“Raptus 3” di Nayt conquista un posto al sole: “Il mio obiettivo è lasciare un segno”
Con "Raptus Vol. 3" Nayt ha esordito direttamente nella seconda posizione degli album più venduti della settimana, dietro solo a Ligabue. Una bella soddisfazione per il rapper che ha coronato con quest'album un 2018 importante, che lo ha visto protagonista prima con il singolo che ha visto il feat di Madman “Fame” e soprattutto con “Gli occhi della tigre”, canzone da sette milioni di visualizzazioni che gli ha dato una spinta definitiva in un mondo che in questi ultimi anni è ingolfati di giovani di belle speranze. Nayt – il cui vero nome William Mezzanotte, viene dall'amore della madre per Shakespeare ("Ho delle cassette in cui recitavo con lei, lei faceva Giulietta e io Romeo, mi ha sempre stimolato, anche per quanto riguarda la musica") – ha flow, testi e rime per emergere sempre di più, tenendosi lontano dalle mode trap e ispirandosi soprattutto ad artisti come Primo Brown, leader dei Cor Veleno e figura storia dell'hip hop italiano, scomparso nel 2016.
Raptus 3 che momento del tuo percorso artistico è?
È difficile riuscire a tracciare quella che è una linea temporale di quella che sarà la mia vita musicale e non, io punto ad arrivare dove non immagino, il mio più grande obiettivo è sfondare con la musica, comunicare e mandare un messaggio forte, lasciare un segno. Non so a che punto sono adesso, dipenderà anche dalle mie mosse future.
Come e quando hai cominciato ad avvicinarti alla musica rap e a scrivere i tuoi primi testi?
Ho iniziato a 14 anni a scrivere i primi testi e ho cominciato subito a registrare, ho sempre fatto pratica, molti mi chiedono qualche consiglio e il mio è proprio quello di far pratica con tutto quanto, il più possibile: registrazione, scrittura etc. Quando ho iniziato avevo appena scoperto il rap italiano, prima non lo conoscevo, a livello internazionale ascoltavo soprattutto Eminem e 50 Cent, ancora non conoscevo Kanye West che dopo è diventato una delle mie più grandi ispirazioni, poi ho continuato ad approfondire, non finivo mai di scoprire nuovi rapper e nuovi mixtape.
Citi spesso Primo Brown dei Cor Veleno, scomparso nel 2016. Quanto è stato importante per te?
Non ho vissuto i Cor Veleno appieno, ero troppo giovane, ho conosciuto Primo Brown con il mio primo disco ufficiale, nel 2011, e lui è stato il primo, tra i rapper più affermati, a credere in me e a spronarmi e anche ad accettare di collaborare con me, mettendo la mia musica anche sotto un'altra prospettiva. Mi ha anche aiutato a credere di più in me stesso. Io ho vissuto Primo soprattutto come solista, con le cose più recenti, che per me sono le più belle; magari è un parere impopolare, però c'era una schiettezza e una rabbia in quello che diceva che mi ha ispirato tanto quando ho avuto il mio raptus finale, quando ho scritto "Gli occhi della tigre". La sua scomparsa mi ha segnato parecchio.
A proposito de "Gli occhi della tigre", possiamo dire che è stato il brano di svolta della tua carriera?
Questa canzone mi ha sicuramente dato una svolta molto forte, ha spostato i riflettori su di me, nel 2018, non mi aspettavo che avrebbe generato una reazione così grande, quello che mi ha dato di positivo è la possibilità di mettermi in gioco realmente, ho avuto la possibilità di fare mosse che mi hanno confermato sempre di più e mi hanno permesso anche di alzare il livello.
C'è stato anche qualche risvolto negativo da tutta questa popolarità?
Se proprio vogliamo trovare qualcosa di negativo, beh ci sono state delle critiche, ma soprattutto per i dissing che contiene [a Sfera Ebbasta e Drefgold, ndr], però ho imparato che se proponi una cosa che ha qualità di base, le critiche possono essere solo soggettive: puoi dire che quel pezzo non ti piace, che non condividi quello che scrivo e ci sta, se ne può discutere, si crea dibattito, diciamo che il negativo è che puoi aver creato un pregiudizio negli altri rapper, però poi c'è tempo per chiarire e per uscire più fuori.
Il flow, le rime, la metrica, il tempo, l'ego trip, cos'è che conta di più nel rap, secondo te?
Tutto è indispensabile, ma niente deve essere un limite, tutto va valutato in base alle situazioni: io amo le rime, però ad esempio nella seconda strofa de "La mia voce" non ci sono rime, bisogna unire anche un senso poetico alla tecnica, altrimenti diventa solo una cosa matematica.