Nel grande circo del pop italiano Max Gazzè non è certo una figura convenzionale, no davvero. Non lo è mai stato, neppure quando diciannove anni e mezzo fa pubblicava per la Virgin il suo esordio da solista, “Contro un’onda del mare”, scegliendo per la copertina una foto dove è all’interno di una di quelle strutture cilindriche che contengono i sacchi dell’immondizia condominiali. Una mossa stravagante che, unita alle bizarrie e all’obliquità della sua formula musicale, a titoli e testi per lo più surreali e, in generale, al suo modo eccentrico di porsi, si tradussero in accostamenti tutto sommato legittimi con il Franco Battiato dei primi anni ’70, quello di dischi creativi e inafferrabili quali “Fetus”, “Pollution” e “Sulle corde di Aries”; che, sul finire del 1995, il cantautore (e bassista, e produttore…) si fosse presentato alla ribalta in versione acustica aprendo i concerti proprio di Battiato fu una sorta di chiusura del cerchio. Dopo quell’exploit, Gazzè avrebbe comunque imboccato una strada più immediata, benché sempre all’insegna di un’espressività tutta sua, lunatica ma non per questo incoerente: decisivi per la sua affermazione il singolo “Cara Valentina” e il fortunatissimo sodalizio con Niccolò Fabi e Riccardo Sinigallia per “Vento d’estate”, entrambi inseriti in quel “La favola di Adamo ed Eva” (1998) che merita senza dubbio un posto fra i massimi capolavori del pop nazionale, nel senso più intelligente e brillante del termine.
Da allora, la carriera del musicista romano è andata avanti più che bene, con poche, inevitabili flessioni artistiche e di popolarità e tanti momenti di alto profilo. Escludendo le antologie, gli album a suo nome finora immessi sul mercato sono otto… e “un terzo”, volendo (giustamente) considerare la sua quota de “Il padrone della festa” cointestato ai vecchi amici Niccolò Fabi e Daniele Silvestri. Sono invece quattro le presenze al Festival di Sanremo, tre i ruoli interpretati per il cinema, una trentina le collaborazioni con colleghi e colleghe (una dozzina i duetti), alcune centinaia di migliaia i CD venduti. Numeri importanti, che testimoniano come almeno in qualche circostanza la personalità, il talento e la voglia (il coraggio?) di rifiutare l’omologazione possano tradursi in risultati concreti e – soprattutto – continuativi. Che un personaggio per molti versi fuori dalle righe come Max Gazzè sia riuscito a raggiungere e conservare visibilità su vasta scala e successo per ormai quasi due decenni è una splendida notizia non solo per lui, ma per chiunque punti ad affermarsi senza suonare banalità, senza vantare un look da fotomodello, senza piegarsi a stantie regole di pseudo-marketing. Che poi, nel caso di Max, il progetto sia sostenuto dalla capacità di inventare melodie, arrangiamenti e parole (queste ultime a quattro mani con il fratello Francesco) che non ho remore a definire “geniali”, è naturalmente un bell’aiuto.
Nell’attesa di concludere con la data al “Rock In Roma” (il 30 di questo mese) l’esperienza in trio con Fabi e Silvestri, rivelatasi uno degli eventi più significativi della stagione 2014/15 del pop-rock nostrano, Max Gazzè – dall’altro ieri quarantottenne – si accinge ad avviare il suo ennesimo tour denominato “Coast To Coast”, con prima tappa dopodomani (il 10) a Torino; a lui toccheranno come al solito microfono e basso, mentre alla collaudatissima backing band composta da Giorgio Baldi alla chitarra, Clemente Ferrari alle tastiere, Cristiano Micalizzi alla batteria e Massimo De Domenico ai fiati è affidato il compito di fornire gli altri mille colori della tavolozza. Uno zigzagare per la Penisola che procederà in parallelo alla preparazione del prossimo album da solista, che visti i consensi raccolti dal precedente “Sotto casa” e dalla prova “a tre” potrebbe regalare all’artista ulteriori gratificazioni; e anche se Max non ama le cose scontate, è difficile pensare che non gradirebbe festeggiare così i due decenni esatti – inizio 2016: i tempi tecnici ci sono tutti – trascorsi dall’uscita di “Contro un’onda del mare”.