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Junior Cally torna con Deviazioni: “Ho buttato un disco già pronto, non mi rappresentava”

Dopo un Festival di Sanremo e gli anni pandemici, un disco cancellato a pochi giorni dall’uscita, Junior Cally è ritornato con Deviazioni. Qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Junior Cally 2022
Junior Cally 2022

Alla fine, Junior Cally, aka Antonio Signore, ha avuto ragione: non per la scelta in sé di annullare e cancellare un disco già autografato, ma per la capacità di essere vero con sé stesso. Forse anche "vivo". Proprio da questo brano cominciano le fortune di un progetto come "Distrazioni" che mantiene poco del filone narrativo inaugurato negli anni passati da Junior Cally, lasciando al pubblico una versione più consapevole, forse più emotiva e lontana dal gioco che lo aveva fagocitato. Perché dopo Sanremo e gli anni pandemici, Junior Cally aveva bisogno di amare e rappresentare una versione più reale di sé stessa e il prossimo 20 gennaio, all'Alcatraz Forum di Milano, potrà farlo davanti al suo pubblico. La maschera? Un contorno adesso, una componente essenziale però nella sua evoluzione: forse lei salirà sul palco, solo per qualche giro di giostra. L'intervista a Junior Cally qui.

Poche ore fa hai pubblicato la versione "unplugged" di "Vivo". Com'è stato vederti in un nuovo abito?

“Vivo” è la chiusura di un capitolo e l’inizio della mia nuova vita. È l’ultimo brano che ho scritto mentre stavo preparando il disco. È l’unica canzone dell’album che mi dava la possibilità di vedermi in una nuova veste, qualcosa che non avevo mai fatto prima.

Il prossimo 20 gennaio sarà il momento dell'Alcatraz di Milano, tutto questo dopo il periodo pandemico. Che cosa ti aspetti? Che versione di Junior Cally salirà sul palco?

Questi live sono stati annunciati tre anni fa: mi sarei dovuto esibire ad aprile 2020. Ciò che mi aspetto è un gran bel punto interrogativo: sono cambiato io, il mio modo di vedere e vivere la musica. In questo momento è emozionare le persone, riuscire a entrarle nel cuore. Non mi interessa che sia una, dieci, cento o mille. Ai live porterò gran parte della mia discografia, facendo un passo indietro anche sui brani che mi hanno formato.

Ci sarà qualcosa di diverso rispetto al solito?

È il mio primo vero live, la prima volta con un batterista e un chitarrista. C’è un sacco di emozione, di energia positiva. Sono tre anni di silenzio ed è stata veramente dura, una sofferenza.

Cosa ti aspetti da un ambiente completamente nuovo come quello dell'Alcatraz e cosa ti preoccupa maggiormente?

Non è stato facile per uno come me, abituato ai dj set, pensare di salire sul palco con due musicisti. Cambia il modo di lavorare. Ma sono convinto che trasmetteremo molta energia.

Facciamo un passo indietro. A settembre 2021 doveva uscire "Un passo prima", un disco poi cancellato. C'è stato un sacco di rumore, ma come si arriva a "Deviazioni"?

Nel 2021 avevo il disco pronto: era “Un passo prima”. Nel momento in cui ho il disco in mano, decido di farmi aiutare: stavo passando un periodo buio psicologicamente e avevo deciso che mi sarei fatto aiutare. Consegno il disco, esco dal mese con uno psicologo, un personal trainer e un nutrizionista, e mi chiedo quanto mi appartenga questo disco.

Stavi raccontando una persona che non eri più tu.

Ora che sto accedendo a questo nuovo me, mi sono chiesto quanto questo disco mi rappresentasse. Per me stavo facendo un passo indietro. Nel frattempo ero andato in Sony ad autografare tutti i dischi, dall’altra parte non volevo che uscisse, e così è stato. Mi sono accorto dopo che andavo in studio per finirlo, senza alcuna voglia.

Poi cosa è successo? Qual è stata la svolta?

Ho preso una casa estiva con un mio amico, ho chiamato il produttore, il primo con cui avevo lavorato e gli ho detto: “Divertiamoci e facciamo qualcosa di più bello rispetto al disco che ho buttato”. In un mese, è uscito lo scheletro del disco. Mi sono detto: “Comincia dalla verità”. Il primo pezzo in studio è quello per mio fratello (“Sulla mia pelle”).

Dall’altra parte, è un disco anche di rimpianti: c’è il rimorso per un vecchio amore, la nostalgia di una vita e di un posto che cambia, ma soprattutto il racconto di ciò che hai affrontato, la paura.

Assolutamente sì. Io sono un eterno nostalgico e ho paura di lasciarmi le cose indietro. Ho paura dimenticare le cose. Dall’altra parte sono tremendamente affascinato dalla vecchiaia. Più vivi, più sai. Questo disco rappresenta la paura e il coraggio.

E i cambi di rotta.

Ogni deviazione serve ad arricchirci per affrontare meglio le relazioni successive. Mi sono sentito libero di dire ciò che volevo. "Vivo" rappresenta la novità, rappresenta la nuova luce. Non mi sarei mai aspettato un singolo del genere qualche anno fa.

Sarebbe stato il brano giusto da portare al Festival di Sanremo, o magari sarà quello giusto per la prossima partecipazione?

Nella mia testa, Sanremo non l’ho mai fatto. Le persone si chiedevano chi fossi e dopo l’uscita dei testi divento il nemico pubblico numero uno. Vado lì, faccio tutto ma non canto. Penso di meritarmi un’altra occasione. “Vivo” non è mai stato presentato a Sanremo, ma quando l’ho fatto, ho detto ai miei amici che avrei dovuto portare a Sanremo.

Arriviamo alla combinazione "Disturbo ossessivo compulsivo"/"Skit". Quali sono state le condizioni per una testimonianza così forte?

Sono in terapia da piccolo, da quando avevo 18 anni. Scrivere quel brano è stato terapeutico, mi ha fatto bene scrivere “Disturbo ossessivo compulsivo”. A volte in passato scherzavo con me stesso e parlavo con i miei amici del disturbo e mi dicevano che fosse già un primo passo.

Anche un messaggio per un pubblico che potrebbe sentirsi rappresentato dalle tue parole?

A 31 anni mi sento pronto a parlarne, non solo per me, ma anche per mandare un messaggio alle persone che mi ascoltano. In tanti mi hanno scritto che soffrivano della mia stessa condizione: questo ha permesso di capire a me e agli altri che non siamo malati.

A questo punto, senti ancora la necessità della maschera?

A prescindere dalla musica, la maschera dovevo portarla per forza, anche per i tatuaggi, perché purtroppo erano e sono molto riconoscibili. La gente mi lasciava le colazioni pagate al bar. A oggi, Antonio non ha bisogno della maschera, perché sta facendo anche altro oltre la musica. La maschera farà parte di me, anche perché in passato mi ha aiutato e a livello artistico e salirà sul palco con me.

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