Michele Merlo, i Nas accusano i medici che lo visitarono: “Sintomi trattati con superficialità”
Sono passati quasi 8 mesi dalla morte di Michele Merlo, il cantante 28enne avviso da una ischemia cerebrale causata da una leucemia fulminante. Per il momento, unico indagato è il medico di base Pantaleo Vitaliano, che visitò il 28enne il 26 maggio 2021. Nel frattempo però i Nas di Bologna prospettano uno scenario ben più ampio dello studio medico di Rosà e accusano anche l'altro medico di Vergato, Enrico Giannini, che lo visitò successivamente diagnosticandogli una semplice tonsillite. Entrambi avrebbero trattato il caso con superficialità.
L'accusa dei Nas contro i due medici
Michele avrebbe potuto salvarsi, se i suoi sintomi fossero tratti trattati a dovere. È la tesi dei carabinieri del Nas di Bologna che sostengono che Vitaliano abbia trattato l’ematoma alla coscia che Michele Merlo aveva mostrato “come un semplice strappo muscolare, senza tener conto che il giovane deambulava senza alcun problema, nonostante la vastità dell’ematoma doveva far supporre uno strappo particolarmente doloroso…”. Gli investigatori avanzano dubbi anche su Enrico Giannini, medico bolognese che visitò Merlo il 2 giugno nell’ambulatorio di Vergato, dove si era presentato accusando un mal di gola. Stando alle dichiarazioni del personale ospedaliero Michele aveva omesso di avere anche la febbre. Così da Giannini viene diagnosticata una tonsillite. Ad ogni modo, spiegano i carabinieri, l’ispezione del cavo orale avrebbe dovuto far notare la condizione generale di Michele, ben più grave di quel che si pensava. Così la diagnosi e dunque le cure sarebbero state compromesse.
Pantaleo Vitaliano è l’unico indagato
Per il momento il medico di base di Rosà è l’unico indagato nell’ambito dell’inchiesta che è quasi giunta al termine. Ultimo tassello, l’incidente probatorio in programma il prossimo 2 marzo, che consentirà ai legali del medico di ridiscutere le conclusioni della perizia disposta inizialmente dalla procura di Bologna. Tuttavia, scrivono, "nessuna terapia somministrata il 2 giugno avrebbe evitato il decesso". Per questo il medico di Vergato non è stato indagato.