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Nino D’Angelo: “Il pregiudizio mi ha chiuso le porte del Sistema musica, ma la gente è dalla mia parte”

Nino D’Angelo torna per la seconda volta in pochi mesi ad esibirsi nella sua Napoli, per un concerto al Pala Partenope: “Quando suono a Napoli l’adrenalina è sempre forte” spiega il cantante di San Pietro a Patierno che spiega anche come nonostante a sua carriera sia uno fuori dal sistema musicale e dice la sua su Liberato.
A cura di Francesco Raiola
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Il 19 maggio Nino D'Angelo torna nella sua Napoli, bissando il concerto di pochi mesi fa al Pala Partenope e a quasi un anno dal mega evento tenuto al San Paolo. Uscito qualche mese fa con l'album "Il Concerto 6.0", il cantante di San Pietro a Patierno ricorda con Fanpage.it il suo concerto nel quartiere, parla del fenomeno LIBERATO, della sua direzione artistica del Trianon, ma soprattutto parla della sua carriera e del suo essere fuori dal Sistema.

Ci siamo sentiti in occasione dell’uscita dell’album, oggi torniamo a chiacchierare per il concerto che terrà al Pala Partenope che bissa quello di qualche mese fa. Immagino non ce la faccia più a rispondere alle domande sull’entusiasmo del suonare a casa tua…

Devo dire la verità, invece, è sempre un piacere enorme, poi comunque a Napoli l'adrenalina è forte, questa è la seconda volta che faccio il Pala Partenope e nei mesi scorsi tante volte ho dovuto raddoppiare le date, come successo a Milano, a Torino…

Beh è un bene, no?

Sì, certo, anche perché io sono uno fuori dai giochi, uno che va per la sua strada ed è bellissimo, anche perché sono uno che non viene trasmesso in radio, di cui non si vedono i video, niente, tutto quello che succede, succede automaticamente.

Insomma, vale ancora la forza del passaparola per raccontare il fenomeno D'Angelo?

Eh, sono uno che non fa parte del sistema della musica, pensa che cosa bella, il successo è triplo, non devo ringraziare nessuno a parte la gente che mi viene ad applaudire e mi permette, ancora oggi, di vivere di musica, di canzoni, e non c'è cosa più bella che vivere di passioni.

Beh, a questo punto, però, mi spieghi come mai sei fuori da questo sistema?

Guarda, Nino D'Angelo è partito con un pregiudizio enorme, soprattutto negli anni 80 e praticamente quando parti con quel tipo pregiudizio le porte sono sempre chiuse, perciò ti devi inventare le chiavi per entrare e io ho dovuto sempre lavorare così, sono stato sempre coerente con quello che so fare. Una decina di anni fa il dialetto, anzi la lingua napoletana, era morta, oggi invece è diventata una cosa che si porta e io sono orgoglioso di essere stato un capostipite di tutto questo.

Quindi neanche la svolta world degli anni 90 ha cambiato qualcosa?

Diciamo che sono sempre sotto esame, anche se io sono un cantante normale, come tutti gli altri, però sia chiaro, non è vittimismo, io registro un dato di fatto: ci tengo a spiegare che mi ritengo un artigiano della musica, io non appartengo alle multinazionali e a questo circo che vuole protagoniste sempre le stesse persone, io sono un prodotto della gente.

Tornando alla musica suonata, qual è il concerto che ricordi con maggiore affetto?

A parte quello al San Paolo, che è stato emozionante e mi ha dato i brividi, nei cui applausi c'era tutta la mia vita, direi quello di San Pietro a Patierno, il mio quartiere, una ventina di anni fa. È stato un momento molto bello, vedere i miei concittadini, le persone che abitavano nel vicolo mio, i miei genitori, mamma che si vantava, ovviamente. Quello è stato un momento sentimentalmente molto forte, ma anche l'Olympia di Parigi, perché a Napoli non mi davano i teatri. Io fino agli anni 80 cantavo fino a Secondigliano, perché in città i teatri non me li davano, per questo dico che sono fuori dai giochi e non me ne frega niente di niente e di nessuno a parte il mio pubblico. Ben vengano, poi, quelli che mi scoprono oggi, ma io non voglio più essere rivalutato, basta queste finte rivalutazioni.

