Negramaro: ‘Vita, morte e ironia, la nostra è una rivoluzione interna’
Se ‘morte, vita e ironia' sono le parole migliori per condensare il senso de ‘La rivoluzione sta arrivando', ultimo album dei Negramaro, ‘equilibrio' e ‘semplicità' sono quelle che il leader Giuliano Sangiorgi ha utilizzato maggiormente per dare il senso di quello che è il loro sesto album. E quest'album rispecchia esattamente le parole del cantante salentino che in conferenza stampa sottolinea come un discorso musicale che ha definito semplice non significa che sia scarso, anzi c'è stata un'enorme rifinitura, sia nei suoni che mescolano rock, blues e anche delle suggestioni rap (una delle prime passioni di Sangiorgi) adeguato chiaramente allo stile della band, che nelle tematiche, una sorta di neoumanesimo, con l'uomo al centro dell'attenzione: ‘Siamo ritornati alla semplicità della sala prove, abbiamo riunito in una Masseria a Otranto tutta la nostra attrezzatura e abbiamo vissuto tutti insieme‘ dicono i 5 pugliesi che sottolineano il loro essere una famiglia, con i problemi che tutti i nuclei attraversano, ma anche l'amore definitivo che li lega.
Un cambiamento che passa per la perdita
La rivoluzione di cui parlano il titolo e la title track, insomma, è un cambiamento interno che i Negramaro hanno vissuto nei 5 anni che sono passati dal precedente album completamente di inediti e anche dal best of che di inediti ne contava comunque 6. Una cambiamento che almeno per quanto riguarda i testi passa anche per la perdita (il cantante ha perso il padre nel 2013), che a sua volta è riscoperta, spiega Sangiorgi, poiché:
A volte pensi che con la perdita sia tutto finito, poi, però, pian piano quel nero diventa una sfumatura
Piena responsabilità nel concept e nel concept grafico
Di sicuro si assumono la piena responsabilità di quello che è, sia nel concept grafico che nella produzione. Il primo è stato affidato ancora una volta a Ermanno Carlà il quale ha scovato tra alcuni bozzetti che teneva pronto e ha cominciato a lavorarci su. L'immagine rappresenta un Jolly Roger, il teschio caratteristico dei pirati, rivisitato, però in modo che si unisse a quello che è lo spirito dell'album e così, abbandonata la scelta cromatica di Casa 69, Carlà ha puntato sul blu, che è il mare, ma anche l'anima e la placenta, e su un disegno che incarnasse il sorriso beffardo dell'ironia, un a specie di uovo che rappresenta la vita e il teschio, che è invece la morte. Oltre al concept grafico, poi, anche la produzione tutta nelle loro mani, come gli hanno chiesto Caterina Caselli e Filippo Sugar, capi dell'etichetta omonima che per prima ha colto le potenzialità di questi ragazzi che giravano l'Italia con i primi ep in cerca di successo e oggi sono una delle band più importanti del Paese. A questa autogestione, che li ha portati comunque in giro per il mondo a registrare si sono affiancati dei sapienti compagni di viaggio, come Jacquire King (che ha lavorato, tra gli altri, con i Kings Of Leon e gli Editors a cui i Negramaro hanno dichiarato di essersi ispirati), la città di Nashville dove hanno impresso il sound blues che si sente in una parte dell'album, ma soprattutto Mauro Pagani, nel cui studio hanno registrato alcune parti d'orchestra. E proprio Pagani, presente alla conferenza stampa, ha dato il la a a uno dei momenti più emozionanti. Sangiorgi lo ha visto e lo ha chiamato, ringraziandolo per il lavoro, certo, ma anche per il rapporto umano e ha raccontato non senza emozionarsi di quando, lavorando a ‘Lo sai da qui', pezzo dedicato proprio al padre, Pagani ha ammesso come quel momento gli avesse ricordato un'altra canzone dedicata a un padre, quello di Fabrizio De Andrè.
‘Un mondo senza barriere'
Emozione che colpisce Sangiorgi anche quando, più volte, parla del bisogno di umanità, del sogno di poter vedere un mondo senza barriere, di un rispetto per l'uomo:
Spero che cadano tutti i muri, spero che la città di ‘Sei tu la mia città' possa diventare di tutti. Vorrei pensare che sia veramente possibile vivere tutti assieme anche con le giuste discussioni ma che siano sane. Lasciate alla musica il sogno che non ci siano barriere: lasciamo all'arte l'arte del sogno.
Lasciamo all'arte l'arte del sogno
Uno slogan perfetto, perché il mondo oggi ha bisogno di titoli, refrain che il cantante, pure scherzando coi giornalisti, ripete spesso. Vuole che il titolo dell'album sia un veicolo, che quella rivoluzione possa essere di tutti, senza per forza pensare a cambiare il mondo ‘ché un artista cosa può cambiare?'.