Ivan Graziani, gigante della musica italiana ben oltre le polemiche di X Factor
C'è chi pensa che l'importante è che se ne parli e chi si dispiace che di un gigante della musica italiana come Ivan Graziani si parli solo per questioni laterali alla musica, anzi, che pur partendo dalla musica, con questa non hanno niente a che fare. Il nome di Graziani – ripetiamo: "gigante della musica italiana" – è tornato a fare capolino nel mondo musicale italiano a causa di un inciampo di Francesca Michielin che, durante un'intervista a Colapesce e Dimartino – che nell'ultimo album hanno pubblicato un inedito del cantautore -, ha parlato di Graziani come se fosse ancora in vita. Un errore che nella fretta della diretta può capitare, diventato però un piccolo caso sui social, proseguito per tutta la settimana e usato da Morgan, durante l'ultima puntata del talent di Sky, per punzecchiare proprio la presentatrice.
Speriamo, almeno, che questo parlare di Graziani possa portare un'ulteriore onda di curiosità verso quello che è il classico autore famosissimo ma non conosciutissimo dal grande pubblico. Di Graziani abbiamo tutti ascoltato canzoni come "Lugano Addio", "Firenze – Canzone triste", "Maledette malelingue", "Agnese", "Pigro", brani che fanno parte del canzoniere italiano. Artista a tutto tondo – fumettista, scultore, scrittore, chitarrista e cantautore – Graziani è stata un'anomalia nel percorso musicale italiano: musicista sopraffino, chitarrista-cantautore, difficilmente ascrivibile nelle solite categorie, in grado di alternare ballads struggenti e uptempo, poesie e simil-filastrocche, con intuizioni come quella di "Taglia la testa al gallo", unendo un linguaggio popolare, ma riuscendo a tenere sempre alta l'asticella.
Canzoni caratterizzate anche da titoli che riprendevano una geografia ampia, con nomi di città e Paesi (Firenze, Lugano, Olanda, Siracusa) o di donna (Giulia, Isabella, Minou, Susy), che tornava anche nei testi, come la Marta di "Lugano, addio", con quell'incipit quasi disegnato: "Le scarpe da tennis bianche e blu, seni pesanti e labbra rosse e la giacca a vento. Oh, Marta io ti ricordo così, il tuo sorriso e i tuoi capelli fermi come il lago". Nato a Teramo e scomparso a soli 51 anni, Graziani ha lasciato un'eredità musicale importantissima, fu il primo cantautore a salire sul palco del Tenzo, nel 1974, e conta anche un paio di presenze anche al festival di Sanremo, con la seconda, quella del 1994 più nota della prima, avvenuta nel 1985: Maledette malelingue fu un successo, classificandosi al settimo posto. Ma oltre a essere solista collaborò con Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, la PFM, Ron, Loredana Bertè e Renato Zero.
In un'intervista di qualche anno fa a Fanpage, il figlio Filippo Graziani, cantautore a sua volta, lo raccontò così rispondendo al perché c'era voluto tempo per vedergli riconosciuto il posto che merita nella musica italiana: "Guarda credo che sia un problema classico quando hai a che fare con un personaggio che in quel momento non ha una bandiera. Mio padre scriveva e suonava esattamente quello che gli pareva. Soprattutto quando uscì, poi, era auspicabile, preferibile, avere un orientamento politico, per quanto riguarda i testi, ad esempio. Mio padre è stata l'unica figura di chitarrista rocker che scriveva delle canzoni d'autore: penso a Rory Gallagher, quei personaggi che sono dei chitarristi ma scrivono delle cose, quindi da quel punto di vista mio padre era un caso a parte, a sé. Non era inquadrabile e come tutte le cose poco inquadrabili è molto complicato che arrivi il successo istantaneo, ci vuole un po' di tempo, ci vogliono anni, quando il flusso della moda se ne va. Io penso che ci siano due tipi di autori, quelli platealmente osannati e quelli che sono riconosciuti e nel cuore di chi il mestiere lo fa. Io spero di appartenere alla seconda, che è quella a cui apparteneva mio padre".
È stato proprio Filippo Graziani a proporre a Colapesce e Dimartino l'inedito I marinai, finito proprio nell'ultimo album del duo, "Lux Eterna Beach". I due hanno spiegato così, al Corriere, come nasce questo lavoro sull'inedito: "La traccia ci è arrivata dal figlio Filippo e dalla famiglia che ci hanno permesso di mettere le mani su questa perla. Era incompleta: c'erano le strofe, un coro di pescatori di Fano cui era dedicato il brano con anche questa frase ‘per ogni figlio che è rimasto in mezzo al mare' che è tremendamente attuale anche se arriva dagli anni ‘80. L'abbiamo completata in punta di piedi scrivendo i ritornelli, abbiamo tenuto la sua voce e un synth il resto lo abbiamo risuonato. Eravamo impauriti e titubanti: ci siamo chiesti se fosse eticamente giusto".