La vedova di Lucio Battisti a Mogol: “Non ti riesce di separare il suo nome dal tuo”, arriva la replica
In queste ore, Grazia Letizia Veronese, vedova di Lucio Battisti, ha scritto una lettera aperta a Giulio Rapetti, in arte Mogol. Lo ha accusato di non riuscire a separare il suo nome da quello di Battisti. Inoltre, sostiene che l'artista abbia mentito quando ha dichiarato di avere dato una lettera all'artista poco prima che morisse. Ecco il testo della missiva e la replica di Mogol.
La lettera di Grazia Letizia Veronese a Mogol
Grazia Letizia Veronese ha scritto una lettera a Mogol, riferendosi a lui come "ragionier Giulio Rapetti, imprenditore, in arte Mogol, paroliere": "Eccomi qui. Sono passati 25 anni da quando Lucio Battisti non è più fra noi. Noto, caro Giulio, che non perdi occasione pubblica per spargere il tuo miele su Lucio, dichiarando di averlo amato tanto: io credo che tu abbia ragioni per amarlo molto di più adesso, visto che ancora oggi, dopo un quarto di secolo dalla sua morte, non ti riesce di separare il suo nome dal tuo". E ha continuato:
Noto anche che, in queste occasioni, non fai mai alcun cenno alle innumerevoli cause che hai intentato dopo la morte di Lucio: tre gradi di giudizio per una questione di confini, due gradi di giudizio per un risarcimento danni, per "perdita di chance": una causa che, visto l'esito, ha costretto in liquidazione le Edizioni Acqua Azzurra. Ed ecco ora, dopo sette anni dalla sentenza del 2016, una nuova identica causa, questa appena nata, ma ancora per "perdita di chance". Ti ricordo (fra parentesi) che sono ancora in attesa di una risposta alla lettera che ti ho scritto il 10 giugno del 2020, quando eri Presidente effettivo della Siae. Sono passati tre anni e hai ritenuto di ignorare quella lettera ma, nel frattempo, hai continuato a produrre programmi che hanno al centro Lucio Battisti (che, consentimi il termine, è diventato il tuo passepartout). Infine, per quanto riguarda la salute di Lucio e le cause della sua morte, ti chiedo gentilmente di lasciar perdere le tue infondate supposizioni e ogni altra illazione. Ti chiedo soltanto di rispettare la sua dignità di uomo, dopo avere tanto lusingato la sua figura di artista.
Così, ha concluso: "A tal proposito, ti invito a non raccontare più la commovente storia della "lettera consegnata di nascosto a Lucio", ora da un'infermiera, ora da un medico, ora da un non meglio identificato "professore"…Voglio precisare, una volta per tutte, che mio marito in quei giorni lottava per la sua vita, che nessuno ha mai ricevuto una tua lettera, che Lucio in quegli stessi giorni non è stato mai lasciato solo e che non ha mai pianto, tantomeno ricordando la vostra "amicizia". Ti rammento che il vostro "sodalizio artistico" si era interrotto nel lontano 1980. Sono passati ormai 43 anni, Giulio! Senza rancore. Grazia Letizia Veronese Battisti".
La replica di Mogol
Mogol ha replicato a Grazia Letizia Veronese in un'intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale. Ha spiegato di non aver letto la lettera, ma di essere stato informato sul contenuto. Quindi ha chiarito di non avere intenzione di alimentare la polemica: "Sulle vertenze giudiziarie si sono espressi e si esprimeranno i magistrati". Quindi si è limitato a fare due precisazioni:
Mi dispiace si possa anche soltanto immaginare che io mi sia inventato di aver fatto avere una lettera a Lucio nel periodo finale della sua malattia. Non so che motivo avrebbe potuto spingermi a raccontare una bugia. Tra l’altro, fu un medico a rendere testimonianza della cosa, parlandone con una giornalista. Poi apprendo che nella lettera mi si definisce paroliere…Ecco, io ho sempre considerato una forma di mancanza di rispetto l’uso del termine paroliere per chi scrive versi destinati alle canzoni. E Lucio la pensava come me. […] Paroliere è chi realizza lo schema delle parole crociate […] è un modo spregiativo di valutare il lavoro di una persona. È una questione di principio.
Infine, ha chiarito il motivo per cui il sodalizio con Lucio Battisti finì nel 1980: "Fu una questione economica. Io trovavo giusto che i diritti sulle canzoni fossero ripartiti paritariamente tra noi, nonostante la legge dicesse un’altra cosa. Lui inizialmente sembrava d’accordo, invece andò a casa e cambiò idea e ci separammo”.