LIBERATO esiste e lo ha dimostrato davanti a 75 mila persone a Napoli
Nonostante le apparizioni sporadiche, l'assenza di attività social quotidiana – che ogni volta fa gridare a qualcuno dello sgonfiarsi del fenomeno -, di singoli in uscita ogni tot per mantenere l'hype, LIBERATO ha dimostrato non solo di esistere nella realtà ma di avere un seguito che riesce a riempire tre serate in Piazza del Plebiscito con un totale di circa 75 mila persone. E soprattutto ha dimostrato di poter competere senza troppi problemi con produzioni importanti: è un set "internazionale" quello che si è visto nella città partenopea, con un insieme di palco, luci e visual che, ispirato anche dai Massive Attack, non aveva da fare invidia a nessuno (diamo a Cesare quel che è di Cesare: lighting, stage design e programming sono a cura di Martino Cerati mentre i Visual Art a cura di QUIET ENSEMBLE).
Liberato c'è, quindi, e la dimostrazione è anche nel pubblico che cantava tutte le canzoni e ballava un set tiratissimo dall'inizio alla fine. Ma la cosa sorprendente è stata rendersi conto della varietà di quel pubblico che segue il misterioso artista napoletano con vecchi clubbers che si mescolavano a giovanissimi e giovanissime – e chissà che non abbia aiutato la presenza di "Me staje appennenno amò" in "Mare Fuori" -: persone reali, che hanno occupato tutta Piazza del Plebiscito e sono stati ripagati. Lo stage design riprende quello che aveva già proposto qualche anno fa a Roma, ma resta impressionante per la qualità e il sapore internazionale, mentre il set, ovviamente, è cambiato, aggiungendo anche le canzoni dell'ultimo album.
LIBERATO vuole creare una sorta di comunanza che oltre alla musica è legata a un'identità, un po' come nelle canzoni, mescolare la dimensione internazionale a quella prettamente partenopea: nelle canzoni lo vediamo con l'alternanza plastica di napoletano e inglese, nei riferimenti alla canzone classica napoletana e alla scena dance internazionale, mentre nel live lo si vede proprio con una produzione importante e la totale napoletanità del cantante che non rifugge i cliché, anzi talvolta li esagera volontariamente, esagerandio l'attitudine da stadio, il rivolgersi ai fan esclusivamente in un napoletano "sporco", fino a condensare il tutto, per esempio, nel corpo di ballo FUNA che parte da Napoli per creare una coreografia che unisce danza contemporanea, verticale, mentre i synth si uniscono alla tammorra.
Il set è tutto da ballare, una suite lunga poco più di un'ora e mezza, che trasformerebbe Piazza del Plebiscito in un dancefloor se non fosse stracolma. E così si balla sul posto e si canta, con una scaletta che unisce i suoi primi successi ai singoli rilasciati i questi anni, pescando, chiaramente, anche dai tre album "LIberato", "Ultras" e Liberato II". Ci sono, quindi singoli come "Gaiola Portafortuna", "Tu t'e scurdato ‘e me", "Me Staj Appennen Amò" e una "Nove Maggio" che vede sul palco, incappucciato, anche Calcutta che, anche lui incappucciato, torna a prendere confidenza col palco prima del suo tour. Poi ci sono "Partenope", "Tu Me Faje Ascì Pazz'", "Oi Marì", portandoti dal lungomare di Napoli a qualche club europeo, fino alla chiusura con "‘O core nun tene padroni", diventata uan delle canzoni simbolo del terzo scudetto del Napoli, con cui LIBERATO chiude il concerto.
LIBERATO torna a ricordarci che lui c'è sempre, anche – soprattutto – quando non c'è, confermandosi come uno degli artisti italiani più interessanti di questi anni. E dimostrando che si possono creare cose interessanti senza per forza lasciarsi alle spalle il marketing, anzi, usandolo come propulsore per prendersi qualche libertà e riuscire a creare dal nulla una dimensione che realmente mescola linguaggi e pubblici. Perché, alla fine, questo resta uno dei pregi del cantautore, ovvero aver trovato uno spazio, e soprattutto un'identità, mescolandone svariate e dimostrando nei fatti – e lo abbiamo in forma diversa anche coi Nu Genea – che aprirsi, contaminare e contaminarsi, aprirsi alla creatività, mescolare veramente territorio e fattore internazionale è una chiave reale di successo.