Ti dà fastidio questo continuo tornare al passato?

Io ho fatto un album di inediti, sono 10 anni che faccio dischi di spessore, ho lavorato sodo, sono uno degli artisti che rispetto a quando è partito è cresciuto di più, no? Ho dovuto superare tanti muri, però ripeto non è vittimismo, io sono contento del mio percorso e di quello che ho fatto e faccio.

Facciamo un passo laterale: volevo capire com'è la situazione del Trianon [il teatro a Forcella di cui è Direttore Artistico, ndr], visto che sei protagonista anche di un altro pezzo di Napoli.

Io penso che Forcella oramai sia casa mia, però c'è stata sempre un po' di sofferenza perché il Trianon non è un teatro normale, anche se è una realtà bellissima perché è un teatro che dà il diritto alla Cultura a tutti quelli che il diritto alla Cultura non l'hanno mai avuto e per me chiudere un teatro in un quartiere come Forcelle è come se tu togliessi il respiro alla gente. Il diritto alla Cultura è come il diritto a respirare, devono averlo tutti, anche la gente di Forcella e il Trianon è un pezzo importante del quartiere, può dargli tanta luce. Fare il Direttore di questo teatro è un'esperienza enorme che ti dà anche la possibilità di capire un po' di più la vita ed è bello che un artista si metta a disposizione di un teatro. Adesso abbiamo rinnovato, non ci sono più debiti grazie alla Regione, almeno questo mi hanno detto, abbiamo messo le sedie nuove, insomma l'abbiamo migliorato, quindi questa stagione si riparte come tutti i teatri e spero di partire come gli altri anni quando abbiamo fatto il pieno di abbonati.

Prima parlavi del dialetto, pochi giorni fa c’è stato il concerto di Liberato, migliaia di persone hanno invaso il Lungomare. Tu, in passato, hai avuto parole dure, oggi cosa mi dice di questo fenomeno?

Ma no, non erano parole dure, è stato un po' travisata la cosa, ho solo risposto a una domanda dicendo che non ci trovavo molto di nuovo, ma che era una bella cosa. A me ricorda un po' gli Alma, i 99 Posse, i 24 Grana, ma non ce l'ho assolutamente col progetto, anzi bisogna togliersi il cappello davanti a un'operazione così, con un marketing fortissimo: loro sono riusciti a fare una cosa che non avrei immaginato, nascondere la sua identità per un anno, una bella operazione e man mano mi sono affezionato anche io. Non ce l'ho per niente, anzi è un piacere sentire ancora oggi un cantante cantare in napoletano e alcuni riferimenti sembrano cose che facevo anche io.

Beh, nel racconto anche a me ricorda qualcosa dei tuoi film.

Io credo che LIBERATO sia un mio fan e pur non rimangiando quello che ho detto, ti dico che allora non trovai una novità ma è un'operazione forte e intelligente.

Napoli è spaccata, lo sai, rispetto a questo fenomeno, tu ne sai qualcosa

Guarda anche ai tempi miei la città era spaccata, io ho fatto da cavia per tutti questi nuovi artisti, ho preso gli schiaffi che si sarebbero presi loro, sono stato la cavia perché sono stato il primo neomelodico: quando mi chiedono se sono contento di essere stato il primo neomelodico chiedo sempre che vogliano dire, perché neomelodico è una bella parola, poi dipende a cosa uno si riferisce. Il fatto che a Napoli il numero uno si chiami LIBERATO e potrebbe essersi ispirato a me, è un motivo di orgoglio. Quando scrissi "Nu jeans e ‘na maglietta" un altro po' volevano impiccarmi, per questo sono contento di essere stato una cavia, e sono contento che i napoletani amino sempre di più la propria città anche nelle sue contraddizioni.

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