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Il significato di Crêuza de mä, in cui Fabrizio De Andrè racconta i marinai con la lingua del sogno

Era il 1984 quando Fabrizio De Andrè pubblicò “Crêuza de mä”, un album che resta quasi unicum nella tradizione italiana. L’album comincia proprio con la canzone omonima, che racconta il ritorno a terra dei pescatori che – per farla breve – si rintanano nella Taverna di Andrea. Il brano è anche colonna sonora dell’inaugurazione del nuovo Ponte Morandi.
A cura di Francesco Raiola
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Era il 1984 quando Fabrizio De Andrè pubblicò "Crêuza de mä", un album che resta quasi unicum nella tradizione italiana. Un esempio riuscito di world music che parte dal dialetto ligure che si fa araba e turca grazie all'inventiva enorme del cantautore, che orna questa "superlingua" con una quantità di strumenti mediterranei che ne fanno un vero e proprio capolavoro (lavorato assieme a Mauro Pagani). Ovviamente ne parliamo col senno di poi, perché la scommessa di De Andrè era, appunto, tale: una scommessa. Pilastro della musica italiana, autore di alcuni degli album più celebrati di quei decenni (e di quelli successivi), il cantautore genovese decise di prendersi la libertà di un album che oggi definiremo fuori mercato, e che, invece, è diventato un classico, apprezzato sia in Italia che all'estero, come dimostra l'amore di uno come David Byrne che lo considera uno dei suoi album preferiti.

La lingua di Crêuza de mä

L'album comincia con la canzone da cui prende il titolo, che come il resto è costruito con quella che alla fine lo stesso cantautore definisce una lingua del sogno, perché è una lingua difficilmente comprensibile nella sua totalità anche ai liguri, e infatti pare che De Andrè abbia unito il dizionario al ricordo: "Il linguaggio sia da un punto di vista musicale che letterario si può definire ‘del sogno', che poco ha a che spartire con la realtà… mai il bouzouki era stato suonato come strumento solistico, mai il genovese aveva assunto le caratteristiche di una lingua ligure/arabo/turca. Nella stessa Genova qualcuno mi ha chiesto: ‘Ma in che lingua hai cantato?'. Ho riposto: ‘In una lingua del sogno che suonasse come idioma comune a tutti i popoli del Mediterraneo" diceva lo stesso De Andrè.

Il significato di Crêuza de mä

Il titolo della canzone riprende un termine che significa – semplificando – "Mulattiera di mare", ovvero quella stradina che, appunto, portava verso il mare, sebbene anche sul termine e sul reale significato del termine "Crêuza" ci siano svariate interpretazioni. L'attacco, ormai divenuto riconoscibilissimo, ha portato all'orecchio di milioni di persone la Gaida macedone, una sorta di cornamusa che dà il la alla canzone. "Crêuza de mä" è un'introduzione a quest'album che appunto usa una lingua e temi di mare: "[Queste canzoni] le ho scritte per molti motivi, fra cui riconoscermi in una etnìa in un universo più vasto, quello del Mar Mediterraneo". E infatti il mare e i pescatori, in particolare, sono i protagonisti di questa canzone: "Ombre di facce, facce di marinai da dove venite dov’è che andate" canta De Andrè che racconta di come questi marinai, tornati dal mare vanno ad "asciugare le ossa dall’Andrea", in questa taverna in cui troveranno "Gente de Lûgan facce da mandillä" ("Gente di Lugano, facce da tagliaborse"), ma anche "Figge de famiggia udù de bun Che ti peu ammiàle senza u gundun" ("ragazze di famiglia, odore di buono che puoi guardarle senza preservativo"). La strofa successiva, invece, parla di ciò che si mangia alla locanda, ovvero "frittûa de pigneu giancu de Purtufin çervelle de bae ‘nt’u meximu vin lasagne da fiddià ai quattru tucchi paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi" ("frittura di pesciolini, bianco di Portofino, cervelli di agnello nello stesso vino lasagne da tagliare ai quattro sughi pasticcio in agrodolce di gatto").

Crêuza de mä per inaugurare il Nuovo Ponte Morandi

Non è un caso che la canzone che dà il nome all'album sia diventato anche quella che accompagna l'inaugurazione, a Genova, del nuovo Ponte Morandi, il ponte “Genova San Giorgio”, perché di quella città non solo usa la lingua, ma ne racconta la vita, usandone anche le voci reali, inserite proprio all'interno dello storytelling. Per l'occasione ne è stata fatta una versione nuova, ideata da Dori Ghezzi, insieme a Sony Music, Nuvole Production, Fondazione Fabrizio De André Onlus, Mauro Pagani e Stefano Barzan. Una nuova versione nata con la collaborazione di 18 artisti: Mina, Zucchero, Diodato, Gianna Nannini, Mauro Pagani, Giua, Vinicio Capossela, Vasco Rossi, Paolo Fresu, Vittorio De Scalzi, Jack Savoretti, Antonella Ruggiero, Francesco Guccini, Ivano Fossati, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Cristiano De André, Sananda Maitreya. "La possibilità di realizzare una nuova versione di Crêuza de mä, per l’inaugurazione del Ponte mi ha coinvolta in modo particolare e insieme a me ha appassionato la maggior parte dei più bravi cantanti italiani, purtroppo non è stato possibile far partecipare tutti – ha spiegato Dori Ghezzi, artista e presidente della Fondazione Fabrizio De André Onlus – Voglio ringraziarli tutti per la passione messa in questo lavoro e anche per l’amore dimostrato nei confronti di Fabrizio".

Il testo di Crêuza de mä

Umbre de muri muri de mainé
Dunde ne vegnì duve l’è ch’ané
Da ‘n scitu duve a lûn-a a se mustra nûa
E a nuette a n’à puntou u cutellu ä gua
E a muntä l’àse gh’è restou Diu
U Diàu l’è in çë e u s’è gh’è faetu u nìu
Ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
A a funtan-a di cumbi ‘nta cä de pria

E ‘nt’a cä de pria chi ghe saià
Int’à cä du Dria che u nu l’è mainà
Gente de Lûgan facce da mandillä
Qui che du luassu preferiscian l’ä
Figge de famiggia udù de bun
Che ti peu ammiàle senza u gundun

E a ‘ste panse veue cose che daià
Cose da beive, cose da mangiä
Frittûa de pigneu giancu de Purtufin
Çervelle de bae ‘nt’u meximu vin
Lasagne da fiddià ai quattru tucchi
Paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
[Verse 4]
E ‘nt’a barca du vin ghe naveghiemu ‘nsc’i scheuggi
Emigranti du rìe cu’i cioi ‘nt’i euggi
Finché u matin crescià da puéilu rechéugge
Frè di ganeuffeni e dè figge
Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä
Che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na crêuza de mä

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