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Music For Change, dalla Calabria per i diritti di tutti: “Cambiano tante cose, ma non i pregiudizi”

Dalla Calabria il progetto Music for change – Musica contro le mafie continua a rappresentare un punto fermo tra musica e impegno, non senza difficoltà.
A cura di Francesco Raiola
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Music for Change è il più importante premio musicale europeo a sfondo civile, ma in generale è uno dei progetti che unisce musica e battaglie civili d'Italia, creato dall'Associazione Musica contro le Mafie, della rete Libera. Un'idea nata tredici anni fa e che dal Sud si è fatta largo non senza difficoltà unendo temi civili e musica, e riuscendo nel tempo non solo a mantenere un'importante costanza di intenti e risultati, ma a divenire un punto di riferimento per quanto riguarda la canzone d'impegno nazionale, ospitando sul palco nomi importanti ma anche giovani di talento, vincendo quest'anno il finanziamento Nuovo Imaie, ciliegina sulla torta di un premio che deve combattere con tanti pregiudizi e pochi investimenti da parte di grosse aziende, istituti bancari, fondazioni che ancora temono di investire su Sud e Cultura. A Fanpage.it lo spiega bene Gennaro De Rosa, Presidente di Musica contro le Mafie che fa il punto sul futuro del Premio.

Music for Change è ormai un appuntamento fisso del panorama italiano. Com'è creare un evento così partendo da Cosenza e quindi dal sud? 

In questo 2022 spegneremo 13 candeline, 13 anni di attività partendo dalla musica, oltre la musica. Dopo tutto questo tempo cominciamo ad essere consapevoli di essere una delle realtà più longeve tra i premi e concorsi italiani. Il lavoro è stato lungo, certosino, a tratti difficoltoso, ma l’entusiasmo ci ha sempre fatto superare ogni ostacolo senza lamentarci mai. In realtà il premio Musica contro le mafie nasce a nord, a Casalecchio di Reno per la precisione e per due anni si è svolto lì in un contesto ridotto. Poi nel 2012, quando decidiamo di tornare a lavorare nella nostra terra, torna con noi anche il premio… e paradossalmente una volta arrivato a Sud abbiamo cominciato a buttare la basi per qualcosa di più consistente e con una vocazione nazionale. Analizzando la cosa a distanza di tanto tempo direi che la Calabria ci ha dato la spinta per andare oltre i confini. Abbiamo sempre pensato che l’associazione "Musica contro le mafie" dovesse avere la sua base a sud dove è la radice della cosiddetta “malapianta” per provare a coltivare parallelamente qualcosa di buono e vederlo crescere ed essere riconosciuto. Abbiamo obiettivi alti e il cammino è lungo e duro e noi siamo pronti a percorrerlo.

Ci sono ancora problemi pregiudiziali verso una realtà come la vostra dovute all’essere al Sud? 

Conosci lo stereotipo del calabrese che si piange addosso? Ecco… noi abbiamo sempre cercato di starne alla larga, non lamentarci mai di tutte le difficoltà che indubbiamente ci sono nel costruire una manifestazione come questa nel nostro territorio. Non lo farò nemmeno ora, però a distanza di 13 anni (a breve) devo dire che la difficoltà di vedere grosse aziende, istituti bancari, fondazioni che decidono di investire qui e sulla cultura, c’è. Tieni conto che noi lavoriamo quotidianamente per costruire reti, legami, trovare supporti di respiro nazionale. Ci capita spesso di sentirci dire che abbiamo una manifestazione di qualità, valida… ci fanno tanti complimenti e poi ci chiedono perché non la spostiamo in Lombardia o in Emilia Romagna. Devo anche dire che in questo momento questi territori avrebbero più bisogno della Calabria di un percorso di coscientizzazione sui temi dei quali ci occupiamo. Noi però vogliamo che questa manifestazione sia qui, in Calabria. Con le dovute differenze, ci sono paesi in Italia che sono riconosciuti a livello internazionale perché qualcuno tantissimi anni fa decise di fare un concorso per autori in un luogo che era periferia del paese tanto quanto potremmo esserlo noi. Magari siamo dei matti perché stiamo in Calabria, ci occupiamo di tematiche sociali, diritti civili ed umani e soprattutto lo facciamo con la musica. Però è qui che questi temi diventano vibranti e chi viene a trovarci ci dice sempre: “Sembra di non essere in Calabria”, la cosa da una parte ci lusinga dall’altra smuove l’orgoglio sudista e ci fa dire “ma perché che ti aspettavi di trovare?”.  Anche i giornalisti fanno difficoltà a immaginare che sia possibile raggiungerci. Cosenza ha un aeroporto a 30 minuti, servito da un’autostrada, che si chiama Sa-Rc… certo, ma ne ho viste di peggiori in giro per l’Italia.

