“Dal mio precedente disco erano passati cinque anni, durante i quali ho fatto un sacco di cose, compresi molti concerti proprio con i Rossofuoco. In pratica, tranne gli ultimi tre mesi, non ci siamo mai fermati. Era il momento di un nuovo lavoro, ma volevamo qualcosa da realizzare rapidamente. Così ho messo in atto l’idea delle cover, che mi portavo dietro – con tanto di titolo – da metà anni ’80: se mi imbattevo in un brano che mi sarebbe piaciuto esser stato io a scrivere, lo annotavo mentalmente”. A parlare è Giorgio Canali, una vita spesa nella musica come tecnico del suono, produttore (gli esordi di Verdena e Le Luci della Centrale Elettrica, ad esempio), fondatore dei Politrio, chitarrista dei CCCP Fedeli alla Linea e delle loro filiazioni (CSI, PGR e Post-CSI), collaboratore dei Noir Desir e titolare di sei (sette dal 18 marzo) album a suo nome, tutti tranne il primo cointestati alla sua band Rossofuoco. Lui canta con furore, percuote la chitarra come se non ci fosse un domani, scrive musiche ruvide anche quando sono pacate e testi non privi di sfumature “ferrettiane” che spaziano da temi politici – alla luce della “fiaccola dell’anarchia”, per dirla con Guccini – alla sfera personale e sentimentale (“Però sembro incazzato persino quando canto ti amo”, precisa divertito). È forse la persona più autentica e “senza filtri” che mi sia capitato di incontrare in ormai quasi quattro decenni nel circo della musica italiana, e se mi venissero dei dubbi mi basterebbe pensare al titolo della sua biografia, pubblicata nel 2011: “Fatevi fottere”. Più esplicito di così…
Autobiografico, in qualche modo, è pure “Perle per porci”, la raccolta di brani altrui – tredici in tutto – in arrivo nei negozi con il marchio Woodworm. Con l’eccezione di “Le storie di ieri” di Francesco De Gregori, “F-104” di Eugenio Finardi, “Buon anno” di Faust’O e “Lacrimogeni” de Le Luci della Centrale Elettrica, e magari “Mi vuoi bene o no?” di Angela Baraldi, nessuno è firmato da autori noti fuori dal giro underground nazionale, storico e contemporaneo; fino a prova contraria, infatti, sono in pochi a conoscere Corman & Tuscadu (band francese, il testo era in origine in inglese ed è stato tradotto quasi letteralmente), L’upo, Macromeo, Mary In June, Plasticost, Frigidaire Tango, Luc Orient e Santo Niente. Composizioni validissime che, secondo il loro esegeta, non hanno raccolto quello che meritavano e sono state, quindi, “sprecate”. Perle per porci, appunto, pescate nella memoria e trasformate a tutti gli effetti in pezzi dei Rossofuoco, come sempre spigolosi benché nel complesso meno aggressivi, convulsi e lancinanti del solito. “Per la scaletta ci siamo confrontati democraticamente fra noi”, ha raccontato Giorgio, “mettendo la selezione ai voti. Abbiamo privilegiato i brani che ci sembravano ‘rossofuocoizzabili’ più degli altri, perché certo non avrei voluto violentare canzoni che mi piacciono. Tutto è stato deciso e registrato in appena otto giorni“. Va da sé che il serbatoio nel quale attingere era ben più ampio, e il (sensatissimo) criterio di scelta ha comportato varie esclusioni dolorose. “Infatti mi sta venendo sempre più voglia di un ‘Perle per porci due’: acustico, minimale, con ballate strappamutande tipo quelle degli Eva Mon Amour o dei Virginiana Miller da interpretare con questa mia voce roca“.
Un “sequel” tra un tot di mesi… e perché no? I tre decenni esatti trascorsi da quando l’oggi cinquasettenne romagnolo – di Predappio: per un curioso scherzo del destino, la stessa città natale di Benito Mussolini – debuttò su vinile come frontman dell’inafferrabile compagine post-punk sperimentale Politrio, potrebbero giustificare una doppia uscita che andrebbe ulteriormente a gravare su un (non) mercato – le cifre di vendita sono, come sappiamo, per lo più ridicole – già pletorico. Se ne parlerà, comunque, più avanti, poiché ora c’è da pensare a portare in giro per l’Italia questi tredici preziosi recuperi, ovviamente incastonandoli nel repertorio di materiale autografo. “Cercheremo di proporne più possibile, confidando di riuscire a renderli al meglio. Gli arrangiamenti sono piuttosto semplici, mentre il canto potrebbe darmi qualche problema, dato che ancora mi manca il rodaggio. Però sono fiducioso, specie perché questo disco è il primo che, dopo averlo terminato, non ho buttato in un cassetto per un mese, ma ho riascoltato e riascoltato, non dico ogni giorno ma quattro o cinque volte alla settimana senz’altro sì. Forse è perché lo sento meno ‘mio’ e dunque ci trovo dentro cose che mi sorprendono”. E figuriamoci lo stupore di quanti, grazie a Giorgio Canali, scopriranno la surreale “Canzone Dada” dei Plasticost, la suggestiva “Buon anno” di Faust’O, la sofferta “Richiamo” dei Frigidaire Tango (adattata appositamente dall’inglese) o l’ipnotica “Gambe di Abebe” dei Luc Orient. Dopo quelle dei porci e dei quattro gatti, è ora che giungano a una platea più vasta.