Il nuovo pop ha la voce di Margherita Vicario: “Stiamo cambiando il punto di vista della musica”
Su Bingo, secondo album di Margherita Vicario, inutile far finta di nulla, c'era molta attesa. Sei singoli in due anni, una svolta completa rispetto all'esordio più folk di Minimal Musical, con la collaborazione di Dade, avevano alzato l'asticella per la cantautrice e attrice romana. E queste aspettative erano ben riposte, come si poteva già intuire dai singoli con cui Vicario aveva deciso di lanciare, alla lunga distanza, quest'album. Un lavoro meticolosi, sia nella scelta delle canzoni, sia nelle tempistiche di lancio, sia nella costruzione e dell'attesa e degli abiti con cui vestire queste canzoni. Ma alla base di tutto, però c'erano la scrittura di Viario e il suono di Dade, che avevano dato una bella svolta, molto personale, a quello che si ascolta in quello che da qualche anno definiamo It-Pop. È un mondo variegato quello di Vicario, come avevamo intuito da pezzi come "Abauè", "Mandela" e "Romeo" col feat di Speranza, ma anche di "Pincio", "Giubbottino", "Pina colada", "Come va" e "Orango Tango" (dove, non a caso, canta "… Ho detto: "Madonna Dade ma che beat hai fatto mo lo metto in Bingo!"), con una scrittura fresca, che gioca con gli stereotipi del rap (lo fa anche nel cantato), ad esempio, piegandoli al proprio bisogno, a volte in maniera naturale, altre volte svelandone il gioco, ma la cantautrice – che si diverte a mescolare il greco al francese banlieusarde – ha anche la capacità di piegare la lingua a temi che le stanno cari, come quello del femminismo che si esprime anche nella lingua della sessualità, iscrivendosi a pieno titolo, anzi, avendo contribuito a pieno titolo a un ritorno prepotente di un racconto che non abbia il solito punto di vista maschile. Un punto di vista che è uno degli obiettivi da abbattere anche nelle canzoni di Bingo.
Aspettiamo da due anni quest’album, s’è creato un hype che, ti dico la verità, non ho mai visto in questo modo. Dalla tua prospettiva cosa è successo?
Mi rendo conto di aver contribuito a crearla e dalle prime impressioni mi pare di non aver deluso le aspettative, per quello sono contentissima. Io e Dade ci chiedevamo se non sarebbe stato troppo scarico, invece è tutto tranne che scarico, pur tenendo fuori delle cose forti, ma non potevamo renderlo pachidermico, anche perché già c'è tanta roba. Mi rendo conto che aver lavorato sui singoli ha creato un po' di aspettativa perché ogni pezzo è stato un lavorone, se calcoli che in due anni ne sono usciti sei! Tre all'anno vuol dire che mi ci sono dedicata molto.
La scelta dei singoli è stata fondamentale, ma ascoltando l'album intero ci si rende conto che tutte le canzoni sono molto lavorate. Che cambiamento c'è stato rispetto a Minimal Musical.
La verità è che tra il primo e il secondo album sono passati tanti anni, io sono cresciuto come donna, è cambiato anche il mondo della musica intorno a me, quel passaggio per cui l'indie è diventato mainstream io l'ho vissuto in prima linea. Ci sono state tutte queste cose in mezzo, ho visto concerti sempre più divertenti, sempre più pop e mi sono detta che non potevo non cercare una mia chiave per aprire una porta e dire: "Ehi, ci sono anche io!". Insomma, è cambiato tutto questo e in più è cambiato che ho prodotto un disco che non è mai uscito – sono usciti solo "Castagne" e "Matrone" nel 2017 e 2018 – ma che mi ha permesso di fare una mia ricerca: sono canzoni che porto nel cuore ma che mi hanno fatto capire che non era quella la strada giusta. C'è talmente tanta produzione in giro, tutti che pubblicano, che, in modo non ipocrita, mi sono sempre detta che se avessi dovuto fare una cosa avrei dovuto giocarmi bene le cartucce. In quello Dade è stato fondamentale.
