Il testo e il significato di El Sendero, il brano in cui Caparezza racconta la sua resurrezione
Da quando il videoclip ufficiale de El Sendero – quarta traccia dell'ottavo album di Caparezza, Exuvia – ha fatto la propria comparsa su YouTube, le dietrologie e i tentativi ermeneutici volti a sviscerare tutte le citazioni e i significati celati dal testo e dalle immagini hanno iniziato a diffondersi a macchia d'olio. I versi che compongono El Sendero possono essere considerati come tasselli di un puzzle più ampio, che tengono insieme tre sequenze temporali distinte – passato, presente e futuro – e provano a radiografare tutte le fasi che hanno scandito il percorso artistico di Caparezza, preparando il terreno per una vera e propria corsa a tappe in direzione della reincarnazione, al termine della quale il cantautore pugliese sembra destinato a trasformarsi in una specie altra, totalmente aliena alle tre "creature" che l'hanno preceduto. Un ritorno alla stato di natura in piena regola.
El Sendero di Caparezza: venire a patti con il proprio passato
In più occasioni, Caparezza ha provato a dissociarsi dall'immagine dell'artista infallibile e politicamente impegnato che lo ha connotato negli ultimi anni. I suoi leitmotiv privilegiati – che potremmo semplicisticamente sintetizzare in due tormentoni, "non mi avete capito" e "non aspettatevi troppo da me" – hanno fatto breccia in diverse canzoni, in cui l'autore ha voluto sottolineare quanto ampio fosse il divario che separa l'artista che effettivamente è da quello che pubblico, mercato e stampa di settore hanno deciso che debba essere. Abbiamo avuto diversi esempi di questa riluttanza spaventosa, da Abiura di me ("Non cammino sulle nubi come Wonder Boy/ Mi credi il messia? Sono problemi tuoi") a Prosopagnosia ("Cantavo per fuggire dal mondo in un solo slancio/ Ora che cantare è il mio mondo ne sono ostaggio") fino al brano che, con ogni probabilità, rappresenta il suo vero e proprio manifesto artistico, Ti sorrido mentre affogo ("Non mi interessa essere capito/ Mi interessa essere, capito?"). Anche El Sendero prende le mosse da una tensione del genere:
Faccio un passo nella selva
Senza briglie e senza sella
Vado incontro alla mia libertà
Già da come marcio sembra Selma
Alle spalle la mia guerra
Io la stella della Senna
Tu che invidi la mia vita
Io che penso,
"Sa di un cazzo, sembra seitan"
Il significato di El Sendero
Dopo un riecheggio di Divina Commedia abbastanza esplicito (l'immagine della Selva oscura), Caparezza simboleggia l'inizio del suo percorso a ritroso citando le marce da Selma a Montgomery, tre manifestazioni di protesta che si svolsero nel 1965 e che segnarono indelebilmente la storia del movimento per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti. È l'inizio di una corsa all'indietro lungo gli anfratti di una carriera ventennale, in cui è stato più volte incensato come una specie di icona dell'impegno civile, proprio come il personaggio della Stella della Senna, protagonista della celebre serie anime ambientata all'alba della rivoluzione francese, che viene citata nella strofa: un'eroina in costume sempre pronta a schierarsi al fianco della povera gente per difenderla dai soprusi della nobiltà corrotta. Caparezza, però, non ha davvero mai nutrito l'ambizione di occupare un ruolo del genere. In realtà la sua vita, apparentemente così eccitante e impegnata, è scandita da una quotidianità alienante e abbastanza deprimente, come quella di tutti noi: "Sa di un cazzo, sembra seitan", per l'appunto. Insomma, più che una marcia di Selma, la parabola del Michele Salvemini artista è più simile a una corsa schizofrenica e confusa. Un moto ondivago funzionale non tanto a perseguire una causa di ordine superiore (come nel caso degli afroamericani dell'Alabama o di Stella della Senna), ma ad adeguarsi al sistema in una prima fase (quella di Mikimix), rimanere all'altezza delle aspettative del pubblico in una seconda (che è stata inaugurata da Verità supposte e ha trovato un epilogo con Il sogno eretico) e, infine, dopo il breve intermezzo di Museica (un unicum nella produzione di Capa, privo di quasi ogni suo topos ricorrente), provare a scavare nel torbido dei meandri del proprio Io in una "quarta stagione" dove a fare da padrone è il tema della crisi d'identità. Una fase più psicanalitica e marcatamente depoliticizzata, iniziata con Prisoner 709 e annunciata dal ritornello pervasivo e disturbante di Prosopagnosia ("If you call my name I don't recognize it") e che, forse, potrebbe essersi conclusa con Exuvia (la title track dell'album, in cui Caparezza canta: "Sono una larva sporca del mondo, faccio Manolo sopra quel tronco rischio un bel tonfo, e sarà tutto nuovo").
