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“La musica è in crescita pure a Natale, ma resta l’incognita live”: intervista a Enzo Mazza, FIMI

È stato un anno a due velocità per il comparto musicale: da una parte infatti si è completamente bloccato tutto il comparto live, creando una crisi economica enorme per l’industria, e dall’altro, a livello di mercato discografico, la questione cambia e il segno si fa più, anche questo Natale, come spiega Enzo Mazza, Ceo di Fimi.
A cura di Francesco Raiola
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(Dan Kitwood/Getty Images)
(Dan Kitwood/Getty Images)

Nonostante la pandemia, almeno a livello discografico i numeri del comparto musicale si chiuderanno con un segno più. È stato un anno a due velocità a causa del Covid-19: da una parte infatti si è completamente bloccato tutto il comparto live, creando una crisi economica enorme per l'industria musicale e in particolare per i lavoratori dello spettacolo che tengono su uno dei segmenti più remunerativi, dall'altro, a livello di mercato discografico la questione cambia. Lo spiega Enzo Mazza, CEO di FIMI, che ricorda come dopo un periodo iniziale di indecisione da parte di artisti ed etichette, il mondo della musica abbia capito che non aveva senso bloccare le uscite discografiche e far stagnare ancora di più il comparto, contando anche che anche il rapporto artista-fan è cambiato. Insomma, live a parte, che per ora non vede una via di uscita, il Natale a livello commerciale tiene ancora, nonostante il calo del fisico, ancora più giù a causa dello stop agli instore.

Enzo Mazza, ci racconta come è stato questo 2020 per la musica?

Bisogna distinguere tra quello che è accaduto nel mondo del live e quello che è accaduto nel mondo discografico, perché è stato un anno a due facce. Il mondo del live è fermo, con una fortissima crisi a livello non solo economico ma anche occupazionale visto che ci sono tantissime persone ferme, al punto che sono state create delle iniziative per sostenere queste situazioni oltre a essere stati attivati canali istituzionali. Tutto ruota attorno all'emergenza e ai Ristori, non si sa chiaramente ancora quale sarà il futuro della musica dal vivo, perché è impossibile fare previsioni, si spera nella seconda parte del 2021 anche se si parla sempre più insistentemente del rinvio di tutti i grandi tour mondiali al 2022. Insomma, c'è una fase di incertezza che impatta sul mondo del lavoro, anche perché quello della musica crea economie indotte, penso a quello del turismo, che gira intorno ai live.

Poi c'è l'altra faccia della medaglia…

Quella dell'industria discografica che, avendo avuto l'opportunità dello streaming, ha potuto continuare a lavorare. Questo è stato forse l'aspetto più importante, dal primo lockdown c'è stata un'attività che è continuata, anche se pure in questo settore ci sono stati danni rilevanti, basti pensare al mondo del fisico che viaggia col 30% di ricavi in meno.

Anche a causa della mancanza degli instore, immagino.

Certo, anche il vinile che aveva dinamiche di crescita ha rallentato molto nonostante l'e-commerce, anche se a un certo punto pure quel settore è rimasto fermo per dare priorità ai prodotti di prima necessità.

Insomma, ancora una volta è stato lo streaming, in qualche modo, a tenere un po' su l'industria?

Sì, ha consentito al settore discografico di essere comunque in positivo: anche gli ultimi 9 mesi dimostrano dinamiche positive che hanno trascinato il mercato a fare un +5%. C'è, però, un'altra area di sofferenza che è quella dei diritti e della sincronizzazione: c'è stato un impatto sul lockdown, con la chiusura di bar, discoteche, eventi, anche se l'impatto è stato, ovviamente, minore di quello della Siae.

Molti aspetti negativi, ma anche qualcosa da salvare?

Si contano delle difficoltà, certo, ma ci sono anche aspetti positivi. Molti artisti hanno compreso che bisognava continuare a produrre e pubblicare e questo è stato un aspetto non scontato all'inizio: molti pensavano che l'uscita di album e singoli dovesse essere legata a un'attività live o di instore. Poi i numeri, però, hanno dato conforto, si è capito che c'è sempre necessità di consumare musica, anzi sotto certi profili il fan di oggi si aspetta di avere il suo artista che gli dà qualcosa, soprattutto in una fase in cui gli manca anche il live.

Insomma, si è rafforzato quel cambiamento di dinamiche anche tra artista e fan che vediamo da un po'.

Bisogna tenere conto che oggi, con le dinamiche veloci che ci sono nello streaming, il rischio che il fan si allontani dall'artista che resta troppo in silenzio è concreto. Al di là dell'attività social, che tutti fanno, più o meno, oggi il fan si aspetta una relazione continuativa e per certi generi musicali il potenziale rischio di stare fermi troppo tempo si può tradurre nella difficoltà di tenere legati il fan e la propria musica: se stai fermo troppo tempo rischi di perdere un'intera classe di persone che ti seguono.

Lo streaming continua a essere un attore importante, ma porta con sé non poche critiche economiche, visto che spesso premia chi è già famoso, come se ne esce?