Di chi sono le colpe per questi pregiudizi? 

Le responsabilità più che le colpe sono tante. Credo sia un mix di difficoltà concrete (infrastrutture che ci fanno percepire come un luogo lontanissimo e selvaggio, la criminalità radicata) e classici stereotipi. Sembra quasi che dagli inizi dell’800 ad oggi non sia cambiato nulla, da quando gli ufficiali francesi scrivevano che “L’Europa finisce a Napoli, la Calabria, la Sicilia tutto il resto appartiene all’Africa” cioè ad un continente affascinante, misterioso, con una vegetazione lussureggiante ma terribilmente pericoloso, selvaggio e lontano. Riguardo al mondo della musica, c’è questo pregiudizio che parte da lontanissimo e poi un mix di vecchi promoter che negli anni d’oro non hanno puntato di certo sulla serietà e la credibilità; le istituzioni territoriali che per lungo tempo non hanno lavorato per l’interesse pubblico ma soprattutto per quello personale; una buona dose di rassegnazione dei nostri conterranei; una sorta di difficoltà a puntare sulla qualità e sull’attualità ed altro ancora. Quando lavoriamo e ci confrontiamo ci capita di riflettere e pensare che a volte qui il bello appaia brutto e viceversa. È la prima volta che dico cose di questo genere in una intervista perché ho sempre pensato a lavorare per gli obiettivi che stiamo raggiungendo senza soffermarmi alle prime, seconde, terze, decime… difficoltà. Ho sempre preferito raccontare la parte bella della medaglia, stavolta un po’ di rovescio lo stiamo svelando.

Avete cambiato il nome e anche l’organizzazione: cosa ha portato questo cambiamento per voi? 

È stata una esigenza dettata dal momento che stavamo e che stiamo vivendo. Il mondo ci stava cambiando attorno e noi non potevamo restare fermi, immobili e continuare come se nulla fosse. C’è bisogno di cambiamenti veri e non di adattamenti alle emergenze continue. La nostra vocazione è sempre stata quella di attraversare i territori come un soffio musicale di aria pulita, sana e libera. Da quando il premio è diventato “Music for Change” abbiamo deciso di mutuare i temi dall'Agenda 2030: inclusione, sostenibilità ambientale, sviluppo sociale. Sui diritti si gioca una partita decisiva per l'esistenza umana. Noi vogliamo fare la nostra parte. Abbiamo cambiato anche la struttura del premio. Ora potrebbe essere un perfetto format per la TV: musica e impegno civile, storie di vita e temi importanti, 8 artisti che vivono e compongono per 12 giorni in delle casette di legno, 2 studi di registrazione, coach, tutor, esperti, ospiti musicali, della cultura e del mondo dell’intrattenimento.Impegno e divertimento possono convivere ed è quello che facciamo da anni. Quest’anno abbiamo creato un vero e proprio palinsesto web/tv. Due studi Tv, uno al chiuso e uno all’aperto, i “BoCS” dei finalisti in diretta h24 sui social, pubblico dal vivo (nella quantità permessa) e pubblico da casa. Virtuale e Reale che si incontrano, due mondi che ormai non possiamo più immaginare separati.

Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni? 