Caparezza non vuole essere un esempio per nessuno
In questo arco di tempo, Caparezza non si è trasformato in un oracolo onnisciente, come una porzione consistente dei suoi sostenitori potrebbe pensare: si è limitato a fare il suo lavoro, il cantautore, con tutti i limiti e i bias di cui soffre una persona comune. Una professione che ama e che ha tentato di percorrere prima cercando di rincorrere le direttive imposte dal mercato e, successivamente, evolvendo nell'artista che è attualmente, un paroliere abile e dalla penna raffinata che cerca di riversare tutto l'estro che possiede in ogni suo lavoro, ma che è conscio in partenza di non potere realizzare nulla di particolarmente rivoluzionario o salvifico, se non un buon disco; sì, perché l'uscita di un nuovo album di Caparezza, per quanto intelligente e profondo, non cambierà mai le sorti del mondo. Caparezza non è Martin Luther King: è più una specie di asceta che preferisce non ibridarsi con le pulsioni della piazza, che ama prendersi il suo tempo e i suoi spazi e, quando possibile, rifuggire da ogni attenzione mediatica. E questo assunto non vale soltanto in relazione Exuvia: è sempre stato così. A confermarlo è lo stesso Capa, quando scrive:
Sì, suono
Non ho mai scalato una montagna a mani nude, free solo
Non ho mai nuotato tra i piranha lungo il fiume, mi muovo
Non ho mai viaggiato sull'Apollo 13
Sento dire solo, "Pollo, credici"
El Sendero: una seduta di psicanalisi tra Caparezza, Mikimix e Michele Salvemini
Caparezza (l'artista) ha già abbandonato da tempo il suo scheletro nell'armadio più ingombrante, Mikimix (il prodotto che non ha avuto successo sul mercato discografico), un archetipo di musicista agli antipodi di quello che conosciamo oggi, animato da velleità "sanremiste" e svuotato di tutta quell’irriverenza e quell'acume che avrebbero caratterizzato lo stile della sua metamorfosi; probabilmente, non è neppure più sicuro di essere Michele Salvemini (l'uomo), che è stato ormai fagocitato dalla sua immagine pubblica, seppellito da quei capelli crespi e lunghissimi che, col passare degli anni, si sono trasformati in una sorta di condanna, un brand a tutti gli effetti da mantenere il più possibile in salute per restare a galla. A questo quadro bisogna aggiungere il peso insostenibile delle aspettative dei fan della prima ora, che gli hanno cucito addosso una spoglia quasi messianica che Caparezza ha sempre tentato di sfilarsi di dosso. La sua è un'esistenza decisamente meno interessante di quella che pensiamo, trascorsa in massima parte nella sua abitazione di Molfetta, dove ha continuato a elaborare, scrivere, disegnare, leggere e trovare ispirazione per la realizzazione del prossimo "romanzo musicale" ("Vivo le mie storie, magari/ chiuso in casa come Salgari/ Chino sui libri e sui manuali"). L'elaborazione artistica, le giornate trascorse a comporre una melodia alla tastiera, le letture da completare per fornire un sostrato filosofico solido ai suoi lavori e le tourneé in giro per lo stivale, però, sono attività logoranti che consumano energie e, soprattutto, tempo. Le ore trascorse per scrivere una rima o coniare l'ennesimo calembour non sono un investimento a somma zero: vengono sottratte a viaggi, esperienze di volontariato, lotte più concrete e impegnative per l'affermazione di un ideale di ordine superiore.
