In Orchestra E Voce Francesco Renga cerca le proprie radici
Un omaggio alla musica degli anni Sessanta, ma anche la sintesi di un percorso artistico cominciato vent’anni fa. Orchestra E Voce, il nuovo album di Francesco Renga, uscito venerdì scorso, è davvero un bel progetto. Il disco, prodotto da Celso Valli, è un insieme di cover di pezzi celebri della canzone italiana e si pone anche come passaporto per il mercato straniero.
Orchestra E Voce, infatti, esce contemporaneamente in Italia, Francia e Spagna. E proprio al “Teatro Quinto” di Madrid l’artista ha lo ha presentato sabato scorso, con lo sguardo rivolto verso l’America Latina e gli Stati Uniti. Il lavoro di promozione lo vedrà impegnato per oltre due anni.
Dodici le tracce dell’album, che portano le firme, tra gli altri, di Domenico Modugno
e Pino Donaggio. Titoli come Dio come ti amo, L’immensità, L’ultima occasione – un singolo di Mina meno noto ai più –, non nascono dalla penna di Renga, ma gli sono molto vicini. C’è spazio anche per Pugni chiusi, il brano di Demetrio Stratos – voce dei “Ribelli” – che nel 1989 l’artista incide con il suo gruppo, i Timoria.
I pezzi scelti segnano un ritorno alle radici, alla scoperta della potenza evocativa della musica, prima del sopraggiungere della passione per il rock. Anche chitarra, basso e batteria qui sono messi da parte: le canzoni sono eseguite con un’orchestra – come richiama il nome dell’album – di 50 elementi, utilizzata però in chiave molto attuale.
Modernità e sguardo al passato: un binomio che l’interprete – dismessi per un attimo i panni del cantautore – predilige, per dare il proprio contributo alla musica internazionale. E lo fa con lo stesso entusiasmo di un bambino di fronte a un’esperienza nuova.
Paola Ciaramella