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Quando il teatro di Fo incontrava la musica: Campi, Jannacci e “Vengo anch’io, no tu no”

Fiorenzo Campi ed Enzo Jannacci sono stati due artisti fondamentali nel percorso musicale di Dario Fo, l’attore morto oggi a 90 anni.
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Dario Fo mentre recita in uno dei suoi spettacoli (LaPresse)
Dario Fo mentre recita in uno dei suoi spettacoli (LaPresse)

La storia musicale di Dario Fo è legata intrinsecamente con il suo amore più grande, ovvero il teatro. È sul palco, nelle sue opere che la capacità di scrittura dell'attore, regista, drammaturgo e Premio Nobel per la Letteratura, scomparso oggi, si faceva evidente ed è stato nei suoi rapporti amicali che si è espletata forse al meglio. Lo esplica al meglio la sua discografia, una discografia parziale e incostante, ma che si fa forte di collaborazioni importanti e lunghe nel tempo, come quella con Fiorenzo Campi o Enzo Jannacci, senza contare quelle più estemporanee, tipo quella nel 2010 con Bussolotti.

La collaborazione con Fiorenzo Campi

È Fiorenzo Campi, probabilmente, una delle persona con cui si manifesta al meglio l'unione tra la sua scrittura e la musica, con il musicista che costruiva il tappeto sonoro dei testi di Fo, come successe in "Le canzoni di Dario Fo, volume 1", album in cui si raccoglievano alcune canzoni tratte da tre spettacoli del drammaturgo, sul lato A, le canzoni provengono da Settimo: ruba un po' meno (1964) e Gli arcangeli non giocano a flipper (1959); sul lato B, le canzoni provengono da La signora è da buttare (1967). Una collaborazione che proseguì anche quando scrisse le musiche per Le medecin malgré lui e Le medecin volant, spettacoli scritti da Fo per la Comédie Française (fonte). Fu sempre la loro collaborazione che spinse una canzone di Fo nella hit parade: "Ma che aspettate a batterci le mani?", sigla del programma "Il teatro di Dario Fo" e pubblicato nel 1977 dalla Ricordi.

L'incontro con Enzo Jannacci

Ma la collaborazione più importante è senza dubbio quella con Enzo Jannacci, che Fo considerava quasi come un figlio nonostante una differenza d'età non grande, come disse in un'intervista. "Ho visto un re" e ancora di più "Vengo anch'io. No tu no" sono senza dubbio due delle canzoni entrate nel bagaglio culturale italiano, entrambe scritte da Fo, appunto che in un'intervista a RadioCorriere spiegò come conobbe Jannacci:

A casa di un editore della Ricordi. E’ lì che abbiamo cominciato a cantare le nostre canzoni. Lui le sue io le mie e abbiamo iniziato a collaborare. Ma è stato tutt’altro che un mero rapporto professionale. Abbiamo cantato e scherzato insieme, abbiamo inventato un modo diverso di fare musica studiando la musica popolare fin dalle sue radici.

Una collaborazione che si rafforzò al Derby, storico locale milanese, ma in quell'intervista Fo parlò anche del testo di queste due canzoni:

D: Avete collaborato in canzoni memorabili come “Ho visto un re”, il cui testo è ancora oggi molto attuale.
R: E’ così, e anche “Vengo anch’io” conserva tuttora una forte attualità. Sono brani che sembrano semplici ma che hanno un grande peso sul piano del rapporto con la società.

La nascita di "Vengo anch'io. No tu no"

In un bel pezzo di Renzo Stefanel su Rockit si ripercorre proprio la genesi di "Vengo anch'io. No tu no", partendo dalle difficoltà che Jannacci incontrò a causa dei suoi spettacoli che npon erano apprezzati, finché non fu preso, appunto, sotto l'ala protettrice di Fo ("Volevo proprio cambiare mestiere: nessuno voleva saperne delle mie canzoni strambe. Anche quando sono comparso per la prima volta in tv, non sono mancate le proteste” disse a “Stampa Sera”). La canzone gli diede un successo enorme, ma nacque come talvolta capita, quasi per caso, visto che la canzone era nel cassetto:

“Ho fatto sentire il tutto a Fo, gli ho detto: «Guarda Dario, qui bisogna trovare una storia da metterci intorno». Ci siamo seduti e abbiamo buttato giù la prima strofa” (“L'Europeo”, cit.)

Pare che la canzone avesse anche due strofe politiche, che però furono cancellate, così da rendere quel pezzo un canto collettivo:

Tutti si riconoscono nell'escluso, anche se ovviamente a diversi livelli e in modi differenti. C'è chi pensa che si tratti di un'allegra canzoncina per bambini, nonostante la tragicità assurda di quel funerale alla fine (ma allora, nei rudi anni '60 italiani, non ci si faceva tanti problemi coi pupi), tanto è vero che ancora oggi viene ristampata in collane di canzoncine per l'infanzia. Chi invece, come Manfredi, in quei primi del '68 che metterà a soqquadro il mondo, la prende come il canto della “Grande Sfiga di una generazione che supponeva fosse arrivata l'Era della Matte Risate. Proprio all'alba del trionfalismo rivoluzionario, Jannacci si presenta con la faccia dell'Emarginato a vita, che è poi la faccia più autentica del' 68 […]

Il ricordo del mondo della musica

E anche il mondo della musica ha cominciato a rendergli omaggio, J-Ax, ad esempio, scrive "mamma sono un ribelle e basta così ci morirò perché quand'ero in pancia girava Vallanzasca e tu scendevi in piazza a vedere Dario Fo" Ciao Dario", mentre Elisa scrive "Addio a Dario Fo,e grazie per tanta bellezza che lasci…❤️🎈🙏🏻" e Gianni Morandi "Il grande ‘giullare', se n'è andato.
Rendiamo onore a Dario Fo".

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