Caparezza, Lazzaro, cammina
Ecco perché Salvemini vuole subito sgombrare il campo da ogni equivoco e cogliere l'occasione per fare a pezzi ogni retorica sulla musica come maestra di vita; una narrazione che contrasta apertamente: non è un eroe, non ha mai desiderato esserlo e non lo sarà mai. Tutto ciò che vuole è tornare a ibridarsi con la potenza generatrice di ogni cosa, ritornare a fruire liberamente di quell'essenziale che è invisibile agli occhi, per dirla con Antoine de Saint-Exupéry.
Arte mi devi guidare, fa' uno sforzo
Di' alla natura di vegliare il mio percorso
Dalla borsa tiro fuori un grande corno
Per soffiare via il mio panico dal corpoCol coraggio in tasca la mia vita passa
Camminando e basta, lascio la mia traccia
Capirà soltanto chi vedrà dall'alto
Tipo ragno a Nazca
El Sendero è essenzialmente questo: una lunga seduta di psicanalisi tra Mikimix, Michele Salvemini e Caparezza, che una volta terminata porterà all'individuazione di un nuovo essere musicale, umano e artistico. Giunto alla soglia dei cinquant'anni, Capa ha ormai le spalle abbastanza larghe per affrontare i demoni del proprio passato e instradarsi in un lungo, difficile percorso a ritroso che potrebbe consentirgli di disfarsi per sempre di ciò che è stato. Una rinascita simboleggiata metaforicamente anche dalla presenza di Mishel Domenssai che, nel video (e, per una splendida coincidenza, anche nella realtà) porta un figlio in grembo.
Il testo di El Sendero, la nuova canzone di Caparezza
Camina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría
Camina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría
Camina (camina)Faccio un passo nella selva
Senza briglie e senza sella
Vado incontro alla mia libertà
Già da come marcio sembra Selma
Alle spalle la mia guerra
Io la stella della Senna
Tu che invidi la mia vita
Io che penso, "Sa di un cazzo, sembra seitan"Sì, suono
Non ho mai scalato una montagna a mani nude, free solo
Non ho mai nuotato tra i piranha lungo il fiume, mi muovo
Non ho mai viaggiato sull'Apollo 13
Sento dire solo, "Pollo, credici"
Non ho fremitiNon ho mai lasciato la Nigeria
Con i miei risparmi chiusi dentro il palmo
Non ho mai sfidato la miseria
Nei deserti caldi chiuso dentro un camion
Vivo le mie storie, magari
Chiuso in casa come Salgari
Chino sui libri e sui manuali
Michi, sei Lazzaro, dai, alzati eCamina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría (y la alegría)
Camina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegria
Cammina mio nonno nel fango a vent'anni col mitra vicino
Cammina costretto a schivare il nemico, sì, mica il vicino
Arriva in Australia e lavora per una fondina di cibo
Qua l'unica strada che insegna qualcosa è la figlia di GinoCammina mio padre, che ha perso suo padre
E vaga da solo, ed è solo un ragazzo
Che impara a indossare
Le scarpe da uomo
E cammina lungo un sentiero di sogni infranti
Guarda dritto, tira avanti
Chi ha paura perde tempo
Guarda, cito Indira Gandhi
Arte mi devi guidare, fa' uno sforzo
Di' alla natura di vegliare il mio percorso
Dalla borsa tiro fuori un grande corno
Per soffiare via il mio panico dal corpoCol coraggio in tasca la mia vita passa
Camminando e basta, lascio la mia traccia
Capirà soltanto chi vedrà dall'alto
Tipo ragno a NazcaCamina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría
Camina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría (y la alegría)
CaminaFaccio un passo nella selva
Senza briglie e senza sella
Vado incontro alla mia libertà
Por el sendero del dolor
Y la alegría (y la alegría)
Michi, sei Lazzaro, dai, alzati e (camina)
Faccio un passo nella selva
Senza briglie e senza sella
Vado incontro alla mia libertà
Por el sendero del dolor
Y la alegría (y la alegría)
Michi, sei Lazzaro, dai, alzati e (camina)Camina, guerrero, camina
Por el sendero del dolor
Y la alegría