Quello della remunerazione dello streaming è un falso problema perché più legato alla tipologia dei consumi: è chiaro che oggi lo streaming è ancora molto collegato a generi molto giovani, quindi il mondo dei legacy artists soffre questa forte ascesa dei generi musicali, laddove artisti giovani stanno generando economie importanti. Per quanto riguarda i legacy artist questo discorso si unisce a un altro ragionamento, quello sul catalogo che sta cominciando, anche grazie al nuovo impulso dato dal lockdown ad attrarre una nuova fascia di consumatori, ovvero quelli adulti. Durante il lockdown, a causa delle chiusure e della mancanza di prodotto fisico molti più consumatori adulti si sono abbonati ai servizi in streaming: solo in Italia sono cresciuti del 30%, il che vuol dire che anche con le dinamiche di ascolto si stanno modificando. È vero che ancora vediamo tantissimi brani e album hip hop in cima alle classifiche, però abbiamo anche altri fenomeni che crescono, altri generi che fanno numeri importanti.

Per quanto riguarda i livestreaming, invece? Lì forse è ancora maggiore il problema economico, con i grandi premiati e i piccoli ad arrancare.

Soprattutto a livello locale è più difficile ricreare un tour di un artista: come lo fai in streaming? Puoi fare una tappa sola, non si può ipotizzare un evento esclusivo come quelli dei BTS o di Dua Lipa che hanno dinamiche mondiali. In futuro è possibile che il livestreaming rimanga, magari collegato a quei grandi tour mondiali che non possono raggiungere tutti i luoghi del mondo: si potrebbe ipotizzare che a causa della pandemia i grandi artisti mondiali facciano tour limitati e da quei tour vengano fatte dirette streaming per i fan che non erano potuti essere presenti.

Si parla di un lavoro sui bonus: contenuti esclusivi per i fan da una parte e un modo per monetizzare da parte degli artisti dall'altra.

Da un lato l'evento esclusivo attrae molti fan e dovrà avere contenuti esclusivi: io immagino anche la possibilità per i fan di essere coinvolti nell'evento, con una visuale particolare, tipo Formula Uno, o diretta nel backstage interagendo sul pc, insomma tutti quei contenuti aggiuntivi che oggi esistono nel mondo dello sport e dei videogiochi potrebbero essere una utile aggiunta.

Però parliamo dei cosiddetti Big, no?

Il modello teatro, quindi il cantante abituato a un contesto più intimo, potrebbe usare lo streaming in un altro modo, introducendo performance con attività esclusive, con cover o con contenuti ad hoc e magari legato alla presentazione di dischi, agli instore.

Che Natale sarà a livello di mercato?

In questo momento i numeri sono in crescita, quindi rispetto a qualche mese fa anche il prodotto fisico è in crescita, ovviamente rispetto a quelli che erano i numeri di sei mesi fa, ma siamo sempre in una dinamica in cui è difficile recuperare: il disco, poi, è uno di quei regali che si fanno all'ultimo momento quindi negli ultimi giorni disponibili potrebbe essere un'opzione. Dall'altra parte lo streaming cresce a volumi consistenti.

Sono il rap e l'urban la direzione in cui continueranno ad andare i numeri del mercato?

Beh, in questa fase sicuramente sì, questo tipo di genere musicale e artisti sono stati quelli che più di tutti hanno mantenuto un legame coi fan sia dal punto di vista della produzione che da quello del rapporto diretto, quindi capitalizzano questa capacità di essere da sempre innovatori anche a livello di tecnologie. Questo, però, deve essere anche stimolo per gli altri, che hanno davanti grandi possibilità. Se dobbiamo guardare agli aspetti positivi della pandemia è che ha fatto capire che le opportunità date dalle tecnologie sono enormi e alcune ancora sotto utilizzate.

Non c'è il rischio che lo streaming dopi le classifiche e i numeri? 

Però mi sembra che è vero che il mercato è dominato in buona parte dall'urban, ma in questi ultimi tempi anche band come AC/DC, o artisti come Mina e Zero sono entrati alti in classifica.

Però questi sono gli album "natalizi"!

In parte sì, ma questo è un mondo che sta generando economie dello streaming e sono in classifica non sono solo per lo streaming. Sono lì per una fetta di fisico ma cresce anche lo streaming: ci sono opportunità che sono davanti a tutti anche per generi che hanno avuto più difficoltà a imporsi perché il pubblico sta cominciando a cambiare, la pandemia ha obbligato tutti a fare smartworking e usare tecnologie digitali e questa cosa impatta su tutto.

Ci sono novità per il conteggio delle classifiche nel prossimo futuro?

No,  quest'anno c'è stata l'integrazione di Amazon con tutti i suoi canali, siamo sempre a livello globale sulla impossibile integrazione di Youtube, con una serie di elementi che devono essere chiari, ma devono esserci delle garanzie. È un problema mondiale, non italiano, in Europa si sta discutendo sullo user generated e sui video ufficiali, perché noi siamo impegnati sull'attività di controllo per combattere la streaming manipulation, problema che va tenuto costantemente sotto controllo.

Cosa cambia per il settore con l'approvazione del DL Ristori?

Il DL ristori ha migliorato di molto l’originario tax credit estendendo a 800 mila euro per triennio l’investimento da defiscalizzare. Un importante passo in avanti in vista della ripresa perché, grazie anche al fatto che non vi è più il limite delle tre opere si potrà investire su tutte le produzioni come avviene nel cinema. Abbiamo superato il modello francese al quale ci eravamo ispirati e questo è sicuramente un successo.

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