Io sono Fasma, il rapper rivelazione di Sanremo: “Se avessi usato solo la testa non starei qua”
"Per sentirmi vivo", la canzone con cui Fasma si è presentato al Festival di Sanremo ha oltre 10 milioni di views. Il rapper romano è stato senza dubbio una delle sorprese dell'ultimo Festival e i risultati lo dimostrano. Streaming, visualizzazioni e una certificazione d'oro, oltre a un autotune sparato a pazzi sul palco dell'Ariston hanno fatto del cantante e di GG, il suo produttore uno dei live più chiacchierati. Poco dopo essere scesi dal palco è uscito "Io sono Fasma", il secondo album di un cantante che ci tiene a sottolineare come Fasma non sia il nome di un singolo, ma di un progetto più ampio che prevede altre persone con lui: una famiglia. Lo ripete spesso durante l'intervista fatta proprio con GG al suo fianco.
Io sono Fasma, Tui sei Fasma, chi è Fasma?
La prima traccia si chiama "Tu sei Fasma" proprio perché vogliamo cercare di allontanare questa idea di Fasma dall'aspetto fisico e metterlo su un piano totalmente basato su dei valori, cercare di vedere questo Fasma come uno stile di vita. Più che come il nome di una band, l'abbiamo visto come un qualcosa in cui ritrovarsi, è inteso come un ‘ritrovati in quello che sto dicendo'. Ci siamo ritrovati molto in situazioni in cui il fan – anche se non ci piace chiamarlo fan, ma persone che hanno capito, che sono come noi forse – si è ritrovato nelle parole di questo progetto, nelle emozioni che ha potuto dargli una nostra canzone: ti sei ritrovato in noi, in Fasma, quindi sei anche tu Fasma.
Com'è cambiata la percezione del vostro progetto rispetto a un anno fa?
Vogliamo dire grazie alle persone che ci ascoltano e ci hanno dato modo di fare un secondo disco. Tutte queste persone che ci supportano da ben più di un anno ci hanno dato modo sicuramente di aprirci ancora di più, di pesare ancora di più le parole, di poter dire ancora di più quello che pensavamo e sicuramente questa è stata una consapevolezza che ha portato noi a voler rischiare di più, sperimentare ancora di più e giocare ancora di più.
Vi hanno definito emo, voi preferite non avere gabbie…
Non ci identifichiamo molto nella scena emo, perché non lo siamo proprio come mentalità in generale, il nostro è stato più un lavoro su noi stessi, perché abbiamo sempre fatto musica per fare musica. La naturalezza con cui è nato tutto questo è sempre rimasta e spero rimarrà sempre, tant'è che quando lui (Fasma) viene in studio non ci organizziamo dicendo ‘Facciamo roba trap, facciamo una roba più rock', no io gli chiedo ‘Come stai?' e in base a come sta iniziamo a lavorare.
Senza limiti, insomma?
No, non abbiamo troppi limiti, nel nostro studio puoi trovare il vinile di Kanye West, come il vinile dei Nirvana "Unplugged", non abbiamo punti di riferimento troppo precisi. Siamo nel 2020, alla fine pensiamo che la musica di oggi sia frutto del passato, automaticamente porre limiti soprattutto a degli artisti che hanno vent'anni e metterci in un genere lì dove noi per primi non lo vogliamo rispettare, vuol dire mancare di rispetto magari a chi davvero è amante del genere, sarebbe una cosa molto arrogante sia da parte nostra e limitativa da parte degli altri.
In "Lo faccio davvero" canti "La testa è il nemico", in che senso?
Grazie alla razionalità non sarei mai arrivato qua, se avessi dovuto utilizzare davvero la razionalità e la testa che avevo quattro anni fa, avrei smesso subito, ma non per altro, perché di fronte ci troviamo una realtà comunque difficile, la realtà dell'artista, della musica, perciò questa testa come nemica (nel testo Fasma lo canta in francese), ma questo cuore come amico, che mi porta a far andare avanti ad ascoltare la nostra voce interiore, infatti io ringrazio i miei amici che mi hanno dato modo di amplificare questa voce interiore e non ascoltare più troppo la testa, perché a volte il limite più grande siamo noi stessi.
Ci parlate dei feat casalinghi dell'album?
Abbiamo scelto loro come feat dell'album perché non c'era nessuno che poteva esprimere meglio di loro quello che abbiamo vissuto negli ultimi due anni. Come dicevamo, la nostra è una famiglia, è una famiglia vera e propria, non stiamo lì solo per lavorare, diciamo che vorremmo arrivare a un punto in cui anche loro prendono consapevolezza e abbiano un vero e proprio pubblico loro. Questa idea di famiglia la portiamo avanti perché lo vogliamo, non perché dobbiamo dimostrare agli altri che è possibile; se molte persone vedono Fasma come frontman, è perché Fasma deve ringraziare tutte le persone che ci sono state dietro.
Come è stato portare l'autotune a Sanremo?
Innanzitutto abbiamo detto una cosa: se mai un giorno saliremo su quel palco ci siamo ripromessi di non portare maschere, non vogliamo portare quello che non siamo, non vogliamo farci piegare da un sistema, vogliamo portare la nostra idea di musica. Come dicevo prima, nel momento in cui mi trovo di fronte delle persone che hanno la propria idea di musica e la loro idea di musica è senza autotune, è giusto che loro portino nelle tracce senza autotune. In questo momento la nostra idea di musica prevede l'autotune quindi era giusto portarlo. Oltretutto secondo me la cosa più bella è che era un Festival pronto all'autotune, magari il pubblico non era pronto e questa secondo me è stata la vera vittoria di Sanremo, perché ti fa rendere conto del fatto che è un festival che sta provando comunque a far parlare la musica e non quello che la gente si aspetta.