Le pagelle BIG di Sanremo 2013
Alla fine l'abbiamo messa ai voti. Dopo aver ascoltato tutte le canzoni, ecco le pagelle dei 14 big del Festival di Sanremo 2013, secondo Eleonora D'Amore e Gennaro Marco Duello, dalla redazione Spettacolo di fanpage.it. Ci state seguendo su twitter, quindi già vi siete fatti un idea di cosa pensiamo degli artisti in gara, su cosa c'è piaciuto su cosa proprio non c'è andato a genio. Entrambi rapiti dalla splendida "A bocca chiusa" di Daniele Silvestri, certi della presenza sul podio de "La canzone mononota" di Elio e le storie tese, prima di lasciarvi alle pagelle, vediamo nel dettaglio un rapido commento sulle prime due serate.
Eleonora D'Amore. Un Festival preannunciato fortissimo, sotto il punto di vista della scelta musicale, ma rivelatosi ben presto una fregatura. Nel corso della prima serata colpiscono a primo ascolto solo due artisti: Daniele Silvestri, con il canto romanaccio di "A bocca chiusa" e l'esibizione "Essenziale" di Mengoni, emozionante al punto giusto, senza strafare. Deludono, invece, Gualazzi, Simona Molinari e Peter Cincotti, e la coloratissima Maria Nazionale. Non male Marta sui tubi e Chiara, che però a causa della spending review ha perso il cognome (Galiazzo, che aveva in quel di Sky) e un pò di quella adorabile verve che le ha consentito di vincere l'ultimo X Factor.
La seconda serata non parte meglio con i "lamentosi" Modà e Cristicchi, ossessionati dal tema della morte ("Se si potesse non morire"/"La prima volta-che non sono morto) e meno sulle dirette conseguenze inflitte al pubblico. In salita poi il tono qualitativo con Gazzè e Malika Ayane, non fosse altro che per la presenza di autori d'eccezione, e decisamente meglio la chiusura con la triade più meritevole della seconda serata: Elio, Almamegretta e Annalisa. L'unica donna, giovanissima tra l'altro, che ha fatto "Scintille" con la voce e con la presenza eterea in abito bianco. Clima musicale più allegro e più vicino al pubblico sanremese, meno rigido rispetto all'esordio, che aveva invece deluso le grandi aspettative di questo Sanremo volutamente "svecchiato", anche con qualche prevedibile rischio nell'assenza di brani legati alla tradizione.
Gennaro M. Duello. Daniele Silvestri ha già vinto, qualunque sia l'esito. Un'esibizione in punta di piedi, straniante, coadiuvato dalla traduzione in lingua dei segni, "A bocca chiusa" è "la canzone" definitiva del percorso del cantautore romano. Mi è piaciuta "Vorrei" dei Marta sui Tubi, quasi un esercizio di metrica, una sfida sperimentale che, a ben vedere, tira in ballo i virtuosismi dialettici che utilizzava Lucio Dalla nei suoi brani. Bene anche Marco Mengoni, che la stampa nelle anteprime aveva fatto a pezzi. La sua "L'essenziale" è in verità nulla di più e nulla di meno di quanto si possa chiedere ad una canzone sanremese. Per questo va bene. Troppo banali, invece, il duo Molinari-Cincotti, nonostante le firme pregevoli di Luttazzi e Zeppieri. Mi delude Maria Nazionale, da lei mi aspettavo un cambio di direzione, che del resto era stato ampiamente annunciato dalle comunicazioni a mezzo stampa, ma che, ahimè, alla fine non c'è stato.
Nella seconda serata, che dire, Elio e le storie tese hanno cannibalizzato tutto e tutti, "La canzone mononota" rischia seriamente di vincere. Bene anche Annalisa che si è finalmente tolta di dosso quell'arietta da diva tirata fuori dai reality, ed ha affrontato l'Ariston con personalità. Farà "scintille"? Applausi anche a Max Gazzè che riesce, dopo un periodo difficile, a trovare ancora la forza e l'ironia di far sorridere con la sua "Sotto casa". Ho amato gli Almamegretta sia in "Onda che vai" che in "Mamma non lo sa", ma quest'ultima rappresenta in toto la vera anima migrante del gruppo. Delusioni cocenti, quasi irritanti, mi sono arrivate dai Modà e da Simone Cristicchi. I primi portano a Sanremo un testo debole, quasi patetico, il secondo ha lasciato la sua vena creativa in un cassetto.