale. Perché poi queste 300 persone danno da vivere a quell'artista.
Cercherai di portare la banda a Sanremo?
Cerchiamo, sì, sarebbe divertente anche se, non essendomi mai stato regalato nulla, non mi aspetto regali. Quello che poso fare io è grande impegno per far conoscere questo lavoro, anche perché Sanremo ormai è come vincere il Superenalotto.
Altrimenti appuntamento al 2024…
Esatto, con l'album, altre cose che stanno per accadere nel mio mondo musicale e artistico