L'incontro con Dade, infatti, pare aver dato una svolta importante…
Sì, lui mi provocava, è stato un rapporto produttivo, ma anche un testa a testa, tant'è che i pezzi li firmiamo insieme. Certo, io sono la cantautrice, ci ho messo veramente tanto, però ci ho messo tanto perché me l'ha chiesto. Diciamo che lui è stato il mio regista, mi ha spinta un po' dove non sapevo di poter andare, sempre con questa paraculata di fondo che essendo un'attrice mi dicevo che stavo solo giocando a fare quello.
Dov'è che non sapevi di poter andare e in cui, in fondo, ti sei trovata bene?
Sai, io ho una voce particolare, molto pulita e me ne sono sempre fatta un po' un problema, invece quando ho scoperto che potevo avere una voce più scura mi sono detta "Che bello!", perché sapevo di avercela ma non trovavo il modo di uscire da questa voce infantile. Quindi, a prescindere da quello che dico, che non è infantile per niente, è carino il contrasto, in alcuni brani Dade mi ha portata in un terreno molto più scuro.
Nella parte centrale dell'album ci sono Fred Astaire, DNA e Come noi che sembrano quasi fare nucleo a parte.
Sì, poverine, sono state quelle scartate come singoli anche se avrebbero potuto esserlo anche loro. Se avessi potuto dare delle immagini anche a loro avrebbero lo stesso peso delle altre, poi, certo, di Abaué ce n'è una sola, è venuta da sola, è stata la prima. Però quelle o pure "Troppi preti, troppe suore", sono canzoni che se mi ci fossi concentrata, su quell'immaginario lì, ne sarebbero uscite delle belle immagini, un bel video. Sono proprio un corpo un po' a sé, soprattutto "Come noi" che è un po' la pecora nera, però ci tenevo molto, perché è un mondo musicale che mi appartiene.
Soldi, religione, femminismo, sono i tre macrotemi che accompagnano l'album. Li hai scoperti ex post o a un certo punto hai capito che c'erano e ti sei spinta in quella direzione?
Ti giuro che l'unica canzone per cui mi sono detta: "Devo fare una canzone d'amore" è "Fred Astaire", l'unica per cui ho detto "Guarda Dade, se adesso non tiriamo fuori una bella canzone d'amore non va bene". Per il resto sono poco del mestiere, nel senso che vado fin troppo a intuito, quindi questo tre temi li ho individuati alla fine della giostra, quando hanno cominciato a chiedermi di cosa parlasse l'album.
Un'altra cosa che lega tutte le canzoni ed è un po' colonna portante della tua idea musicale è proprio il sincretismo. Canti "Manila, Praga, Tirana, prendi la metro, scendi a L’Avana”: Roma come il mondo, ma anche l’idea dell’importanza del sincretismo e la tua musica è questo, un mix culturale che ha Margherita al centro. C’è sempre più l’idea di abbattimento di barriere. Che ne pensi?
Sarà che c'ho una voglia di viaggiare totale… ed è una cosa che non dipende dalle restrizioni di adesso, eh!, l'ho sempre avuta. Anche la mia esperienza di vivere a Piazza Vittorio, per dire… a volte uno pensa di dire delle banalità, quando pensa che alla fine tutto il mondo è paese, però no, quando ti torvi in mezzo al mercato alimentare più grosso di Roma, con tutti i ristoranti di tutte le provenienze che vanno lì a fare la spesa, diventi cittadino del mondo. Prendi Speranza, lui è uno che mi ha subito attratto perché è un misto: cresciuto nelle banlieue francesi per poi tornare a Caserta, è proprio una ricchezza culturale questa cosa di mischiarsi, a prescindere da quanto hai studiato o non hai studiato. Per questo Speranza è un gran signore, è uno che conosce gli altri esseri umani, è rispettoso, è un gran tipo.
L'incontro con Speranza e quel pezzo come nascono?
