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Mi ami oppure no? Eccolo, il Futuro Proximo di Umberto Maria Giardini

Con “Futuro Proximo”, in uscita il 3 febbraio per La Tempesta Dischi, Umberto Maria Giardini realizza il suo miglior album da quando ha ucciso Moltheni, suo precedente pseudonimo, confermando la sua grande forza di unire parola e suono in un pregevole esempio di letteratura musicale.
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È tornato Umberto Maria Giardini, sicurezza del rock d'autore italiano, con "Futuro Proximo", album in uscita il 3 febbraio per La Tempesta Dischi. Due anni esatti sono passati da "Protestantesima" e questo è il terzo disco sotto il nome di UMG; febbraio del resto è il mese del Festival di Sanremo dal nazionalpopolare palco dell'Ariston, quello che il fu Moltheni ha calcato nel 2002 con il brano "Nutriente". Divertente è pensare a come questa coincidenza, che è tale per gli occhi di chi scrive, possa in qualche modo rappresentare un ulteriore indizio-rimando verso l'assassinio che l'autore ha messo in atto nei confronti del suo precedente pseudonimo, ormai sei anni fa.

"Futuro Proximo" non è un concept album, le dieci tracce sono però in qualche modo legate ad una serie di domande che ognuno di noi finisce per porsi. Come nei lavori precedenti, ancora una volta il grande pregio di UMG qui si conferma, quello di fare un disco che si ascolta e si legge, poi si riascolta al fine di rileggerlo. La parola e il sonoro unite insieme, mai viaggiano slegati, con maggiore dinamismo rispetto a "Protestantesima". Un lavoro ancor più apprezzabile se si pensa che l'artista, come è noto, ama sempre mettere a punto prima la musica del brano per poi costruirci le parole, che arrivano soltanto dopo la sala prove. Musicista prima, questo è chiaro, ma come pochi UMG è in grado regalare grande letteratura. Canzoni d'amore e disillusione su uno sfondo post-rock pieno di personalità e sfaccettature che sono tutte da cogliere. Si parte con "Avanguardia", incipit perfetto per una società in cui "avanguardia è averti qui".

Avanguardia è dirti che per me male è la gente
però la gente sono anche io
e allora viva il male

"Alba Boreale" è il singolo che lancia il disco, il rock spinge forte sull'elettronica nell'ossessiva ripetizione di uno psichedelico e tranciante "mi ami oppure no?". I toni melodrammatici si spostano sulla ritmica cadenzata di "A volte le cose vanno in una direzione opposta a quella che pensavi" in cui quasi sembra di intercettare la naturale prosecuzione del flusso di pensieri e ragionamenti di "C'è chi ottiene e chi pretende", seconda traccia del disco precedente. Dopo una sognante "Il vento e il cigno" si arriva al giro di boa con la strumentale "Ieri nel futuro proximo", dove UMG continua a confermarsi tra i pochi cantautori in grado di spaziare diverse estremità sonore in uno stesso disco. Se in "Dimenticare il tempo" gli archi reclamano attenzione, in "Caro Dio" è un dolcissimo arpeggio a trascinarci in complesso multilivello di comprensione in cui è incluso un passaggio nel testo che è da scrivere sui muri: "fraintendimi che in fondo è proprio quello che vorrei""Graziaplena" sembra avere le carte in regola per funzionare come secondo singolo, "Onda" è forse il pezzo più pop in cui UMG fa a pezzi qualcuno, qualcosa ed il suo luogo. Chiude "Mea culpa", poggiato su un letto di pianoforte e di archi, che rischia di essere uno dei testi più attuali e perfetti mai scritti da UMG; il finale perfetto per quello che è forse il migliore album in carriera dell'artista.

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