Il significato di “Io non mi sento italiano” di Giorgio Gaber, lettera amara sul nostro Paese
Gennaio è un mese di anniversari se pensiamo a Giorgio Gaber, una delle figure imprescindibili della musica italiana e capostipite di quella che si definisce "Scuola di Milano", ovvero quel gruppo di cantautori che avevano la città meneghina come ambito di provenienza e che si sviluppò a metà degli anni 60 e che ebbe come protagonisti Enzo Jannacci e lo stesso Gaber, appunto che insieme formavano il duo "Due corsari". Il 25 gennaio cade l'80° anniversario della nascita di un artista che si definiva, tra le altre cose, "filosofo ignorante" e che ancora oggi è un artista di riferimento a cui si torna spesso, per la sua ironia, per i temi delle sue canzoni (dalla Politica a quelli della solitudine e del disagio di vivere), per le sue incredibili doti. Comincia a scrivere le sue prima ballate negli anni '60 e arriva pian piano il successo, portandolo anche più volte al Festival di Sanremo, ma è con lo spettacolo e l'album "Signor G che è, a un tempo, il suo primo spettacolo teatrale e uno dei primi LP incisi dal vivo in Italia. Il Signor G mescola teatro, cabaret e canzone e affida a una sola persona, Gaber appunto, tutti i ruoli esecutivi: cosa alquanto inconsueta sui nostri palcoscenici" come scrive Gianni Borgna nella "Storia della canzone italiana".
Di cosa parla la canzone
Il suo ultimo album, "Io non mi sento italiano" uscì pochi giorni dopo la sua morte – avvenuta l'1 gennaio 2003 – e conteneva 6 tracce ("Il tutto è falso", "Non insegnate ai bambini", "Io non mi sento italiano", "I mostri che abbiamo dentro", "Il corrotto" e "La parola io"): "Il rischio di percepire l'opera come un testamento spirituale si pone fin dai primi versi del disco di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, ‘Io non mi sento italiano': ‘Questo mondo corre come un aeroplano e mi appare più sfumato e più lontano'" scriveva Mario Luzzatto Fegiz in un articolo di presentazione uscito sul Corriere della Sera. "Mi scusi Presidente non è per colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia. Può darsi che mi sbagli che sia una bella idea ma temo che diventi una brutta poesia. Mi scusi Presidente non sento un gran bisogno dell'inno nazionale di cui un po' mi vergogno. In quanto ai calciatori non voglio giudicare i nostri non lo sanno o hanno più pudore" è l'incipit della canzone che dà il titolo all'album e che ad oggi resta anche una delle sue più famose (al fianco di "Destra Sinistra", "La libertà", "La ballata del Cerutti", "Lo shampoo", "Torpedo Blu" per citare una casistica ampia delle sue canzoni): il brano è una lettera al Presidente in cui Gaber parla con amarezza e disillusione del proprio Paese, giocando con fatti d'attualità (l'inno dei calciatori) e con residui del passato (il fascismo), ma anche con momenti di orgoglio ("Mi scusi Presidente ma forse noi italiani per gli altri siamo solo spaghetti e mandolini. Allora qui mi incazzo son fiero e me ne vanto gli sbatto sulla faccia cos'è il Rinascimento") fino a quel ritornello ormai famoso: "Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono".
La targa sulla sua casa natale
In occasione dell'anniversario del cantante, poi, la città di Milano ha deciso di rendergli omaggio con una targa che sarà posta sulla facciata della casa di via Londonio 28, dove il Signor G nacque il 25 gennaio del 1939: "Gaber, allora Gaberscik, ha vissuto in via Londonio con il padre Guido, la madre Carla e il fratello Marcello fino al 1963, quando era già un affermato protagonista dello spettacolo italiano soprattutto televisivo e discografico" si legge nella nota stampa che accompagna la notizia.