Max Pezzali al Circo Massimo: “Essere primi in streaming non è un merito, alla fine conta il live”
Dopo il San Siro dello scorso anno e un tour sold out nei palazzetti, Max Pezzali ha presentato il suo prossimo appuntamento live, ovvero il Circo Max, concerto al Circo Massimo di Roma che terrà il prossimo 2 settembre, unico appuntamento live della stagione per l'ex 883. Un appuntamento che Pezzali vuole sia come una festa, la sua idea di festa e per questo ci saranno tanti ospiti come Articolo 31, Colapesce Dimartino, Dargen D'Amico, Lazza, Paola & Chiara, Sangiovanni e un momento dance con Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso.
Come stai preparando l'appuntamento di Roma?
Lo sto preparando con immensa attenzione e grande entusiasmo. Roma è una città in cui ho vissuto quindi la conosco e ho imparato a conoscerla con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti come tutte le città, quindi proprio per questo voglio fare ancora più bella figura di quanto non vorrei fare se fossi in un'altra città con la quale non ho avuto rapporti. L'idea è quella di portare sul palco del Circo Massimo, in assoluto una delle cornici più pazzesche dove fare concerti, l'idea di festa che ho in mente e abbiamo portato in giro da san Siro l'anno scorso a tutti i palazzetti quest'anno, però all'ennesima potenza
Ovvero?
Aprendo il palco anche a ospiti, penso al dj time, che rappresenta la mia idea di divertimento, come sono nato io, prima che esistesse il termine IDM, loro facevano ballare tutti, quando i colti guardavano alla dance con aria di sufficienza e invece successivamente l'IDM è diventata un pezzo di Cultura.
Quali ospiti ti accompagneranno?
Ci saranno gli Articolo 31 che hanno fatto un lunghissimo pezzo di strada parallelo al mio, Paola e Chiara che hanno letteralmente cominciato con me e anche tantissimi artisti del presente, nuovi talenti come Lazza, che è una sorta di figlio adottivo, visto che veniva ai miei concerti quando era piccolissimo – ho anche delle foto con lui in camerino a fare foto a concerti di inizio anni 2000 -. Ci saranno Colapesce e Dimartino, col primo che aveva fatto una versione de Gli anni che era finita nella compilation di Rockit dedicata agli 883, elemento di sdoganamento nei miei confronti. Poi ci sarà Sangiovanni come esponente dei giovani della nuova scuola e tanti altri che si aggiungeranno.
Cosa unisce tutti questi artisti?
L'avere la stessa visione dell'intrattenimento, del volersi divertire e passare una giornata di divertimento insieme, senza troppe menate, e il bisogno di doverla costruire ammantandola con un velo di chi sa cosa, insomma, deve essere una giornata di gente che sta bene.
A proposito di giovanissimi, com'è essere padre pop di una certa generazione?
Nel corso degli anni ho sentito consolidarsi l'idea che certe canzoni facessero parte del vissuto e del tessuto quotidiano di un sacco di persone. Me ne rendo conto ai concerti, perché è lì che hai il contatto reale col pubblico; guardando i trentenni, i quarantenni, ma anche molti giovani che sanno a memoria le mie canzoni, mi dico: "Com'è possibile?".
E com'è possibile?
Non so darmela una spiegazione, penso solo che certe canzoni, per una serie di meccanismi anche fortuiti, le ho scritte con caratteristiche di semplicità e genuinità che non avendo sovrastrutture sono facilmente assimilabili indipendentemente dalle generazioni. Non risentono troppo di una caratteristica temporale specifica e anche quando ci sono dei dettagli sconosciuti ai giovanissimi – come quando sento ragazzi cantare "gli anni di Happy Days e di Ralph Malph" – so che non sanno cosa sia però colgono la malinconia. Questa è una caratteristica generale del ritorno dei decenni precedenti che ciclicamente si ripropone. In un'epoca complessa come quella attuale, in cui tutto viaggia così rapidamente, delle cose così semplici, ingenue, ma che avevano un tempo di fruizione lungo, hanno una probabilità più alta di rimanere.
In un mondo in cui contano tanto i numeri in streaming, sei uno di quelli che ancora può permettersi i sold out reali. Che rapporto hai con le piattaforme?
Per fortuna i miei sono tutti contenti per i concerti pieni. Credo, comunque, che siano due campi completamente diversi, lo streaming ha alcune anomalie, per esempio è diventata un monopolio, non ci sono altri servizi – in Europa ce n'è uno -, è una sola piattaforma che di fatto determina e domina il mercato, il che non è, in sé, il male, ma è una piattaforma che ha caratteristiche demografiche specifiche. Qualche giorno fa ascoltavo uno youtuber americano notare come i Beatles fossero oltre la centesima posizione, 128esima, al mondo tra i più ascoltati, il che non significa che i Beatles sono in quella posizione, ma lo sono per una certa fascia di utenti. Bisogna cominciare a pensare che non c'è alcuna medaglia di demerito nel non esserci nella playlist del venerdì e non è una medaglia di merito esserci. Ci sono mille modi di arrivare alle persone con la musica e lo streaming ne è uno, mentre i live ne sono un altro: ci sono mille mezzi di comunicazione e in base a quello che scrivi, l'età che hai e all'età del tuo pubblico arrivi ad alcuni o ad altri. Per me, ovviamente, il live vale più di tutto, in soldoni l'obiettivo di tutti è che una volta che hai una certa credibilità, quando esisti nello streaming devi passare per il mondo fisico, quello che ti premia.
A proposito di tour, immagino che l'impatto ambientale sia importante per un artista, che ne pensi di quello che sta accadendo?
Credo che oggi come non mia la tematica ambientale sia la tematica della sostenibilità della vita dell'uomo: trovare una via praticabile, ora anche i grandi scettici cominciano a dubitare del loro scetticismo, quindi la musica deve fare il proprio. Però bisogna arrivare a un livello di conoscenza e consapevolezza basato su dei dati reali e non sull'emotività del momento. Se dicono di eliminare l'automobile e la soluzione è andare in giro con 635 chili di batteria al Litio in una Tesla mi sembra una cazzata, ma posso sbagliarmi. Dobbiamo cominciare ad avere una visione olistica, affrontando i problemi non nel piccolo ma nell'insieme.