Jovanotti presenta ‘Gli immortali’: ‘Il mio racconto ha a che fare con il restare umani’
Alla storia che Jovanotti cerca di raccontare da un ventennio si incastra perfettamente anche il nuovo film concerto de ‘Gli immortali’. Stipati nel Cinema Apollo, sala posta nel centro di Milano, assistiamo all’ennesimo capitolo dello storytelling, come spesso lo definisce Lorenzo, in cui il cantante racconta se stesso, e lo fa – assieme a Michele Truglio, regista del film – raccontando anche la vita di alcuni suoi fan.
L’idea della storia è molto chiara per chiunque segua, anche non approfonditamente, il cantante di Cortona, il quale cerca di mantenere sempre una certa idea di racconto, che sia quella del disco, in cui narra il concetto di contaminazione, ad esempio, facendocela ascoltare, quella dei video – eclatanti, sono, ad esempio, quelli di ‘Sabato’ e ‘Pieno di vita’, in cui si prende anche qualche rischio, giocando su toni più scuri – o, infine, quella del tour.
Il film in esclusiva su Sky Uno
Ed è proprio la preparazione del suo ‘Lorenzo negli stadi 2015’ il filo che unisce le varie storie che si alternano in questo film che a partire dal 4 dicembre andrà in onda su Sky Uno. Il San Siro c’è solo come appuntamento, ma lo show che dovrà andare in onda a Milano è ancora in fieri, nella testa di Lorenzo e del suo team creativo e pian piano, accompagnati da un conto alla rovescia, lo vediamo prendere forma. Lo spiega Jovanotti davanti alla telecamera o nei momenti ‘rubati’ (non sono mai state fatte rifare delle scene per la telecamera, ci tiene a precisare il regista), mentre l’atmosfera di normalità ce la danno i momenti di relax, quelli che ci rendono la normalità del cantante che mangia in mezzo alla gente e passeggia per New York, ma anche lo stupore nel vedere il palco montato, la realizzazione di quella che fino a quel momento – anche per noi spettatori – era solo un’idea.
Le storie de ‘Gli Immortali'
Ma quella de ‘Gli immortali’ (‘Che sono i mortali, noi, che possiamo sperimentare la gioia infinita’) è anche la storia di Giovanni, tetraplegico siciliano e fan da sempre del cantante che alla fine della proiezione ha spiegato come la scelta delle storie sia stata mirata: Giovanni lo vedeva a ogni suo concerto siciliano e così gli ha chiesto se gli andasse di far parte di questo racconto. Poi ci sono Carolina, neo diplomata in attesa di andare a studiare a New York, che Jovanotti lo ha conosciuto quando il padre le fece ascoltare ripetutamente un cd durante un viaggio, Antonio Cairoli, uno dei nostri massimi campioni di motocross, Angelo, dj romano e fondatore della prima tribute band di Jova, Daniele, bambino amante del ballo hip hop e la sua famiglia e, infine, la storia di Ed Menichetti, cantautore che ha colpito il cantante con una cover di ‘Sabato’ e si è ritrovato ad aprirne i concerti. Di tutti viene raccontata la storia personale, accompagnandoli verso San Siro:
Non riesco a vedere il mio pubblico come magma, cerco i loro occhi, le loro storie. Non sono come una setta, sono rock&roll.
Dare se stessi contro il senso di colpa
Voleva un racconto che emozionasse, ha spiegato seduto sul palco dell’Apollo, che rappresentasse vari mondi, che non raccontasse il suo di ego, ma quello del suo pubblico:
Vivo di sensi di colpa rispetto al successo, quindi devo fare tutto. Solo così riesco a mettermi un po’ più a posto con la coscienza.
I talent mi hanno annoiato
Le uniche concessioni all’attualità ‘altra’ dal film sono le parole su Parigi, sul bisogno di andare avanti, perché ‘le cose più leggere diventano come oasi di libertà da difendere (…) E l’idea di libertà non si può sconfiggere’ e quelle su X Factor. Pungolato da una giornalista, infatti, Jovanotti ha ammesso che oggi, dopo averli seguiti nelle fasi iniziali, lo hanno un po’ annoiato:
Se hai talento emergi, non è X Factor che lo crea. Benché sia un prodotto di altissimo livello… no, non farei il giudice, anche perché io non so dire no. Mi diverte di più vedere farlo agli altri.
Il mio storytelling ha a che fare con l'essere umano
Ma se dallo storytelling siamo partiti allo storytelling vogliamo approdare. Perché per capire meglio il cantante è bene capire anche quale sia il fil rouge che ne smuove la vita e il suo racconto. Per questo gli abbiamo chiesto quale sia questo fil rouge:
Il mio storytelling ha a che fare con il restare umani, ha a che fare con l’essere un essere umano, quindi non rinunciare alle emozioni, non rinunciare al pensiero, alla curiosità, allo spirito critico… le cose degli esseri umani sono quelle che mi interessano sempre di più. La tecnologia in qualche modo ci distanzia fisicamente, mette una barriera fisica tra di noi attraverso l’informatizzazione dei rapporti e questa cosa per me diventa un territorio interessante da raccontare, da starci dentro perché alla fine niente è come un rapporto umano, niente è come il contatto diretto, nessuna app potrà mai sostituire una chiacchierata tra di noi, andare a un concerto, l’esperienza del caldo e del freddo. Quindi, per quanto mi riguarda, ho stretto un po’ il mio campo e sto lavorando ultimamente su questa cosa qua, sul fatto di far scatenare delle emozioni, che mi facciano in qualche modo sentire vivo in quel momento. Questo è il mio storytelling, non è escatologica, come dire, non è che ho una fede nel domani, o perlomeno fa parte del privato, diciamo che c’ho una certa fiducia nel fatto che la vita sia qualcosa, che sia qualcosa a cui dare importanza. Ogni vita. Su questo cerco di scrivere ultimamente. Lo storytelling per me è sempre stato qualcosa di difficile proprio perché, venendo io dalla frammentazione, ed essendo un poco un tipo frammentario e frammentato, lo storytelling è proprio il mio problema, è il territorio in cui non sono bravo.