Ci saranno delle novità già dalla prossima edizione che dovrebbe partire a maggio 2022: introduzione di audizioni live prima delle fasi finali, ascolteremo 20/25 artisti dal vivo nel mese di settembre, un paio di novità divertenti per i finalisti che stiamo mettendo a punto e tanto altro. Martedì 1 febbraio a Casa Sanremo concluderemo questa 12^ edizione e nello stesso momento lanceremo un nuovo progetto di rigenerazione urbana e sociale. Un progetto che ci è stato finanziato dal Ministero della Cultura – Creatività Contemporanea. Ha un titolo particolare “Stairway To Urban Ri-Generation”, noi lo chiamiamo confidenzialmente STURG e ci darà modo di trasformare una scalinata abbandonata nel centro storico di Cosenza in un Museo a Cielo aperto, di costruire al suo interno due “Plastic Theatre”, due aree destinate allo spettacolo ma tutto fatto con materiale riciclato (bottiglie di plastica, lattine ecc) in collaborazione con tante realtà e con l’accademia di belle arti di Catanzaro. Il 21 maggio apriremo questo luogo con una performance multidisciplinare che metterà insieme musica, danza, arte, fotografia, cinema e nuove tecnologie. Da quel giorno in poi questo luogo sarà a disposizione di tutte le realtà che vorranno farne uso. La bellezza toglierà spazio all’abbandono e al degrado. Nei prossimi anni lavoreremo per rafforzare il respiro europeo di questo premio e per dargli una connotazione sempre più attuale e vicina ai giovani, perché è a loro che rivolgiamo le nostre attenzioni da sempre.

Il finanziamento Nuovo IMAIE, invece, cosa rappresenta per una realtà come la vostra? 

Non sono bravo a fare sviolinate ma Nuovo Imaie qualche anno fa ha avuto una idea straordinaria: dare una opportunità concreta ai vincitori dei concorsi musicali finanziando un Tour. A noi questa cosa è piaciuta fin da subito, abbiamo sempre partecipato, vinto e perso. Crediamo fortemente che i giovani che vincono premi e concorsi musicali debbano avere opportunità concrete e non bonifici senza un progetto di supporto alla loro carriera artistica. Questa è una cosa concreta e utile se usate bene. Quest’anno poi siamo ancora più convinti di questo, anche perché siamo risultati il primo premio musicale italiano in graduatoria. Non so se ha un significato particolare tutto questo, so solo che per noi è un bellissimo risultato. Una soddisfazione per un premio nazionale che ha la sua base in Calabria, si occupa di diritti civili in una terra complessa nella quale organizzare, rendersi credibili agli occhi del resto d'Italia, trovare partner e supporter disposti a credere in qualcosa che accade "qui giù". Probabilmente abbiamo lavorato bene, lo abbiamo saputo comunicare e, a quanto pare, siamo stati capaci di spiegarlo a chi era in questa commissione.

Quali sono le più grandi soddisfazioni che Musica contro le mafie si è tolta in questi anni di crescita? 

Questa, per esempio, è stata una bella soddisfazione. Noi non amiamo ricevere riconoscimenti e premi, ne abbiamo anche, con imbarazzo, rifiutato più di qualcuno che volevano tributarci per l’impegno civile. Crediamo che sia una cosa normale esercitare i nostri diritti e doveri di cittadini e diffondere buone pratiche, questa è una cosa che non ha bisogno di essere premiata o avere un riconoscimento. Tutti dobbiamo farlo altrimenti è come la voce registrata che ho sentito qualche giorno fa quando sono capitato in metro (non a Cosenza :D) che ringraziava i passeggeri perché rispettavano le regole e mi è sembrato strano, quasi paradossale. Che fai mi ringrazi perché rispetto le regole? Avere la stima e la vicinanza dei nostri partner per noi è sempre una grande soddisfazione. Quando invitiamo gli ospiti alle nostre manifestazioni e li sentiamo felici di aver ricevuto il nostro invito è una soddisfazione. Quando Don Luigi Ciotti accettò di essere il nostro presidente onorario fu una enorme soddisfazione e una grande responsabilità. Ne abbiamo un paio ancora che ci piacerebbe toglierci che però non ti svelo perché siamo anche un po’ scaramantici… siamo sempre uomini del Sud che provano ad avere un’attitudine mitteleuropea.

Dall’alto della tua esperienza qual è la condizione attuale della musica sociale e di impegno del paese? 