Nasce perché non avevo mai fatto un featuring in vita mia e mi dicevano che serviva, come se fosse indispensabile, allora mi sono impuntata, ho detto: "Serve il feat? E io voglio farlo con Speranza" con cui sembravo completamente all'opposto. Sono andata a vedere il suo primo concerto a Roma, l'ho taggato in una storia perché mi ha attratto fin da subito, sono diventata subito fan, è totalmente puro e onesto, anche nel suo essere cruento, è un tipo di rap che per me scuote le anime, c'è molta poesia, è onesto, non è emulazione di niente, è solo la sua forma di sublimare e trasformare la realtà. Quindi l'ho corteggiato un po' e lui, essendo un signore, non ha avuto alcun pregiudizio nei miei confronti, cosa che molti suoi colleghi avrebbero potuto avere, sai, nei confronti di una ragazza con quel sorriso, quella vocina, che fa le fiction di Canale 5, invece ha detto "Mi piace come scrivi". Addirittura gli piaceva molto "Come un bacio", per dirti l'apertura. Dade mi ha sottoposto un beat un po' tragico e ho pensato a Romeo perché ero in fila e davanti c'era una Giulietta, ho fatto "Pim pum pam, Romeo e Giulietta, siamo perfetti". È nata per caso, come al solito.
Poi c'è Elodie, e anche lì penso che ci stia perfettamente…
Sono caduta ai suoi piedi come il resto d'Italia. Nel suo ultimo anno ha dimostrato di essere non solo una grande artista pop, ma anche di essere un essere umano di spessore. Ci sono cascata pure io nel senso che l'ho ammirata molto, lei è stata la prima a chiedermi di partecipare al suo album ed è nato subito un rapporto come tra amiche cosa che poi siamo diventate veramente. Il pezzo raccontava di un'amica che cerca di dire all'altra: "Guarda, così non va", proprio come un consiglio tra amiche, quindi mi sono detta: "Perché non continuiamo quasi a farne un secondo capitolo?" e l'abbiamo fatto. Per l'occasione mi sono fatta aiutare da Davide Petrella perché non avevo mai scritto con qualcun altro e in questo mi piaceva provare, volevo vedere com'è scrivere a quattro mani: forse è quasi più suo che mio, io ho scritto le mie strofe, ovviamente, però gli ha dato una bella impostazione.
È una domanda che faccio spesso a cantautrici, perché mi interessa capire quanto conta il racconto del mondo da un altro punto di vista rispetto a quello prevalentemente maschile. Che idea hai di questo cambiamento? Lo vedi?
Se lo vedo è anche perché a due anni dalla prima pubblicazione mi ci vedo anche un po' dentro, faccio parte di quel cambiamento. All'inizio non lo davo così per scontato, ora che inizio a guardarmi intorno me ne rendo conto. La società è appunto ancora intrisa di schemi che noi crediamo essere di progressi, invece non è così, altrimenti non staremo in piazza a lottare per il ddl Zan, che dovrebbe essere una cosa normale, di diritti civili. Pensiamo che questi mega schemi culturali non siano ancora vivi e vegeti, per questo pare strano che ci sia una cantautrice che dice, parlando a se stessa, "Tu al tuo uomo digli tutto", andare nel dettaglio di come stare meglio anche a livello sessuale; ci sembra strano perché siamo ancora immersi in quel mondo lì. Quando ai bambini di "Troppi preti" faccio dire "Na guallera ‘sta storia del peccato originale che infatti anche a mia madre la trattate sempre male" è un modo semplice per dire "Occhio che questa storia ancora vale".
L'ultima volta che ti ho vista live portavi i pezzi vecchi più i primi tre singoli. Ora come ti muoverai per il live?
Saremo in cinque sul palco: una grande corista perché dal punto di vista vocale questo disco non è per niente facile, quindi ho bisogno di compagnia, oltre a essere una presenza fantastica Micol Touadi, poi tastierista, batteria sia acustica che con pad elettronici e basso sia elettrico che Moog. Sarà elettronico, come il disco, facciamo quel concerto live e sarà sicuramente impegnativo, perché è vocalmente molto difficile e me lo dico perché lo so, cantandole tutte di seguito ti spompi.