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Marco Mengoni ha trovato le sue radici

Sintesi di una serata trascorsa con Marco Mengoni e il suo pubblico al Teatro Quirino. L’occasione di scoprire un artista curioso, rigoroso, ma anche chiassoso e rumoroso, divertente. La giusta nonchalance di chi è pronto agli stadi.
A cura di Francesco Raiola
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Quando mi è stato chiesto di presentare Marco Mengoni per uno dei suoi due incontri con il pubblico ho detto subito sì. Per due motivi: la stima artistica nei confronti del cantautore per quel suo modo di rimettersi sempre in gioco, per l'uso che fa della popolarità che non è usata per crearne altra ma per regalarsi maggiore libertà creativa, perché sa interpretare il pop senza mai cercare la scorciatoia per il mainstream – e perché ero curioso di toccare con mano quello che è il suo rapporto con i fan. Mengoni è uno dei pochi della sua generazione – quella dei poco più che trentenni – che è riuscito, durante un periodo di discografia stagnante, creativamente ed economicamente, non solo a mantenere saldo e in crescita il suo successo, ma a costruirsi una solida fanbase, una credibilità che va anche al di là di coloro che comprano i suoi dischi, un percorso artistico più ampio e anche una reputazione di artista semplice e concreto (e no, non è scontato). Il Teatro Quirino è stato il teatro di questo secondo incontro, quello romano, in cui Mengoni si è raccontato al suo pubblico e a me, e ha raccontato il suo disco Materia (Terra) e la sua arte, attraverso uno show fatto di riflessioni, ricordi, legami, musica, risate e ironia.

La presentazione al Teatro Quirino

A un certo punto, nel mezzo della presentazione, Mengoni ha scherzato con due ragazze che passavano sotto al palco, urlando à la Marchesini: "Dove andate signorine!" che è risuonato nel teatro ammutolitosi per un attimo e poi scoppiato in una fragorosa risata. Quel momento è servito a lui per chiarire una cosa, ovvero che alla fine, benché per alcuni si porti appresso lo stigma di cantautore per momenti malinconici, è un “caciarone” (per usare una parafrasi di ciò che ha detto lui) e ha tenuto molto a dirlo e ribadirlo, perché si tende spesso, per pigrizia, a categorizzare i personaggi pubblici, ad attaccare loro delle etichette da cui è complesso staccarsi. Lui ci è riuscito e guardarlo interagire con tutte le persone accorse lì per lui, è stato educativo anche per chi la musica e quel rapporto deve raccontarlo. Questa sua poliedricità, questa capacità di muoversi nei sentimenti, la si sente forte anche in Materia (Terra), il suo ultimo album, primo capitolo di una trilogia di cui non sappiamo – e non sa neanche lui – i tempi di uscite, perché sta lavorando in totale libertà e senza scadenze. Mengoni ha spiegato tranquillamente come nella sua ricerca artistica, la pandemia abbia accelerato senza dubbio questo bisogno di tornare alle radici, appunto.

Ma cosa significa in soldoni, tornare alle radici? Significa, a livello affettivo tornare alla famiglia, a ciò che consideriamo tale, e non è un caso che nell'album ci siano la madre (a cui è dedicata "Luce" e l'album intero) e il padre (che appare a cavallo nel video di "Cambia un uomo"), ma anche il nonno Sestilio, figura importante nella formazione di Marco, che lo ha avvicinato alle cose della Natura, al rispetto, insomma, verso il Pianeta. Il discorso sulla gentilezza che ha presentato Sanremo deriva da questo e da un percorso che Mengoni ultimamente rivendica spesso: non un generico volemose bene che lascia il tempo che trova, ma una ricerca di empatia che al Teatro Quirino di Roma i fan hanno sentito forte (e che chi scrive ha toccato con mano sia al momento che nei messaggi ricevuti nei giorni successivi): "Io sto provando a eliminare del tutto il giudizio dal pensiero e dal mio modo di confrontarmi con il mondo"; ha detto in uno dei momenti più intensi della serata.

La ricerca delle origini

Dall'altro lato, tornare alle radici ha voluto dire tornare alle origini musicali, alle origini black della musica, al soul, al funk, all'Rn'B, mescolandoli al pop, come si sente in un album che mette subito i puntini sulle i di quello che è il messaggio. L'album, infatti, comincia con “Cambia un uomo”, brano che contiene quelli che possiamo considerare due dei versi fondativi di questo cambiamento del cantautore: "Dimmi di riprovare ma non di rinunciare". Se la serata milanese aveva toccato il lato più introspettivo di Mengoni, quella di Roma ha mostrato quello più ironico e naturale, complice anche la presenza della famiglia tra il pubblico, o semplicemente perché si è ritrovato in quella che, dai 19 anni in poi, è stata la sua città e quindi casa. Ora dal teatro si passa agli stadi, il 19 giugno a San Siro e il 22
giugno allo Stadio Olimpico, quegli stadi attesi da anni e che tra qualche mese diventeranno realtà e lo porteranno in una dimensione maggiore, confermandolo come una delle poche popstar italiane. Sperando che nessuno più gli chieda di abbassare il volume a due.

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