Ti ringrazio per “l’alto” ma preferisco darti soltanto il mio umilissimo e forse strampalato parere. Si parla spesso di questo tema e io credo che ci sia musica di impegno civile oggi. Certo se ci aspettiamo di sentire quello che scrivevano Lolli, Guccini, Gaber o lo stesso De Andrè non lo troveremo e suonerebbe anche anacronistico per certi versi (al netto dell’immortalità poetica di tutti loro). Il contesto sociale è cambiato, la comunicazione è cambiata, il modo di esprimersi è cambiato e di conseguenza la musica a sfondo civile è diversa. Pochissimi giorni fa è uscito il nuovo Ep di Brunori Sas ed io ce l’ho sentita lì dentro questa roba qui. Il fatto è che la narrazione seriosa e moralistica ha per anni occupato quasi per intero la scena ottenendo poi un rigurgito, facendo allontanare tutti. Nei testi di “Cheap”, per fare un esempio, invece ho trovato quell’ironia che nel cinema è stata espressa magistralmente in film come Johnny Stecchino di Benigni e nelle pellicole di Pif. È questa la nuova strada per far diventare non impegnative da digerire le tematiche sociali o la stessa antimafia, partendo da un elemento che appartiene davvero al quotidiano. Non c’è più bisogno di un eroe che sale e pontifica da un palco ma un di uomo che non può negare l'esistenza di problematiche sociali e magari farci anche dell’ironia.

Come vedi le nuove generazioni in questo senso? 

Vedo segnali differenti, positivi e negativi insieme. Ma le giovani generazioni quando gli dai fiducia e le metti all’opera, come abbiamo fatto quest’anno con il premio, ti danno la direzione e ti passano gli strumenti per comprenderli. I ragazzi, però, hanno bisogno di trovare riferimenti veri e credibili, a partire anche dai concorsi musicali, perché no. I giovani sono portatori di vita, di diversità e di complessità. Dobbiamo accoglierli, sostenerli e dargli i riconoscimenti che meritano. Non vanno usati i giovani emergenti della musica. Per noi è sacrosanto un principio: non fare differenze di trattamento tra un ospite con una lunghissima storia ed uno che non ne ha ancora. Il mondo della musica per continuare a esistere ha bisogno dei ragazzi. Don Luigi Ciotti, quando è stato a trovarci quest’anno, ha detto che i ragazzi “Possiedono lo sguardo dell'oggi ma anche la sensibilità per il presente e la volontà di cambiare rotta per un futuro migliore. È importante farli parlare, non solo parlare rivolgendosi a loro”… ed è quello che cerchiamo di fare da sempre.

Sarete protagonisti a Sanremo con il premio Stream, ci dici di cosa si tratta? 

È un esperimento iniziato quest’anno. Il 24 settembre gli 8 finalisti si sono esibiti con i brani che hanno composto sui temi suggeriti dall’organizzazione, il 25 settembre i vincitori sono stati premiati in una serata insieme ai Ministri, ai Fast Animals and Slow Kids e Lo Stato Sociale. Quest’anno ha vinto il premio Musica contro le mafie il cantautore Francesco Lettieri con un brano dal titolo “Inverno” (il suo tema era Resistenze e Democrazia). Dopo una settimana i brani composti sono stati distribuiti su tutte le piattaforme ed è iniziata una battle “pacifica e leale” (voglio sottolinearlo) a colpi di stream. L’introduzione di questo premio è una cosa che ci piace molto e studieremo per affinarlo sempre di più. È un premio che va oltre il prezioso parere delle giurie, dei partner che hanno assegnato dei riconoscimenti e della direziona artistica. È la prova su strada (come si direbbe in gergo automobilistico). Il nostro obiettivo è da sempre quello della diffusione di buone prassi attraverso la musica; le canzoni possono avere dei contenuti importantissimi, possono essere di grande qualità tecnico-artistica ma se non vengono veicolate e ascoltate la nostra mission è solo parzialmente portata a compimento. Il premio Stream è la conclusione più giusta del percorso di “Music for Change” e il vincitore si conoscerà il 17 gennaio.

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